Trentino Alto Adige. Una regione sostenibile a cura di Pino Scaglione, Chiara Rizzi, Stefania Staniscia con Edoardo Zanchini

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“Albere” a Trento il nuovo ecoquartiere di Renzo Piano. Vincenzo Cribari, fotografie di Fabio Cella PDF

ll nuovo quartiere delle Albere di Trento che porta la firma di Renzo Piano si presenta come un importante intervento di trasformazione e riconversione urbana, interessante per le modalità che hanno portato alla sua definizione e per la possibilità che ci offre di indagare e testare scenari futuri, ponendosi fra la casistica potenziale cui fare riferimento, sia in termini di esperienze condotte, che di risultati attesi.
La condizione del Trentino, vale la pena ricordarlo una volta di più, rientra in maniera importante e centrale nella dinamica dello spazio alpino europeo, trovandosi su uno degli assi storici di comunicazione in ambito alpino, quello del Brennero, che rappresenta il principale corridoio di scambio, in quanto a volumi di traffico, soprattutto di merci. Le Alpi rappresentano una macroregione che da sempre ha svolto una funzione di grande area cerniera fra popoli, culture, economie e società differenti, spesso anche con tratti che le accomunano, ma anche come scenario di grandi conflitti e guerre, che da pochi anni si riconosce nello spazio comune europeo ed in quello della convenzione delle Alpi. Le Alpi sono il cuore del più importante sistema ambientale e naturale europeo, si pensi solo al ciclo delle acque ed ai bacini che si sviluppano a partire da questa regione. E’ all’interno del rapporto con questi luoghi, che le comunità dello spazio alpino stanno cercando di costruire una nuova immagine per la società alpina e per la strutturazione dell’offerta di questi luoghi (1). In questa dinamica dunque e rispetto anche a questo contesto bisogna calare i processi di trasformazione urbana che interessano la città di Trento, e quindi l’intervento del nuovo quartiere delle Albere.
Il nuovo quartiere è sorto su una delle aree urbane più importanti e centrali della città, oggetto negli ultimi anni di un vivo e acceso dibattito culturale e politico, in sintesi è stato uno dei principali temi che hanno interessato le scelte sulle trasformazioni recenti della città. L’area ex-Michelin, in linea con analoghe esperienze italiane ed europee che hanno visto come oggetto di dibattito il futuro delle grandi aree industriali dismesse interne alle città, è stata interessata da un processo di abbandono degli stabilimenti e quindi negli anni a seguire, da un processo di riconversione e trasformazione.
E’ bene ricordare che per una piccola realtà come quella trentina, questo intervento riveste una dimensione importante in termini di investimenti e di risorse messe in campo, sia per gli investitori che per la pubblica amministrazione.
L’intervento occupa complessivamente una superficie di poco più di 10 ettari, si trova in una zona al limite fra centro storico e città consolidata, fra la ferrovia ed il fiume. Un’area piuttosto difficile in termini di accessibilità, che ripropone le criticità derivanti dall’assetto urbano generale di una città che si sviluppa perlopiù in senso longitudinale, lungo l’asta dell’Adige, e che si trova incuneata fra le Alpi e percorsa da grandi infrastrutture naturali e artificiali che percorrono la Valle. All’interno del quartiere oltre alle residenze, alla presenza di servizi commerciali e ad un nuovo grande parco di quasi 5 ettari (il quarto della città in ordine temporale, ma il primo per dimensione), sono stati realizzati il nuovo Museo delle Scienze, il Muse, concepito come un grande centro di divulgazione scientifica e didattica, e un nuovo auditorium.

Sul processo di formazione del nuovo quartiere
Gli edifici delle Albere che al momento si presentano in stato di ultimazione, rappresentano il completamento di un processo lungo e articolato che ha coinvolto attori istituzionali e privati a partire dal 1998.
