Xtreme Makeover: Toronto Edition a cura di Sliwka Ryszard

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Toronto. A changing city, Claudia Di Girolamo*


Dall’inizio del secolo scorso il waterfront di Toronto - che ha uno sviluppo lineare di oltre 25 km e interessa una superficie, per la maggior parte di proprietà pubblica, di circa 800 ha - è stato escluso dallo sviluppo urbano in seguito alla costruzione del fascio infrastrutturale costituito dalla Gardiner Expressway e dalla Railway che, correndo parallelo alla costa, ha creato una vera e propria cesura con il resto della città, negandone di fatto un rapporto diretto con il suo lago.

L’occasione per ripensare il ruolo urbano del waterfront, è stata la candidatura della città presentata per i XXIX Giochi Olimpici del 2008. Il Governo nazionale del Canada, quello regionale dell’Ontario e la Città di Toronto hanno pensato congiuntamente di utilizzare questo evento per avviare un imponente processo di trasformazione urbana, di rivitalizzazione economica e di riqualificazione ambientale, esteso a tutto il Lungolago fino alle aree ex-industriali dei Portlands, che fungono da testata ovest del waterfront e nodo di convergenza sia del fiume Don sia delle infrastrutture di trasporto che parallele alla valle raggiungono le località della Greater Toronto verso nord.
A lavori già avviati di ripulitura del Lungolago, ristrutturazione delle opere pubbliche e costruzione del nuovo villaggio olimpico - con lo stanziamento della prima parte dei fondi previsti per il progetto di riqualificazione e bonifica delle aree del porto e di decontaminazione delle acque dalle scorie industriali- nell’estate del 2001 è giunta la notizia che la città selezionata per i Giochi Olimpici 2008 sarebbe stata Pechino, nonostante la candidatura di Toronto risultasse eccellente da un punto di vista strettamente tecnico. Nonostante tutto la città ha deciso di andare avanti dotandosi della Toronto Waterfront Revitalization Corporation come organo di monitoraggio e supervisione dei lavori di riqualificazione.
La metodologia scelta per la definizione dei progetti di sistemazione del Lungolago è stata quella dell’International Design Competition che ha prodotto il susseguirsi di diversi concorsi di progettazione dal 1999 in poi. Gli obiettivi comuni erano di riconnessione della città al waterfront, di ridefinizione dei parchi e degli spazi pubblici, di ricorso all’innovazione tecnologica, di creazione di nuovi posti di lavoro. In particolare obiettivi di sostenibilità ambientale, con previsioni di un maggior numero di aree verdi per l’innalzamento della qualità della vita e delle funzioni ecologiche, con la creazione di un sistema integrato di trasporto pubblico elettrico e parcheggi, e con edifici altamente performanti dal punto di vista energetico.
L’intervento è stato articolato in sei grandi progetti di trasformazione urbana, corrispondenti alle aree di Central Waterfront, East bayfront, West Don Lands, Lower Don Lands, Port lands, Wider Waterfront.
Tra le aree più problematiche, quella dei Portlands, piattaforma artificiale industriale in via di dismissione e l’adiacente area dei Lower Don Lands, in corrispondenza della foce del fiume Don, oggi canalizzata. Nate entrambe come aree industriali, sia Lower Don Lands sia Portlands sono state oggetto negli anni di numerosi interventi di bonifica dei terreni inquinati. La riqualificazione prevede principalmente la messa in sicurezza di Lower Don Lands dal rischio esondazioni (Flood Plan Protection) e la trasformazione in parchi pubblici delle zone umide presenti. Nei Portlands invece è stata creata un’area per il trattamento e il riciclo del suolo inquinato.
Gli obiettivi del Governo dell’area metropolitana per queste aree ex industriali, dell’estensione di circa 340 ha e per l’80% di proprietà pubblica, sono di valorizzazione residenziale con l’insediamento di circa100.000 abitanti e 40.000 alloggi; ma sono anche di riqualificazione ambientale per un’area che rappresenta il nodo di confluenza tra il waterfront di 17 km di estensione e la valle del Don River, caratterizzata a sua volta da un forte degrado ambientale dovuto alla sovrapposizione delle reti infrastrutturali, al carattere industriale del sito e alle opere di canalizzazione della foce del fiume.
Il concorso internazionaledi progettazione per queste areepromosso dalla Municipalità e dall’agenzia Waterfront Toronto, del 2007, era volto alla definizione di un masterplan che avesse come principio guida l’integrazione tra il tessuto naturale e quello urbano. Altra richiesta primaria del bando era la rinaturalizzazione della foce del fiume, per ovviare al problema delle esondazioni. Gli altri obiettivi del concorso erano la creazione di un sistema continuo di parco lineare lungofiume, la promozione di uno sviluppo sostenibile, il collegamento dei nuovi quartieri al Lungolago sviluppando soprattutto il trasporto pubblico con particolare riferimento a quello ciclopedonale e al miglioramento del già esistente Martin Goodman Trail che corre lungo le rive del Lago Ontario e arriva fino al Tommy Tompson Park, all’estremo sud dei Portlands.
Il masterplan vincitore è risultato quello del team Michael Van Valkenburgh Associates, che inquadra i cambiamenti di uso del suolo all’interno di un concetto più ampio di estuario urbano, ovvero un luogo in cui si sviluppano facilmente le interazioni tra uomo e ambiente naturale e in cui i confini terra-acqua diventano permeabili. Secondo i principi guida del progetto, grazie alla riaffermazione della presenza del fiume in città ottenuta naturalizzando la sua foce, quest’area a pochi passi dalla Downtown diventa luogo di attrazione e svago oltre che di scambi biofisici. “Come è avvenuto nel XIX secolo quando queste aree hanno trasformato la natura per impiantare imprese manifatturiere e cantieri di carbone e legname, così oggi per converso, la trasformazione urbana prevede un ritorno a una natura urbana che mira a sostenere un’economia della conoscenza, tipica del nostro secolo” (MVVA, 2007).
Anche gli altri team di progettazione che hanno partecipato al concorso - Stoss di Boston, Weiss/Manfredi di New York e Atelier Girot di Zurigo - hanno fatto della gestione del fiume e delle acque di pioggia, l’elemento fondante delle loro proposte.

