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New cities in the Far East. Dunia Mittner

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La Cina contemporanea e il Far East sono oggi interessati da intensi fenomeni di trasformazione sociale, urbana e territoriale e allo stesso tempo di promozione di numerose occasioni di costruzioni di città nuove, cyber, eco o bio-logic. A partire dall’analisi di alcuni casi studio, il paper si propone di verificare l’esistenza di elementi comuni alle nuove città cibernetiche, ecologiche o bio-logiche e il riferimento di esse a modelli disciplinari compiuti.
La città nuova costituisce un punto di osservazione privilegiato rispetto al tema della città moderna e contemporanea, e più in particolare nei confronti di alcune recenti declinazioni che rivolgono l’attenzione alle tecnologie più avanzate, ai temi dell’ecologia e della sostenibilità. Le città di fondazione non interessano tanto per il carattere particolare loro conferito dall’essere concepite in maniera unitaria, quanto per l’esplorazione di una dimensione urbana presente in un numero di progetti assai più vasto.

La fondazione di nuove città può essere rilevante per più ordini di ragioni, dall’indagine delle politiche di organizzazione territoriale degli Stati nazione, impegnati durante il Novecento nel controllo della consistenza, del numero e delle condizioni di vita della popolazione, fino alle interrogazioni sulla essenza compendiaria della città attuale, nei fatti e nell’immaginario.
Può essere utile chiedersi in quali condizioni si sviluppi la volontà, geopolitica ed economica di procedere a programmi di fondazione. Nel contesto europeo ed occidentale del XX secolo, fino agli anni settanta, la costruzione di nuovi insediamenti ha rimandato a più ragioni, quali la colonizzazione dei principali paesi europei nei confronti del continente africano, le nuove capitali costruite in seguito alla formazione di nuovi stati o alla necessità di ridefinizione della propria geografia politica interna, la colonizzazione interna a un paese, la modernizzazione industriale, le città per il commercio e le comunicazioni, i centri per la ricerca scientifica e tecnologica e controllo della crescita metropolitana. Negli anni ottanta e novanta quest’ultimo tipo di strumento viene adottato nei Paesi in grande crescita economica, le cosiddette «tigri-asiatiche», in particolare Corea del Sud, Malesia, e anche Cina, dove la vicenda più nota, denominata “One city and nine towns”, è volta a creare nuove polarità intorno a Shanghai, ciascuna realizzata secondo un “tema” o “stile” particolare ispirato da una diversa tradizione occidentale (europea, ma non solo), per configurare una possibile città “italiana”, “tedesca”, “olandese”, “svedese”, e così via.
Per riconoscere una base fenomenica alle città di fondazione occorre assumere esplicitamente i criteri necessari e sufficienti che ci consentono di riconoscere, sia pure convenzionalmente, quali siano le iniziative di fondazione. I criteri necessari alla definizione di una città nuova sono essenzialmente cinque, ed hanno a che fare con l’esistenza di un progetto d’insieme, le relazioni geografiche e dimensionali rispetto agli insediamenti esistenti, l’articolazione interna delle componenti funzionali, una soglia minima di popolazione insediata e infine l’effettiva realizzazione (almeno parziale) delle città stesse.
La presenza simultanea di tutti e cinque i criteri diminuisce molto il numero degli insediamenti che si possono effettivamente considerare come città nuove. Molti dei progetti più noti in costruzione nel Far East non possono essere considerati tali, per l’assenza di uno o più criteri. La maggior parte delle città in costruzione intorno a Shanghai possono essere considerate insediamenti nuovi a tutti gli effetti, pur assumendo alcune un carattere prevalente di città industriali o di centri per la ricerca scientifica e tecnologica, in cui è evidente il carattere primario legato ad un particolare modo del lavoro.