Sul sedime del quartiere attuale a partire dal 1924, inizia ad insediarsi la Michelin, con un complesso industriale che nelle fasi iniziali indirizza la produzione nel settore tessile (rayon per pneumatici prodotto dalla cellulosa); dal 1958 la produzione viene concentrata nella fabbricazione di rinforzi metallici per pneumatici. Lo stabilimento raggiungerà la massima produzione intorno agli anni Settanta.
Nel 1998 la fabbrica cessa le attività e quasi da subito iniziano le trattative per la trasformazione delle aree fra la proprietà e le autorità locali. Inizialmente la Michelin offre in prelazione al Comune di Trento i 116.000 metri quadri lungo fiume, ad una cifra intorno ai 25 milioni di euro; il comune rifiuta l’offerta e contemporaneamente stabilisce per l’area una destinazione a zona mista (residenziale, terziario privato e pubblico, più servizi). A questo punto la prelazione viene ceduta ad Iniziative Urbane S.p.A, società costituita per l’occasione come partnership pubblico-privato da rappresentanze del sistema creditizio e imprenditoriale del Trentino (tra gli altri, la Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, la SIT, ora Trentino Servizi, Dolomiti Energia, L’Istituto di Sviluppo Atesino). Sempre in questo periodo, nel 1999, la Provincia di Trento predispone un PRUSST all’interno del quale rientra l'area ex- Michelin, che verrà approvato l'anno successivo dal Ministero dei Lavori Pubblici; l'operazione rappresenta inoltre una delle azioni principali del "Piano strategico della città di Trento 2001-2010".
Nel 2002, dopo un primo tentativo di affidare il disegno urbano ad un concorso di idee aperto solo ai progettisti iscritti all’Albo degli Architetti della Provincia di Trento, l’incarico di progettazione viene affidato da Iniziative Urbane direttamente a Renzo Piano; va ricordato che fra le altre cose il Consiglio comunale di Trento invitava la società ad affidare la progettazione ad un progettista di ‘fama internazionale o quanto meno nazionale’.
In questo periodo Trento vive un certo fermento urbanistico: tra il 2004 e il 2005 vengono redatte ad opera di docenti universitari (Renato Bocchi, Alberto Mioni e Bruno Zanon), due varianti al PRG di Vittorini del 1989. Uno dei protagonisti indiscussi del dibattito sulle trasformazioni della città è Joan Busquets, il quale reduce dalle esperienze catalane e olandesi, propone un piano con grandi aperture, prime fra tutte la proposta d’interramento della linea ferroviaria, che per molto tempo e ancora oggi fra molteplici circostanze e occasioni, rimane uno dei temi sottesi alle grandi opzioni urbanistiche della città e dell’intero Trentino. A Marzo del 2004 il Consiglio comunale di Trento approva il Piano Guida redatto da Renzo Piano; sono previsti una serie di interventi, alcuni dei quali a carico dell’amministrazione o rientranti nella concertazione fra le parti, fondamentali per il disegno complessivo di riqualificazione urbana e per il funzionamento del quartiere. Un anno dopo il Consiglio approva il piano di lottizzazione dell'area ex Michelin di proprietà di Iniziative Urbane. Il piano prevede che dei 116.000 metri quadrati in riva all'Adige, dove sorgeva la fabbrica, 70.000 metri quadrati diventeranno pubblici una volta firmata la convenzione tra Comune e Iniziative Urbane: si tratta dell’area verde comprensiva di parco, strade, piazze pubbliche, percorsi d’acqua (il 70% dell’area complessiva). Sull'area troveranno posto attività del terziario avanzato, residenze, ricettività, attività commerciali (per complessivi 320.000 metri cubi); è prevista la realizzazione di un parco di quasi 5 ettari con un sistema interno di canali, il Centro della scienza e 1.800 posti-auto interrati. Un tratto di via Sanseverino, l’arteria lungo l’Adige (tra Palazzo delle Albere e via Monte Baldo), sarà interrata e verrà realizzato un ponte ciclo-pedonale in asse con la zona del palazzo delle Albere.
