Esperienze

torna su

“Giocare di sponda”: Torino e i suoi fiumi
Paola Gregory PDF




Parole chiave:          Corona Verde, città d’acque, infrastruttura verde-azzurra
Keywords:               Corona Verde, City of water, Green-blue infrastructure

 

Abstract:

I progetti Corona Verde e Torino Città d’Acque costituiscono quadri di riferimento fondamentali per la realizzazione di quella infrastruttura verde che rende Torino e l’area metropolitana una delle più “green” a livello nazionale. Basandosi, in larga parte, sul sistema fluviale – insieme al Po, gli affluenti Dora Riparia, Stura di Lanzo e Sangone – i due progetti affiancano al processo di riconversione economica e industriale quello della ricostruzione degli equilibri ambientali, di cui la riqualificazione degli alvei e delle sponde dei fiumi ne rappresenta una parte rilevante.




Dalla Corona di Delizie alla Corona Verde

Situata lungo il fiume Po fra le Alpi e le colline del Po, in un’area nominata nel 2016 dall’UNESCO Man and Biosphere Reserve quale esempio virtuoso di rapporto uomo-ambiente, la città di Torino ha sempre avuto un legame strutturale con i propri fiumi: insieme al Po, gli affluenti Dora Riparia, Stura di Lanzo e Sangone (per un tot. di 40,1 km di tratti urbani) hanno rappresentato per la capitale sabauda prima e per il capoluogo piemontese in seguito, precisi assi strategici di riferimento e sviluppo (fig. 1).
“Il Po […] era il fiume della pesca e delle feste, via di comunicazione delle valli alpine con il capoluogo. Il Sangone fu a lungo il fiume del riposo e degli orti e venne a lungo utilizzato come luogo di svago. […]. La Dora era il fiume della produzione: l’acqua, grande e quasi unica, forza motrice prima del vapore e del gasolio. La Stura restò a lungo “fuori le mura”, luogo ancora naturale, ma per molti secoli troppo lontano dalle fortificazioni che cingevano la città per avere un uso concreto” (Boscolo, 2001).
Lungo i fiumi si sono articolati nel tempo importanti episodi storico-architettonici, urbanistici e paesaggistici: a partire dalla cosiddetta Corona di Delizie1 – espressione coniata in età barocca per designare il complesso di palazzi, vigne, ville e castelli destinato al soggiorno e allo svago della dinastia sabauda – agli importanti interventi ottocenteschi – quali il sistema di Piazza Vittorio Veneto-Gran Madre di Dio, i tratti di lungofiume edificati come i Murazzi, lo storico parco del Valentino – sino ai grandi parchi fluviali dell’epoca moderna, i fiumi hanno sempre avuto un ruolo importante per i cittadini, almeno fino agli anni’50 del XX secolo, quando, nascosti dalle industrie della “città-fabbrica” per antonomasia, inglobati dall’espansione edilizia del dopoguerra, costretti a scorrere lungo gli argini – se non in parte intombati come la Dora - sono divenuti estranei alla vita della città e percepiti come realtà frammentarie, con un conseguente “indebolimento del [loro] ruolo simbolico […] nell’immaginario collettivo” (Cassatella, 2004) (Fig. 2).
Ciò ha determinato – forse più che in altri contesti urbani, dato l’elevato livello di inquinamento delle acque e le variazioni morfologiche del sistema fluviale – situazioni di emarginazione e degrado ambientale, con la presenza di discariche a cielo aperto, campi nomadi, orti urbani abusivi, aree industriali dismesse o attività produttive incompatibili con le caratteristiche dei luoghi. Un degrado amplificato dai drammatici fenomeni esondativi conseguenti a eventi alluvionali, quali quelli che hanno colpito la città di Torino nel 2000 e nel 2016, mostrando nel tempo la fragilità della situazione idrogeologica a monte e la necessità di una maggiore cura in ambito urbano.
