Trentino Alto Adige. Una regione sostenibile a cura di Pino Scaglione, Chiara Rizzi, Stefania Staniscia con Edoardo Zanchini

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Intervista a Norbert Lantschner. Edoardo Zanchini PDF

Norbert Lantschner è l'ideatore del protocollo Casaclima, come direttore dell'Agenzia omonima della Provincia di Bolzano ha seguito tutte le fasi di definizione e poi articolazione di un sistema di certificazione che è oggi un riferimento a livello internazionale per l'edilizia sostenibile. Ora è impegnato nella fondazione ClimAbitat, presentata il 14 Giugno a Bolzano, che vuole continuare il lavoro sull’innovazione sostenibile in edilizia attraverso una stretta sinergia tra diverse competenze e interessi, coinvolgendo Enti e Istituzioni, imprese e associazioni di categoria.

Dal tuo punto di osservazione, come pensi si possa raccontare il cambiamento nel modo di progettare e costruire che, indubbiamente, è avvenuto in questi anni in Alto Adige? E in che direzione pensi andrà nei prossimi l’evoluzione nel settore delle costruzioni?

Con Casaclima abbiamo capovolto una prassi diffusa del nostro paese, cioè quella di imporre con una norma o con un incentivo i comportamenti nell’edilizia. Invece Casaclima è partita dall’informazione e coinvolgimento dei cittadini, offrendo il supporto necessario per coloro che volevano rispettare l’ambiente e tutelare i propri interessi, che significa risparmiare energia e garantire il benessere abitativo. Quando è stata proposta la certificazione si è contraddistinta per essere semplice e chiara, e con la targhetta la qualità energetica dell’edificio diventa visibile. Ma la vera innovazione sta nella garanzia del controllo pubblico delle prestazioni previste dal progetto che viene effettuata edificio per edificio. In questo modo abbiamo superato il problema che ognuno di noi non possiede dei “raggi X” per riconoscere la qualità di una costruzione, e per questo è indispensabile la verifica del progetto e dell’operato in cantiere. Dieci anni dopo la partenza di Casaclima è evidente la rivoluzione avvenuta nell’edilizia in questa Provincia, che riguarda sia la percezione degli utenti che i comportamenti dei diversi attori della filiera. In Alto Adige l’efficienza energetica si sta rendendo una prospettiva concreta giorno dopo giorno, sia nelle nuove costruzioni ma anche nelle ristrutturazioni. La gradualità in questo territorio ha funzionato, all’inizio il protocollo di certificazione si basava sulla partecipazione volontaria, poi nel 2005 è diventato obbligatorio con un decreto provinciale. Oggi lo standard minimo per i nuovi edifici è la classe B di Casaclima, mentre nel resto del territorio italiano la certificazione è un sigillo riconosciuto per la serietà e l’affidabilità. Finora sono state rilasciate oltre 5.000 certificazioni con questo protocollo. Un risultato ottenuto grazie alla partecipazione di tutta la filiera dell’edilizia, ma soprattutto grazie alla lungimiranza di aver posto in primo piano l’utente finale, cioè le persone che vivono e trascorrono la gran parte della loro vita in quelle abitazioni.

La certificazione sta contribuendo a cambiare il mercato delle costruzioni, ma si ha l’impressione che il settore non abbia ancora trovato una propria bussola tra marchi diversi, con protocolli energetici o di sostenibilità, e in Italia anche regole incerte e diverse tra le Regioni. In generale non sembra che si sia ancora compresa la portata del cambiamento richiesto per migliorare le prestazioni e arrivare, non dimentichiamolo, a rispettare quanto previsto dalle Direttive Europee in termini di prestazioni. Come valuti questa situazione e quale prospettiva pensi si dovrebbe percorrere?

L’Europa ha giustamente individuato l’edilizia come principale settore da trasformare per rispettare gli obiettivi al 2020 per l’energia e il clima. Questa meta è un grande passo nella direzione della sostenibilità, perché detta la strada verso l’indipendenza energetica e la riduzione dell’impatto ambientale. Purtroppo alcuni stati membri, tra cui l’Italia, sono in ritardo rispetto a questo processo. Cosi oggi ci troviamo in una situazione caotica e frammentata, che non favorisce il raggiungimento degli obiettivi. Soprattutto manca una decisiva presenza di questi temi nella discussione pubblica, che dovrebbe portare capire che non ci troviamo solo difronte a una forte crisi economica ma viviamo anche una crisi di percezione della vastità dei problemi energetici e ambientali. Non ci accorgiamo che siamo già entrati in una gigantesca trasformazione della nostra società che darà all’edilizia un ruolo e dei caratteri assolutamente diversi dal passato. Significa che dobbiamo accelerare i tempi per evitare drammatiche evoluzioni ambientali e climatiche, e spingere l’impegno culturale che deve guidare questa trasformazione. Dobbiamo trovare un giusto mix fra prescrizioni e incentivi per promuovere l’efficienza energetica e la sostenibilità nell’edilizia. Anche la tassazione degli immobili deve essere legata a questi nuovi obiettivi. In parole semplici: il nostro paese deve essere ricostruito per rispondere all’emergenza energetica, ambientale e sociale. Sarà il settore delle costruzione a rilanciare la nostra economia. Basta pensare che il 55 per cento degli italiani vive in un alloggio costruito prima del 1972, di cui il 15 per cento costruito addirittura prima del 1945! L’età media degli edifici è superiore ai 30 anni, con 10 milioni di unità costruite fra il 1946 e il 1972. Una situazione che ci pone in cima alla classifica europea per epoca di costruzione del patrimonio edilizio. Si stima che ci siano 23 milioni di finestre da sostituire, 140 mln di metri quadrati di coperture verticali e 300 mln di mq di coperture orizzontali da riqualificare. Attivare questi interventi vuole dire creare 300.000 posti di lavoro qualificati e attuare un risparmio energetico di 2 miliardi di litri gasolio/metri cubi gas, pari a 3,4 miliardi di euro di risparmio. L’efficienza energetica è dunque una grande opportunità economica e sociale.

Una delle sfide dei prossimi anni sarà quella di allargare l'attenzione energetica dagli edifici verso la città, e insieme verso una visione più ampia della sostenibilità. Come credi che si dovrebbe spingere questa prospettiva?

Fare bene i compiti nell’ambito dell’energia è la porta per entrare nella sostenibilità, però poi serve che sono rispettati anche altri rilevanti parametri ecologici, qualitativi, di integrazione urbana. Per muovere in questa direzione occorre una visione olistica dell’abitare e del modo di vivere i nostri ambienti più privati e pubblici. Questo è la missione della nuova piattaforma che stiamo costruendo con la Fondazione ClimAbitat, che vuole essere il catalizzatore per rispondere alle attuali sfide, e che si concentrerà proprio sugli elementi essenziali che vanno rispettati per raggiungere l’obiettivo della sostenibilità. Richiede una grande apertura mentale passare da una visione incentrata sul fabbricato a una che guarda all’ambiente che lo ospita, e a come questo ambiente naturale e urbano è poi inserito in un contesto ancora più ampio di valori e tradizioni, di bisogni. E’ una grande responsabilità per progettisti e costruttori introiettare questa visione, ma è una sfida assolutamente centrale per i prossimi anni che dovremo essere in grado di motivare e approfondire, per poi realizzare.