Dal masterplan del 2004 il progetto del quartiere è soggetto a diversi cambiamenti prima di arrivare alla configurazione definitiva. Nel frattempo la società Iniziative Urbane, affida la gestione diretta dell’iniziativa immobiliare al Fondo Clesio (Fondo Immobiliare chiuso riservato ad investitori istituzionali), gestito dalla Castello SGR, che ha il compito di curare tutta la fase edificatoria dell’operazione. I lavori di edificazione iniziano nel 2008 con il completamento previsto entro il 2012.
A Luglio del 2010, la Provincia, attraverso l’Agenzia Provinciale per la protezione dell'ambiente approva il documento con l’analisi di rischio effettuate dalla Castello Srg. Sull’area infatti era stato aperto un procedimento di bonifica per il ritrovamento di inquinanti rinvenuti nelle acque di prima falda. Le analisi confermano l'assenza di valori di concentrazione di tetracloroetilene superiori alla soglia di contaminazione (sia per gli spazi edificati che per quelli all’aperto), e conseguentemente viene disposta la conclusione della pratica di bonifica.

Il nuovo quartiere e gli scenari d’indeterminatezza del mercato
Il progetto al momento è in via di completamento, il Muse è stato da poco consegnato alla Provincia. Renzo Piano dichiara di essere ‘riusciti a fare questo edificio in tempo e rispettando il budget, quasi un miracolo’.
Il comparto residenziale, circa 320 appartamenti, in termini di realizzazione presenta standard architettonici ed energetici tra i più avanzati; gli edifici sono certificati secondo i protocolli LEED livello Gold e Casaclima. L'intero complesso è servito da un'unica centrale di trigenerazione che gestisce il sistema energetico: sono presenti ampie superfici coperte da pannelli fotovoltaici e solari, la geotermia, con lo sfruttamento di sonde a scambio termico.
Dal punto di vista dell’impianto urbano, questo è ancora in via di definizione con una serie di lavori da parte del comune ed in via di completamento, che porteranno tutta questa parte di città verso la determinazione del nuovo sistema di flussi pedonali e veicolari. Soprattutto per la parte che riguarda il rapporto con la città storica, dato in primis dalla soluzione dell’attraversamento della ferrovia; in quanto è proprio dalla risoluzione di tale condizione che si metterà il quartiere in relazione con tutto il sistema della mobilità pedonale, ciclabile e con il trasporto pubblico. Si dovrebbe inoltre assolutamente evitare un effetto cul-de-sac del quartiere, scongiurando che il cosiddetto Polo Sud (l’auditorium) amplifichi l’effetto ‘a sacca chiusa’, poco comunicante con il resto. In sintesi da un punto di vista dello spazio pubblico e urbano, una delle criticità sarà dunque proprio quella del rapporto fra spazio interno del quartiere e spazio della città, ossia fra quel delicato equilibrio di relazioni, spesso andato perso nelle manifestazioni della città recente, che invece è molto riconoscibile e ottimamente strutturato nella città storica italiana. In questo diventa fondamentale la gestione che verrà immaginata per lo spazio pubblico del quartiere, soprattutto per quello che riguarda il sistema di flussi previsto all’interno del viale principale, quello che congiunge i due poli pubblici per intenderci (museo e auditorium). Ma in questo Piano dovrebbe rappresentare una garanzia, in quanto pare che la struttura del centro storico di Trento sia stata mutuata come riferimento per strutturare i rapporti del nuovo quartiere.
Bisognerà dunque vedere come questi spazi saranno vissuti. Le aspettative e le dichiarazioni degli attori, soprattutto quelli economici coinvolti nel processo sono molto buone, ma si sa che gl’investimenti sono stati importanti e che di conseguenza c’è un grosso apparato pubblicitario e di comunicazione che si muove dietro all’operazione. In molti quindi, e va detto, a dispetto delle critiche di una parte dell’opinione pubblica cittadina, sostengono che gli appartamenti alla fine saranno venduti e che il quartiere diventerà una delle aree più interessati della città, in prossimità del centro e con un’ottima accessibilità alla rete dei servizi cittadini e provinciali.