È a partire dagli anni’90 del XX sec., soprattutto, che i temi ambientali e paesaggistici diventano centrali nella pianificazione della città: sebbene, infatti, gli studi in campo ambientale fossero avanzati per oltre un ventennio a partire dal Piano Intercomunale del 1964, trovando un momento di sintesi nel “Rapporto preliminare di Studi sul sistema del verde” (1983) finalizzato alla redazione del nuovo PRG della città di Torino, sono alcune tappe fondamentali ad avviare una concreta valorizzazione e riqualificazione del sistema ambientale e in particolare fluviale, in ordine cronologico: la creazione del Parco fluviale del Po (1990) con il Progetto Po (IRES 1993, responsabile Roberto Gambino) e il successivo Piano del parco (1995) a tutela dell’intero tratto piemontese del fiume2; il piano programma Torino città d’acque, deliberato dal Comune nel 1993, il cui masterplan di riferimento è datato 1999; il nuovo PRG torinese di Vittorio Gregotti e Augusto Cagnardi, adottato nel 1995 e approvato dopo un lungo iter nel 1997; il documento programmatico Corona verde (1997) accolto dalla Regione Piemonte nel 2000 e sostenuto come progetto di valore strategico regionale.
È con l’istituzione del Parco fluviale del Po, in particolare nel suo tratto torinese esteso nel 1995 agli affluenti dell’area periurbana, a costituire la premessa fondamentale per la valorizzazione del sistema fluviale della città, fornendo attraverso l’Ente di gestione del Parco una leadership riconosciuta a scala sovracomunale, la cui attività, improntata principalmente sul lavoro di carattere urbanistico, sostiene contestualmente azioni di riqualificazione, vigilanza, formazione, promozione turistica e organizzazione di progetti per eventi e manifestazioni. Il riconoscimento dei valori ecologici, paesaggistici e culturali delle fasce fluviali torinesi viene assunta alla base del nuovo PRG di Torino, che delinea una precisa struttura ambientale, riconoscendo l’asse del Po come uno dei tre sistemi lineari di sviluppo urbano. Insieme alla “Spina Centrale”, il grande boulevard costruito sul passante ferroviario che inanella da nord a sud le vaste aree della dismissione industriale, e a Corso Marche, la nuova frontiera insediativa dell’area metropolitana, il PRG rivaluta la vocazione culturale e di loisir del fiume Po all’interno di un disegno organico unitario, poggiato, da un lato, sul sistema fluviale “Verde Azzurro” al centro del piano Torino città d’acque, dall’altro sull’ “Anello verde”, il Parco naturale della Collina di Torino istituito dalla Regione nel 1991.
Al PRG si affianca nel 1997 il progetto Corona Verde3 che, nato su iniziativa degli Enti Parco (in primo luogo l’allora Parco fluviale del Po tratto torinese) insieme alla Regione Piemonte e al Politecnico di Torino, ha inteso ridefinire l’immagine e i valori identitari di un territorio ricco e fragile allo stesso tempo: un territorio nel quale fiumi, regge, parchi e zone agricole ne hanno a lungo governato sia l’aspetto economico-produttivo, sia l’impianto urbanistico che, sviluppatasi fino all’800 inoltrato lungo le direttrici di collegamento fra le residenze reali e la compagine urbana, era caratterizzato da cascine, vie rurali, colture e soprattutto solcato da un articolato reticolo idraulico di canali o “bealere” utilizzati per l’irrigazione e per l’energia motrice, dei mulini prima, dell’industria poi.
Partendo dalla ricchezza paesaggistica e storica, dalle sue potenzialità e vulnerabilità, il progetto Corona Verde, che coincide nel capoluogo con il piano Torino città d’acque (Acer 2001), mira a realizzare un nuovo assetto dell’area metropolitana, affiancando al processo di riconversione economica e industriale quello della ricostruzione degli equilibri ambientali, attuata attraverso la valorizzazione delle risorse che, in questo senso, caratterizzano il territorio e ne definiscono una precisa identità (Fig. 3).