Nel Far East la costruzione di città nuove nei decenni recenti è legata principalmente a tre ordini di ragioni: contrasto della crescita urbana illimitata, modernizzazione industriale, e formazione di poli per la ricerca e l’innovazione. Nella maggior parte dei casi il tentativo di fronteggiare l’intenso sviluppo urbano e demografico procede di pari passo con esigenze di modernizzazione industriale e tecnologica.
Tuttavia molti progetti in corso di realizzazione non possono essere considerati città nuove con una chiara funzione prevalente; essi costituiscono insediamenti di fondazione a tutti gli effetti, presentano la necessaria pluralità di funzioni e rimandano a ricorrenti retoriche di legittimazione. Nella contemporaneità si possono riconoscere due tipi principali di retoriche: informatico-tecnicista, applicata sopratutto nei paesi all’avanguardia per lo sviluppo tecnologico e dell’informatica, quali Corea del Sud e Malesia, e ecologico-ambientalista, utilizzata sopratutto in Cina.
La differenza tra insediamenti di tipo informatico-tecnicista o cyber-cities e città intelligenti è posta in chiara evidenza da Komninos: “Cyber cities perceive spatial intelligence as a problem of telecommunication infrastructure, digital networking, sensors, intelligent agents, online software applications, and automation in the collection and processing of information; as a pure problem of communication technology and artificial intelligence. At the other end of the spectrum, theories about intelligent communities and intellectual capital for communities understand intelligent cities as a combination of human skills, learning institutions and digital technologies; integration of these three ingredients enables city intelligence to emerge, and for new city functions, such as strategic intelligence, technology acquisition, and innovation to materialize.” (Nicos Komninos, (2008). Intelligent Cities and Globalization of Innovation Networks, New York, Routledge; p. 111)
Vicende organiche di costruzione di nuove città informatico-tecnologiche sono state intraprese negli ultimi decenni da Corea del Sud e Malesia, mentre in Cina le eco-città rappresentano piuttosto dei casi isolati. La vicenda intrapresa dalla Corea del Sud negli ultimi anni riguarda cinque insediamenti  denominati “U-Cities” (ubiquitous technology); si tratta di Hwaseong-Dongtan U-City, Future-X, Busan city e New Songdo, la più significativa. Situata alla periferia di Incheon, la seconda area metropolitana del paese, è destinata a divenire l’hub tecnologico e logistico dell’Asia nord orientale. L’idea è che essa costituisca una città a “connessione totale”, in grado di garantire agli abitanti un contatto digitale costante con l’ambiente circostante tramite le tecnologie più avanzate. Per questo motivo, New Songdo viene classificata nel 2007 dal giornale australiano The Age una delle “Top Ten Digital Cities” al mondo.
La vicenda malese ha origine alla fine degli anni ottanta con l’idea di creare un nuovo distretto amministrativo federale in prossimità di Kuala Lumpur e due nuove città tra esse complementari, Putrajaya, centro amministrativo del distretto e Cyberjaya, destinata a diventare il centro dell’innovazione tecnologica a scala nazionale. Nel 1991 il Governo malese avvia “Vision 2020”, un progetto volto a definire i caratteri fondamentali del futuro sviluppo economico del paese basato sulle tecnologie e scienze avanzate, basato sul modello della “Silicon Valley”.
In Cina la maggior parte dei progetti recenti di città nuove rimanda a retoriche di matrice ecologico-ambientalista, in cui la messa a punto di prototipi per nuovi ambienti urbani attenti alla sostenibilità assume un ruolo di primo piano. Secondo un report del 2009 della Banca Mondiale, esse sono più di 100, localizzate nelle regioni con il livello di inquinamento ambientale più elevato. L’obiettivo è di segnalare un’inversione di tendenza relativamente alle politiche ambientali passate e costituire modelli per gli sviluppi futuri.
Tra i progetti più noti in costruzione nel paese, si possono citare Dongtan eco city (Shanghai), Tangye new town (Licheng district) e Tianjin eco city (Tianjin-Binhai).
Dongtan eco-city (Fig. 3) si propone come città ecologica per 500.000 abitanti, al centro di una delle aree del mondo in più rapida crescita. L’obiettivo dichiarato é di diventare la prima città-territorio autosostenibile al mondo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico.
La seconda eco-city progettata da Arup in Cina, Tangye new town (Licheng district, O. Arup, 200.000 ab.), si propone di trasformare i propri rifiuti in carburante, recuperare l’energia dal sole e restituire l’acqua al suolo attraverso sistemi naturali di drenaggio e irrigazione, accanto alla formazione di una rete di corridoi verdi di collegamento tra i principali edifici pubblici, per incentivare la biodiversità e gli spostamenti ciclo-pedonali.
Omologhi argomenti vengono proposti per Tianjin eco city (Tianjin-Binhai, progetto di cooperazione strategica tra Cina e Singapore, 350.000 ab.), il cui sito viene appositamente scelto in una località ben connessa dal punto di vista dei trasporti, ma caratterizzata dalla scarsità delle risorse naturali, e da un sistema ecologico fragile. L’obiettivo principale consiste nel formulare un modello in grado di dare una risposta al problema dell’inurbamento anche in situazioni in apparenza sfavorevoli.