Un utile confronto può essere fatto tra le progettualità selezionate dall’amministrazione municipale di Toronto e quelle prodotte qualche anno fa nel corso di una sperimentazione universitaria condotta presso la facoltà di architettura di Pescara nell’ambito della convenzione con la School of Architecture and Environmental Studies (University of Waterloo-Canada) in occasione di una tesi di laurea in progettazione urbana dal titolo, Reti verdi, Sostenibilità, Evoluzione, che aveva per oggetto proprio le aree della piattaforma ex industriale dei Portlands.
Il progetto di tesi, con la supervisione dell’allora Direttore della sezione Architettura e Progettazione Urbana della City of Toronto, architetto Mark Sterling , si è sviluppato a partire dalle istanze della municipalità e dalle trasformazioni in corso nella città nel 2005, un paio di anni prima del lancio del concorso internazionale. Il progetto urbano proposto assumeva gli spazi aperti come infrastrutture ecologiche per il riequilibrio ambientale e la riqualificazione paesaggistica delle aree, applicando precocemente i principi della Landscape Ecology. Come noto, attraverso questo approccio s’intende stabilire connessioni tra le scienze naturali e la progettazione urbanistica basandosi sulla comprensione dei processi ambientali, sulla valorizzazione della diversità biologica e sociale, sull’educazione consapevole dei cittadini all’ambiente e sulla visibilità dei processi ecologici. Attraverso l’analisi ecosistemica e urbana, utilizzata per la lettura del contesto, si è tentato di comprendere il metabolismo dell’area di intervento, che è stato assunto come uno dei parametri di riferimento per l’impostazione del progetto. Questo ha previsto una successione di azioni modulate in fasi, prendendo spunto dalla processualità della natura e dei suoi cicli vitali e considerando l’area d’intervento non solo come sfondo morfologico ma come elemento vivo e pulsante.
La prima fase, da realizzarsi in un arco di cinque anni, ha tematizzato la parziale rinaturalizzazione della foce del Don River come intervento catalizzatore delle trasformazioni successive; l’intento, grazie anche alla piantumazione di essenze arboree e vegetali autoctone, era quello di ricreare un serbatoio di naturalità che facesse da filtro visivo ed ecologico tra l’affaccio verso il lago Ontario ad est, destinato a grande spazio pubblico, ed i futuri insediamenti residenziali ad ovest. Contemporaneamente, il progetto prevedeva l’impianto di un parco fitodepurativo per la bonifica dei suoli inquinati e per la produzione di biomassa, parco innestato formalmente sulla griglia infrastrutturale dei percorsi e della rete idrica in progetto.
Tutta l’area di trasformazione, infatti, veniva infrastrutturata da una rete blu che risolveva, a partire dagli spazi pertinenziali degli isolati residenziali, la gestione delle acque meteoriche secondo le indicazioni del water act, una legge regionale dell’Ontario che impone ai nuovi insediamenti residenziali la realizzazione di una rete per lo smaltimento e il trattamento delle acque di pioggia, autonoma e indipendente dalla rete cittadina esistente.
L’infrastrutturazione ecologica della prima fase organizzata sulle reti verdi e blu costituirà, nella fase successiva, programmata su un arco temporale di dieci anni, la struttura di base per lo sviluppo del quartiere residenziale. La proposta progettuale considerava dunque la rete di spazi aperti e corridoi verdi come un tessuto di rigenerazione ecologica e di miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie capace di organizzare e attivare simultaneamente relazioni e connessioni tra le sue parti preliminarmente alla realizzazione dell’insediamento residenziale. Le prestazioni igienico-sanitarie fornite dalla rete verde attenevano ad azioni di risanamento e mitigazione degli impatti prodotti dalle attività antropiche sull’ambiente – vedi ad esempio la quinta arborea per l’attenuazione dell’inquinamento acustico a ridosso della Gardiner Expressway – e si proponevano di fornire un contributo alla riduzione dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, nonché al miglioramento delle condizioni del microclima; quelle ecologiche attenevano al ruolo della rete verde come strumento per il ripristino parziale di processi naturali - sia per favorire l’incremento del grado di diversità biologica, sia per aumentare le capacità auto-rigenerative delle aree – e come corridoio di connessione con gli habitat esterni per facilitare gli scambi ecologici tra il Don River, la costa e il Tommy Tompson Park a sud della piattaforma ex-industriale dei Portlands.