Corona Verde
: un progetto di parchi per l’area metropolitana torinese

Rovesciando l’idea “che il verde debba ‘riempire’ qua e là la città […] il progetto prende le mosse […] dall’indissolubile legame che unisce le residenze sabaude di Stupinigi e de La Mandria con il loro ambiente naturale, il Po ed il suo parco, la Collina di Superga ed i suoi boschi [al fine di] realizzare una politica integrata dell'offerta di verde, stimolare e creare iniziative nel campo della formazione e della cultura del territorio, saldare testimonianze architettoniche, storiche e paesaggistiche” (Parco fluviale del Po tratto torinese).
Principale obiettivo del progetto Corona Verde – sostenuto dalla Regione attraverso fondi strutturali e assunto dal Piano strategico dell’area metropolitana elaborato da Torino Internazionale (2006, 2015) – è infatti quello di completare il sistema delle aree protette regionali esistenti intorno al capoluogo piemontese, facendo perno sulla valorizzazione e riqualificazione del sistema fluviale per stabilire un insieme di relazioni ecologiche e funzionali tra i fiumi e le aree collinari, i parchi urbani e quelli territoriali, le aree naturali protette e i manufatti storico-architettonici. Un’ampia cintura che, memore della Collina di Delizie, collega ampie zone naturalistiche fra loro e con le aree verdi della città di Torino (boschi, parchi, giardini), definendo un quadro organico unitario, che comprende antiche proprietà sabaude – La Mandria, Stupinigi, Le Vallere, Superga – riserve naturali e zone di salvaguardia, parchi e aree attrezzate comunali e sovracomunali, estendendosi a Nord fino a Balangero e Vauda, a Sud fino a Carignano, a Est fino a Casalborgone e a Ovest fino a Sant’Ambrogio (Fig. 4).
La novità del progetto sta proprio qui: nell’integrazione di Enti e strutture di gestione del territorio in grado di attuare una nuova politica, in cui il mosaico della tutela ambientale dei parchi entra nella griglia urbana e periurbana. Non solo, infatti, sono coinvolti 93 comuni raggruppati in sei ambiti territoriali, oltre agli enti di gestione dei parchi (Po torinese, Collina torinese, La Mandria, Stupinigi, Riserva naturale della Vauda e Parco naturale dei Laghi di Avigliana), per una superficie di circa 165.000 ha e 1,8 milioni di abitanti, ma la gestione è intersettoriale, superando l’impostazione tradizionale per politiche distinte. “Agricoltura, urbanistica, mobilità, beni culturali, reti ambientali, tempo libero [si compongono] in sei Piani strategici d’ambito (di cui cinque intercomunali e uno per Torino), ricompresi in uno schema strategico unitario esteso a tutti i 93 comuni e articolato in quattro aree tematiche: Qualità delle connessioni ambientali, Valorizzazione del sistema rurale periurbano, Integrazione della rete fruitiva, Ridisegno dei bordi della città” (Centro Einaudi, 2019).
In questo quadro di forte integrazione, in cui la vasta area periurbana con le sue complesse dinamiche socioeconomiche e territoriali diventa centrale nella strategia di sostenibilità urbana, le aste fluviali assumono un ruolo fondamentale per la “riduzione della frammentazione eco-sistemica e territoriale” e per la “valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico e delle identità locali, connesso alla qualificazione dello spazio rurale”: i due indirizzi programmatici principali indicati dal progetto Corona Verde (Ostellino, 2008). Nella ricerca di una relazione fra urbanizzazione e naturalità, i fiumi diventano, dunque, luoghi privilegiati d’intervento, con la ricostruzione della loro struttura ecologica e di habitat adatti alla conservazione della fauna e della vegetazione. Sono questi “paesaggi del fiume” a consentire l’attuazione di quell’anello “Verde Azzurro” che dovrebbe nel tempo garantire, accanto alla valorizzazione delle zone umide, alla messa in sicurezza e alla riqualificazione delle fasce spondali, la continuità fruitiva di percorsi pedonali, ciclabili o equestri, promuovendo al contempo un uso diversificato dei territori interessati (pesca, attrezzature per il gioco, lo sport e il tempo libero) insieme alla navigabilità di alcuni tratti e persino alla loro balneabilità. 
A oggi, come si legge nel Ventesimo Rapporto “Giorgio Rota” su Torino, i progetti finanziati grazie anche ai fondi europei per lo sviluppo regionale sono 44, sia a carattere locale – prevalenti nel primo periodo di attuazione – che intercomunale, con 14 programmi d’intervento che dal 2010 hanno coinvolto diversi comuni e parchi4
In generale, accanto al restauro di paesaggi culturali nel contesto dei siti UNESCO, i progetti realizzati sono riconducibili a due principali tipologie d’intervento: da un lato, il completamento e la riqualificazione della rete fruitiva (82% degli interventi) che riguarda l’integrazione della rete di greenways, delle reti ciclabili e pedonali, degli accessi e delle aree di sosta, come per la Corona di Delizie in bicicletta (un anello ciclabile lungo 90 Km, realizzato attraverso percorsi protetti e misti che connettono le Residenze sabaude attorno a Torino); dall’altro il potenziamento della rete ecologica (14% degli interventi) per aumentare la connettività del sistema ambientale metropolitano, come dimostrano gli interventi di rinaturalizzazione delle sponde della Dora in diversi comuni della cintura (Rivoli, Avigliana, Buttigliera Alta, Collegno e Pianezza) e gli interventi effettuati lungo il Sangone, uno degli affluenti del Po più compromessi dalle attività industriali,  sia sulle sponde (parchi, ciclopiste, passarelle, orti urbani), sia in alveo, realizzando per esempio sistemi di risalita per i pesci. (Cassatella 2016, Centro Einaudi, 2019).
Oggi, terminato il canale di incentivi e finanziamenti ad hoc (fra cui i fondi EU POR-FESR), la Regione continua a svolgere il ruolo di coordinamento e di stimolo, sia nelle azioni immateriali per promuovere la conoscenza e l’uso della nuova ‘infrastruttura’ Corona Verde, sia nella ricerca di finanziamenti e nella governance. Tuttavia la mancanza di un soggetto istituzionale che coordini fra loro i diversi attori e garantisca la realizzazione dei programmi, ha rappresentato un vulnus costante del progetto, rischiando di comprometterne l’approccio sistemico e la sua capacità di influire sulla pianificazione urbana, nonché di agire sulle attività di promozione culturale e ambientale5. Permane, senza dubbio, lo “spirito” del progetto, che ha saputo innescare un approccio al tema del verde innovativo e condiviso – interscalare, multisettoriale e multiattoriale – ma ancora lontano appare il possibile completamento dell’infrastruttura verde di connessione, di cui l’anello ciclabile attorno a Torino ne dovrebbe costituire una parte saliente: allo stato attuale il sistema delle ciclabili realizzato va soprattutto a beneficio della mobilità locale, mentre critica appare per i Comuni la gestione delle aree verdi realizzate, soprattutto per gli oneri che ne derivano.