Sia nel caso delle eco cities che in quello delle cyber cities si possono riconoscere alcuni elementi ricorrenti. Nel primo caso i più evidenti appaiono la presenza dello spazio aperto naturale, cui viene affidato un ruolo pubblico, i sistemi ecologici di smaltimento dei rifiuti, le fonti di energia rinnovabili, i sistemi di trasporto a bassa emissione. Alcune delle componenti che si ritrovano con maggiore frequenza nelle eco-cities sono sistemi di trasporto ad emissione zero, edifici ad energia zero, sistemi di drenaggio urbani sostenibili, utilizzo di fonti di energia rinnovabili e tecniche di ventilazione naturale. Nel caso delle cyber cities gli elementi comuni sono sopratutto l’integrazione dei sistemi informatici e delle tecnologie innovative a tutti gli aspetti della vita quotidiana.
Tuttavia non sembra esistere un’opinione comunemente condivisa dei caratteri che definiscono ciascuna delle due tipologie di città, così come spesso i caratteri appaiono mescolati, tanto da far apparire appropriato l’uso del termine bio-logic city, città ecologica ed tecnologica allo stesso tempo. Tale ipotesi appare confermata dall’osservazione della classifica annuale delle cyber cities  redatta dall’Intelligent Community Forum (IFC), volta a premiare gli insediamenti di maggior successo e promuovere l’uso di infrastrutture a banda larga nel maggior numero di città alla scala mondiale.  Nel 2001 vengono classificate come “Smart 21 Communities” New Songdo e Tianjin.
Per quanto riguarda il riferimento ai modelli urbani, le cyber cities si inseriscono all’interno di una tradizione di lungo periodo, le green cities sembrano piuttosto costituire laboratori per la messa a punto di modelli da applicare a sviluppi futuri. Le prime trovano antecedenti diretti nei poli per la ricerca scientifica e tecnologica costruiti a partire dagli anni ottanta in Giappone e Cina. Nel primo paese l’idea, introdotta nel 1983 dal Ministero dell’Industria e del Commercio Internazionale come parte di una strategia regionale volta a promuovere industrie hi-tech, comprende nel suo complesso quindici città, e termina nel 1998. Nell’ambito della politica economica introdotta da Deng Xiaoping nel 1980 con le Special Economic Zones (SEZ) vengono create in Cina città-pilota legate alla sperimentazione e all’innovazione in settori diversi. A loro volta i poli tecnologici asiatici degli anni ottanta si inseriscono all’interno della tradizione delle cosiddette «tecnopoli», costruite negli Stati Uniti e in Europa.
Le eco-cities, diversamente, costituiscono un fenomeno relativamente recente. I primi tentativi di quella che potremmo definire eco-urbanistica si collocano intorno alla metà del secolo scorso. Negli anni sessanta circa prendono avvio le prime comunità hippie in Europa e negli Stati Uniti, seguite nei decenni successivi dalla costruzione di diversi villaggi. A partire dagli anni novanta numerosi insediamenti che pongono l’accento sulla sostenibilità vengono costruiti in Scandinavia, soprattutto in Svezia, quali Norra Älvstranden (Gotenborg, 1980-2010) e Hammarby Siöstadt (Stoccolma, 1990-2012).

1. New Songdo, South Korea, master plan, 1996 2. New Songdo, South Korea, schemes, 1996 3. Cyberjaja, Malaysia, 1997 4. Dongtan eco-city, China, 2005





















































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EWT/ EcoWebTown
Magazine of Sustainable Design (Quadrimestrale on line sul progetto di città sostenibile)
Edizione SCUT, Università Chieti-Pescara
Registrazione al tribunale di Pescara n. 9/2011 del 07/04/2011