Anche lo spazio pubblico principale era progettato con attenzione alla sostenibilità ambientale: una piazza coperta affacciata sul lago e costituita da un edificio serra vetrato, autosufficiente dal punto di vista energetico ed in grado di rendere fruibile lo spazio anche durante i freddi mesi invernali.
La seconda fase, da realizzarsi nei successivi dieci anni, contemplava l’inserimento del sistema insediativo residenziale con edifici (climate responsive buildings) autosufficienti dal punto di vista energetico, dotati di camini solari per l’aerazione naturale, alloggiamenti per pannelli solari in copertura, brise-soleil in facciata.

 

L’innovazione apportata dal progetto di tesi, è la creazione di una matrice ambientale come vera e propria infrastruttura urbana che precede e conforma l’edificato e permette la connessione tra i principali interventi di trasformazione dell’area. A questi spazi è stato attribuito senso urbano considerandoli a tutti gli effetti occasioni di progetto e di qualificazione architettonica degli insediamenti, piuttosto che atti difensivi mirati a creare vincoli o proposte progettuali dal sapore back to nature, che consacrano ogni spazio aperto alla natura sacrificando i valori culturali ed estetici tipici della società urbana (Angrilli, 2006).
L’interesse non è nell’innovazione funzionale e tecnologica delle infrastrutture ma nella loro capacità di porsi come innesco di processi di trasformazione e valorizzazione dei territori attraversati, considerando nuovi scenari che vedono nel recupero della componente ecologica attraverso il progetto delle reti una delle innovazioni possibili nel progetto urbano sostenibile da combinarsi efficacemente con le reti dell’energia, della mobilità sostenibile e degli spazi pubblici di relazione. In questa prospettiva la funzione più strettamente ecologica è ricompresa nella funzione più generale di infrastruttura multifunzionale che apre anche alla componente sociale e a quella economica.