Gli scenari attuali però come è noto, soprattutto per quello che riguarda il settore dell’edilizia, sono in una condizione di grande difficoltà. Vi sono in effetti differenti criticità, sia di carattere locale, dovute alla situazione della struttura del mercato dell’industria edile in Trentino, sia derivanti da processi di più ampia scala e sfociati a partire dalla crisi del 2008-2009 , le cui ricadute ancora in corso pongono il quadro delle aspettative future verso scenari complessivi d’incertezza generale.
Rispetto alle prime va ricordato che la Provincia Autonoma di Trento, insieme ad una serie di realtà che ruotano intorno al sistema dell’imprenditoria del Trentino, sta da tempo cercando di organizzare innovazioni importanti nel settore edilizio, andando a strutturare una serie di attività di promozione e di attivazione di cicli e dinamiche legate alla sostenibilità. Mi riferisco nello specifico ad esperienze quali il Distretto Habitech che si occupa degli aspetti legati alla certificazione degli edifici, a Manifattura Domani che è un incubatore d’imprese orientato soprattutto verso l’innovazione del settore edile e alla green economy, e ad esperienze come Arca, che si occupa dei prodotti della filiera del legno trentino (tra gli attori che recentemente hanno contribuito alla realizzazione dell’auditorium che è stato donato dalla Provincia Autonoma di Trento alla città dell’Aquila, sempre su progetto di Renzo Piano).
Vi sono poi almeno altre due questioni che interessano dinamiche più ampie e che inducono ad alcune riflessioni.
La prima riguarda la possibilità che esperienze di questo tipo diventino un modello, o si prestino come base per sperimentazioni e processi che possano in qualche modo aiutare la strutturazione di un’idea che stia alla base delle dinamiche che devono interessare la reinvenzione dello spazio insediativo italiano in primis. Conosciamo tutti le condizioni della crescita (in termini dimensionali) e la qualità della città, o meglio degli apparati edificati, che sono andati delineandosi in Italia dal dopoguerra ad oggi, e soprattutto le dinamiche occorse negli ultimi venti anni, che hanno rappresentato il coronamento e l’apice delle pessime pratiche italiche. Piuttosto è utile fare riferimento a due rapporti recenti (2) che propongono elementi di sicuro interesse per prospettare la trasformazione e la riqualificazione delle città italiane, ed in particolare il ruolo che i cosiddetti ‘ecoquartieri’ potranno assumere per il futuro. La seconda considerazione riguarda un ulteriore aspetto, che coinvolge alcune riflessioni rispetto a dinamiche (sociali ed economiche) e a processi che gli interventi di riconversione e trasformazione urbana contemplano, in quanto coinvolgono una serie di coazioni sinergiche che strutturano sistemi di scelte e valori in campo. Veniamo al caso più facilmente rappresentabile: l’idea stessa di compattazione opposta alla dispersione edificatoria, presuppone una maggiore organizzazione dei processi che governano i sistemi di azioni di trasformazione; bisognerà quindi da una parte strutturare un'offerta di metodi e apparati soprattutto efficaci, e dall’altra spiegare eventualmente al cittadino medio perché è preferibile che ceda una quota parte della propria libertà ed indipendenza ad organismi privati – tipo le grandi holding finanziarie che gestiscono fondi immobiliari – per costruire delle parti di città che prefigurino una migliore qualità della vita. Può essere che anche all’interno di questa dinamica fra due scenari estremi, vadano ricercate nuove chiavi interpretative, utili per reinventare e attivare il cambiamento, l'innovazione e la trasformazione delle condizioni attuali.

(1) Si veda anche W. Batzing, "Le Alpi. Una regione unica al centro dell'Europa", Bollati Boringhieri
(2) Si fa riferimento ad ‘Ambiente Italia 2011, Il consumo di suolo in Italia’, a cura di Duccio Bianchi ed Edoardo Zanchini, ed al documento ‘Ecoquartieri in Italia: un patto per la rigenerazione urbana’ a cura di AUDIS, GBC Italia e Legambiente.