Intorno ai fiumi: Torino città d’acque

Nel capoluogo piemontese, il progetto Corona Verde corrisponde al piano programma Torino città d’Acque, avviato dal Comune nel 1993 con l’obiettivo di valorizzare e riqualificare le fasce spondali dei quattro fiumi cittadini e realizzare un unico sistema di parchi fluviali, collegati fra loro da reti di percorsi pedonali, ciclabili, naturalistici, turistico-ricettivi, didattici.  All’interno di questo “piano del verde fluviale”, il cui masterplan redatto nel 1998-99 dagli architetti Cilli e Zucca6 è stato portato avanti dal Settore del Verde Pubblico Grandi Opere della Città di Torino, i principali tipi di intervento riguardano: la bonifica delle fasce spondali, il consolidamento degli argini e l’incremento dei bacini di esondazione (a partire dalla riqualificazione delle sponde del Po: tratto fra Murazzi e Colletta e, sulla riva destra, sistemazione delle fasce in erosione, per es. nell’area Fioccardo-Pilonetto); la realizzazione di un sistema continuo di greenways (esteso su 37 Km di alveo, ovvero 74 km di sponde); il potenziamento della navigazione turistica (con la realizzazione di attracchi per battelli e di infrastrutture per il canottaggio lungo il Po); l’acquisizione di aree d’interesse, fra le quali particolare importanza assumono quelle della dismissione industriale (Figg. 5a e 5b).
 