Nel confronto con le progettualità prodotte successivamente nel corso dalla competizione internazionale, gli studi condotti a Toronto qualche anno prima dall’Università di Pescara e confluiti nella tesi di laurea, affermavano un approccio ecologico al progetto urbano capace di tenere conto delle potenzialità delle reti ecologiche per le trasformazioni di aree ex-industriali (in particolare per la mitigazione dei rischi idraulici) e maggiormente rivolti all’integrazione tra contesto ambientale e contesto urbano, al fine di amplificare gli effetti positivi derivanti da una efficace e più organica connessione tra network locali e network territoriali.

Per la sua attenzione alla sostenibilità ambientale il Lower Don Lands Plan, vincitore del concorso,è stato riconosciuto come un modello di eccellenza di sviluppo urbano sostenibile, e selezionato come uno dei sedici progetti urbani che riceveranno sostegno dal Climate Positive Development Program - una partnership tra la Clinton’s Climate Initiative e l’US Green Building Council’s - per dimostrare che è possibile una crescita della città climate positive (Desfor, Laidley, 2011).
Ma già alla fine del 2008 sono cambiate le condizioni e il piano per le aree dei Lower Don Lands ha subito variazioni e ritardi nell’attuazione. Così, ancora una volta, lo sviluppo di queste aree sarà legato a un grande evento sportivo internazionale, i Pan American Games del 2015, che vedrà la costruzione di un insieme di impianti sportivi nel Lower Don Lands e il Villaggio degli Atleti nel West Don Lands, il quartiere adiacente.
Una prima fase di completamento del progetto è attesa per il 2015, quando si svolgeranno i giochi panamericani. Successivamente l’intero complesso dovrebbe essere completato per il 2024 (Desfor, Laidley, 2011) a dimostrazione che si può intervenire sullo sviluppo urbano attraverso una politica di pianificazione a lungo termine ed improntata verso la sostenibilità ambientale, economica e sociale degli interventi.

*Dottore di Ricerca in architettura e urbanistica
Dipartimento di Architettura di Pescara, Italia

Siti internet, testi e articoli di riferimento:

http://www.mvvainc.com
http://www.stoss.net/
http://www.weissmanfredi.com
http://www.girot.ch
http://www.canada.com
http://www.torontopubliclibrary.ca
http://www.toronto.ca/
http://www.waterfrontoronto.ca
http://www.toronto2015.org
http://en.wikipedia.org Task Force to Bring Back the Don
http://www.asla.org
http://it.wikipedia.org Giochi della XXIX Olimpiade
http://ricerca.repubblica.it Bernardini P., La scommessa di Toronto i Giochi delle molte culture.
Roots B.I., Chant D.A., Heidenreich C.E., (editors, 1999), Special Places: The Changing Ecosystems of the Toronto Region, Royal Canadian Institute. Toronto
Desfor G., Laidley J. (editors, 2011), Reshaping Toronto's Waterfront, University of Toronto Press Incorporated, Toronto, Buffalo, London
Angrilli M., (2006), Nuove sfide per il progetto urbano, INU, Convegno Nazionale Urbanistica & Architettura, Il ruolo del progetto urbano nella riqualificazione della città contemporanea, Genova
Di Girolamo C., Zampacorta M., (2007), Reti verdi, sostenibilità, evoluzione. Portlands, Toronto, in Architettura e città n.2_società identità trasformazione, Periferie? Paesaggi urbani in trasformazione, Di Baio, Milano, pp. 7, 186, 200-205


NOTE E CITAZIONI

Tesi di laurea di Claudia Di Girolamo e Marta Zampacorta, relatore prof. Lorenzo Pignatti, correlatori: prof. arch. Massimo Angrilli, arch. Gregory Mathers B.E.S. M., Università degli Studi G. d’Annunzio Chieti-Pescara, Facoltà di Architettura, anno accademico 2004/05

Mark Sterling, Sweeny Sterling Finlayson &Co. Architects, Inc.