Il progetto, che è riuscito a convogliare su di esso le risorse dei ‘grandi eventi’ (i giochi olimpici invernali del 2006 e il 150° anniversario dell’Unità d’Italia nel 2011) ha visto implementare la continuità e connettività del sistema verde, favorendo la fruizione dei parchi e la mobilità sostenibile, che dal 1990 al 2016 “è aumentata di oltre il 500%” (Cassatella 2016): a metà degli anni’90, quando è stato avviato il progetto, “le sponde dei fiumi torinesi erano percorribili al 30-35%, oggi lo sono per circa l’80%”; lungo le sponde del Po i percorsi ciclo-pedonali hanno raggiunto il  95%, mentre tasselli mancanti riguardano  principalmente la Stura e il Sangone (Centro Einaudi, 2019). 
Accanto alle necessarie azioni di bonifica, di monitoraggio e gestione dei corsi d’acqua, il piano ha permesso la riqualificazione, il completamento e/o la realizzazione di parchi urbani e aree verdi lungo le sponde dei fiumi, incrementando il patrimonio verde esistente di cui le zone fluviali costituiscono una parte rilevante.
Fra gli interventi principali realizzati, si possono ricordare:

A tutt’oggi restano ancora da completare alcuni tasselli del piano generale, conseguenza di un forte rallentamento nel secondo decennio del Duemila, dovuto non solo alla crisi economica globale, ma anche agli ostacoli che si interpongono alle realizzazioni. Fra gli altri: problemi di natura idraulica, necessità di ingenti opere di bonifica (come nel caso dell’area Basse di Stura, usata per decenni come “parco scorie” dal dissennato sviluppo industriale), frammentazione della proprietà.
Tuttavia, nonostante le attuali difficoltà, il piano Torino Città d’Acque costituisce, all’interno della visione complessiva di Corona Verde,un quadro di riferimento fondamentale per la realizzazione di quell’infrastruttura verde che rende Torino una delle città più “green” a livello nazionale (con una dotazione di verde urbano pro capite del 21,93%). Innescando una crescente attenzione e consapevolezza del valore delle aree verdi e delle greenways, prevalentemente concentrati lungo le fasce fluviali, il piano ha attivato progetti nuovi – come l’ipotesi del “Mare della confluenza” (Studio Zucca Architettura, 2016) per rendere balneabili e navigabili le acque nel bacino della confluenza tra Po e Stura7 – e contribuito notevolmente a modificare l’immagine, la percezione, la fruibilità e la vita sociale della città, passata da “gigantesca infrastruttura a servizio della produzione” a nuova realtà post-industriale, in cui ambiente e qualità urbana, cultura e innovazione “giocano di sponda” un ruolo di primo piano.




Note

1. Così denominata da Amedeo di Castellamonte negli anni settanta del’600, la metafora Corona di Delizie intendeva sottolineare l’idea di un sistema di maisons de plaisance connesse attraverso un’articolata rete stradale e una vasta estensione di giardini, zone di caccia e territori destinati alla produzione agricola, in alcuni casi divenuti parchi regionali. Tale sistema – dichiarato dall'UNESCO Patrimonio Mondiale dell'Umanità nel 1997 – comprende 12 siti (3171 ha), fra i quali permangono le seguenti residenze reali: Reggia di Venaria Reale e La Mandria, Villa della Regina, Castello del Valentino e di Moncalieri, Palazzina di Caccia di Stupinigi, Castello di Rivoli.
2. Fin dalla sua creazione il parco fluviale del Po fu diviso in tre segmenti affidati a tre differenti enti di gestione che, a seguito delle modifiche apportate dalla L.R. n. 19 del 2009 sul sistema delle aree protette della Regione Piemonte, ora si chiamano: Aree Protette del Po vercellese-alessandrino, Aree Protette del Po torinese, Parco del Monviso. Fanno parte del tratto torinese 14 aree, che tutelano complessivamente 5.167,71 ettari di territorio, coinvolgendo 3 provincie e 28 comuni. Cfr. http://www.areeprotettepotorinese.it/pagina.php?id=1
3. Alla base del progetto vi è l’iniziativa avviata dall’allora “Parco fluviale del Po tratto torinese” e poi condivisa da altre aree protette regionali dell’area metropolitana – gli enti di gestione del “Parco naturale regionale La Mandria”, “Parco naturale di Stupinigi”, “Parco naturale della Collina torinese” – che ha dato luogo alla stesura e approvazione di un documento programmatico volto a integrare fra loro le politiche dei diversi enti e amministrazioni esistenti (Regione Piemonte, Città di Torino e Provincia di Torino, quest’ultima divenuta dal 2015 Città metropolitana di Torino) riguardo alle “modalità di gestione e di promozione culturale dei valori naturali e storici contenuti nelle aree del concentrico urbano torinese”. Cfr. http://www.parks.it/parco.po.to/a.pianif-coronaverde.html
4. Contributo sostanziale all’evoluzione di Corona verde verso la visione integrata a scala metropolitana e il modello di governance che ne ha connotato la 2° fase di sviluppo è stato quello dell’allora Dipartimento Interateneo Territorio del Politecnico di Torino (DITER, 2007), che su incarico della Regione ha fornito indirizzi strategici, uno schema spaziale e studi approfonditi sulle risorse esistenti.
5. L’esigenza di istituire un’Agenzia metropolitana per Corona verde (che avrebbe dovuto subentrare alla Regione per coordinare Torino e i 92 comuni della cintura), già ribadita dal “Piano strategico degli spazi verdi” (2003) e rinnovata dal “Terzo Piano Strategico Torino Metropoli 2025” (2015) non ha trovato attuazione, visto anche il sostanziale abbandono dell’ultimo Piano strategico, conseguente alla scelta della nuova amministrazione della Città metropolitana di un nuovo piano d’azione “Torino 2030 sostenibile e resiliente”, avviato nel 2018. Cfr. Centro Einaudi, 7.1 Piani Strategici, pp. 130-134.
6. Il masterplan, redatto su incarico della Città di Torino (Assessorato all’Ambiente), si compone di 4 tavole relative alle fasce fluviali dei 4 fiumi torinesi. Sulle carte sono stati inseriti valori storico-paesaggistici, analisi idrogeologiche, previsioni di trasformazione urbana, d’uso e di tutela contenuti nei piani (PRG e Parco del Po), progetti del verde pubblico, nonché indicazioni sulla rete dei percorsi pedonali e ciclabili, legami con gli spazi pubblici, potenziali edifici di servizio ai parchi, punti di attracco, balneabilità di alcuni tratti. Si ringrazia l’arch. Maurizio Zucca per aver messo a disposizione uno dei disegni originali.
7. Si tratta del progetto di concorso “Vedere l’invisibile” bandito dall’Ente Parco Collina Po – Regione Piemonte, nell’ambito di Man and Biosphere Reserve – MAB UNESCO.




Riferimenti bibliografici

Boscolo G. (2001), I fiumi, in Città di Torino, Torino Città d’Acque, cd-rom, IT.
Cassatella C. (2004), La scoperta della presenza dei fiumi in città: Torino Città d’Acque, in Rizzo G.G., Valentini A., Luoghi e paesaggi in Italia, Firenze University Press, Firenze, IT, pp. 391-398.
Acer (2001), “Corona Verde, Torino Città d’Acque” a cura della Regione Piemonte e della Città di Torino, Gli speciali di folia. Supplemento redazionale allegato ad Acer,n. 6/2001, Il Verde Editoriale, Milano, IT.
Parco fluviale del Po tratto torinese, Corona Verde. Un progetto dei parchi regionali per l’area metropolitana torinese, available at: http://www.parks.it/parco.po.to/a.pianif-coronaverde.html (accessed 29/04/2020).
Centro Einaudi, Ventesimo Rapporto “Giorgio Rota” su Torino (2019), pp. 168-172, available at: https://www.rapporto-rota.it/rapporti-su-torino/2019-futuro-rinviato.html (accessed 17/05/2020).
Ostellino I. (2008), Un parco fluviale intorno a Torino: dal Fiume Po al progetto di area metropolitana “Corona Verde”, available at: http://www.areeprotettepotorinese.it/documenti/paesaggio/dwd/articoli/ ostellino5.pdf (accessed 06/05/2020).
Cassatella C. (2016), “Pianificazione ambientale e paesaggistica nell’area metropolitana di Torino. Nascita e sviluppo di un’infrastruttura verde 1995-2015”, Ri-Vista. Ricerche per la progettazione del paesaggio, 02/2016, pp. 68-87.

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10