Dieci anni di EWT parte 2

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Il progetto per la transizione tecnologica
Fabrizio Tucci
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Nel comprendere le sfide che la nostra epoca sta ponendo al Progetto per la cosiddetta “Transizione tecnologica” e i caratteri che ne stanno contrassegnando i passi nella costruzione degli scenari di sviluppo futuri, occorre partire da alcune Questioni di fondo, e poi focalizzare la propria attenzione sui Requisiti per impostare una Transizione tecnologica, gli Approcci per svilupparla e le Visioni per direzionarne le possibili evoluzioni.

 

Questioni

La nostra epoca è caratterizzata da questioni che spingono a definirla l’“èra delle crisi e dell'incertezza”, questioni che vedono la Transizione Tecnologica potenzialmente protagonista della sperimentazione di modi innovativi di progettare in nuovi contesti e nuove condizioni, nel tentativo e desiderio di dare alcune risposte alle principali sfide del futuro, che significa: progettare in un’epoca di “crisi” (culturale, sociale ed economica); progettare in condizioni di “emergenza” (ambientale/climatica, umanitaria, abitativa); progettare in uno stato di “scarsità di risorse” (materiali e immateriali); progettare in condizioni di “incertezza” (totalmente trasversali a tutte le precedenti).
Ma è anche l’èra digitale e della digitalizzazione, l'epoca della rivoluzione delle modalità di accesso all’informazione, della continua mobilitazione delle competenze, dell’espressione di un’intelligenza diffusa, connessa e coordinata in tempo reale, della apparentemente illimitata possibilità di consultazione, utilizzo e scambio di dati; l’èra segnata dalla creazione e autodotazione delle Information and Communication Technologies e delle Key Enabling Technologies, con protagonisti, tra gli altri, internet of things, big data and open data, simulation and modelling systems, digital fabrication, computational design, virtual reality, augmented reality, analysis and exchange data, generative systems.
Si impone dunque una riflessione sulla possibile innovazione di requisiti, approcci, visioni del Progetto in relazione alla Transizione Tecnologica – per alcuni aspetti in atto da tempo, per altri in impostazione, per altri ancora tutta da indagare – nelle prospettive di un futuro segnato dall’èra delle crisi e degli sviluppi digitali.
Le questioni da porsi sono fondamentalmente tre, che, sebbene fortemente interrelate fra di loro in modo non lineare, vanno sviluppate necessariamente in maniera consequenziale per esigenze logico-narrative: A quali requisiti ci si attende debba assolvere il Progetto per una costruzione innovativa della Transizione tecnologica a fronte delle sfide epocali? Quali approcci stanno caratterizzando e caratterizzeranno il Progetto nella e per la Transizione tecnologica per poter rispondere e dar sostanza a quei requisiti? Quali visioni si possono immaginare nel racconto e nella costruzione di un futuro in cui si riescano a offrire alcune risposte connotate da quei requisiti e supportate da quegli approcci?
Di seguito alcuni appunti e riflessioni, sviluppati a partire dal costante confronto con quella parte di produzione scientifica che in questi ultimi anni ha espresso posizioni differenziate sulle questioni in gioco.


Requisiti

L’essenza del mutamento della condizione contemporanea del Progetto in relazione alla “transizione tecnologica” e delle sue prospettive di evoluzione negli scenari futuri, è incarnata non tanto e solo dalle modalità strumentali in cui si sviluppa il processo progettuale – anche, come dicevamo, attraverso la disponibilità di sistemi ascrivibili all’espressione “Industria 4.0” – ma nel modo stesso in cui si individuano e impiegano i requisiti che “informano” l’approccio al Progetto; requisiti che, se espressione di profondo sapere tecnico e capacità di dar voce alla creatività e all'immaginazione, possono caratterizzare tutto l’arco delle fasi processuali e indirizzare i comportamenti, le dimensioni performative, le capacità di apportare reali contributi all’Abitare, alla Società, all’Ambiente, come mai in passato.
In questa chiave, nuovi requisiti per un nuovo modo di approcciare al Progetto stanno in questi anni prendendo corpo e altri si stanno affacciando sulla scena della sperimentazione. Tra i più innovativi, possiamo ricordare quelli di:

  • “liminalità” delle condizioni di sviluppo del progetto, sempre in bilico (nel senso di: “in rapporto dialettico”) tra ricerca della qualità (tecnica, morfologica, abitativa, sociale, ambientale, spaziale, ecc.) da una parte, e necessità di verifica dell’efficienza e dell’efficacia nel rendimento (prestazionale, funzionale, energetico, ecologico, economico, ecc.) dall’altra (Buchanan, 2011);
  • “a-scalarità” e “trasversalità” disciplinare dello sviluppo dell’azione progettuale, che ha il suo fulcro nella presa di consapevolezza che sia impossibile individuare una sola e privilegiata scala di applicazione del sistema, superando la tradizionale visione lineare-gerarchica di un procedere temporale e spaziale, dalla grande alla piccola scala; e che il vero compito del Progetto sia nel valorizzare le interazioni disciplinari tra e nei suoi diversi possibili livelli (Herzog, 2010);
  • “vitalità” del sistema morfo-tecnologico progettato, sempre pronto a rimettersi in discussione, aperto allo sviluppo, in grado di dimostrarsi sensibile alla considerazione delle specifiche caratteristiche socio-economico-culturali-geografiche-climatiche dell’oggetto dell’azione trasformativa, un requisito-chiave anche per il rilancio della centralità della figura dell’architetto (Schiaffonati, 2017);
  • “auto-organizzazione” e “capacità di replica”, ovvero di auto-conservazione (replica nel tempo, rinnovamento) e di ri-produzione (replica nello spazio, moltiplicazione) del sistema d’intervento progettuale (Schumacher, 2011);
  • “stocasticità”, ovvero la capacità di combinare una componente casuale con un processo selettivo, in modo che solo certi risultati del casuale possano perdurare in modo sinergetico nel sistema d’intervento progettato (Haken, 2013);
  • “tollerabilità” di un certo margine di errore nel processo d’intervento progettuale, coerentemente con la teoria della Fehlerfreundlichkeit, traducibile in “serena consapevolezza della possibilità dell’errore o del malfunzionamento” (von Weizsäcker, 2010), che ha la sua controparte nei successivi due requisiti;
  • “correggibilità” e “controllabilità” delle azioni di intervento e dei componenti e sistemi con cui sono attuate (Vidal et al., 2016), con la consapevolezza della necessità di continui aggiustamenti in progress dei temporanei esiti progettuali;
  • “circolarità”, “durabilità” e “ciclicità” delle risorse e dei sistemi immessi nei processi di progettazione e trasformazione dell’ambiente costruito, requisiti essenziali nella speranza progettuale di un futuro più sostenibile (Dierna, 2011);
  • “flessibilità”, “adattività” e “resilienza” dei processi di sviluppo e di gestione, in senso diacronico e sincronico, del progetto (Lucarelli, et al., 2018);
  • “plurivalenza”, “reattività” e “porosità” delle condizioni infra e in-between di confine/frontiera dei sistemi tecnologici caratterizzanti l’intervento progettato, sistemi disposti a perdere il carattere anisotropo e invariabile della struttura (Angelucci et al., 2015) per divenire aperti, permeabili, capaci di svolgere ruoli di mediazione/regolazione nei processi metamorfici urbani;
  • “connettività” e “interattività” biunivoca con e tra le risorse, le informazioni, i dati, dei sistemi oggetto dell’azione progettuale (Hensel, Nilsson, 2018);
  • “inclusività” e “condivisibilità” quali requisiti-chiave, sul piano delle ricadute sociali, per porre in atto, nelle differenti fasi del progettare, gli obiettivi principali dei processi inclusivi e partecipativi di utenti, fruitori, cittadini, nella vision del design for social innovation (Bologna et al., 2017);
  • “concertabilità e “valutabilità” dei modelli di comportamento e d’uso (behavioural modelling), per una fornitura e gestione sostenibile dei servizi future-proofing, e per un’estensione sociale degli user requirements, dell’efficienza e dei benefìci a tutti i potenziali fruitori (Del Nord, 2016);
  • “iteratività” e “riflessività”, che fanno perno sul cosiddetto pensiero collaborativo in costante dialettica con il concetto di intelligenza connettiva, portatori di quella 'cittadinanza attiva' che si sta attestando alla base della visione di una Sharing Economy per una Collaborative City (Manzini, 2018);
  • “simulabilità”, “modellabilità” e “computabiilità” dei dati delle informazioni sia delle condizioni di contesto ex ante che delle configurazioni e assetti ex post impresse dal processo progettuale, anche con ricorso agli smart systems, ai big data e agli open data (Auer, 2022);
  • “interoperabilità” dei sistemi che si pongono a supporto della rappresentazione della complessità architettonica e urbana nei processi di sviluppo del progetto per una Transizione tecnologica (Antonini et al., 2017), requisito che è il perno di una visione ricorsivo-interattiva che ricerca integrazioni, interconnessioni, interrelazioni – in una parola il più profondo dialogo – tra elementi e fattori oggetto della trasformazione, per una valorizzazione della natura intrinsecamente euristica del progetto.

 

Approcci

Tali requisiti, nel tentativo di ricomposizione del quadro certamente non esaustivo (anche perché in costante progress) sopra tracciato, costituiscono – nella loro reciproca collaborazione (prevalentemente con quadrangolazioni che di seguito verranno esplicitate tra parentesi) – gli 'apparati vitali' dei possibili Approcci in una prospettiva di sviluppo del Progetto per la Transizione tecnologica.
Tra i principali, i seguenti appaiono particolarmente interessanti per alcuni degli scenari futuri del rinnovato ruolo del Progetto nell’ambito delle complessità epocali della Transizione tecnologica (connotati dai termini inglesi più ricorrenti nel confronto internazionale).

Generative-interactive approach, che dialoga con il Collaborative-iterative approach e il Social innovation approach (i cui principali requisiti di riferimento sono inclusività, condivisibilità, interattività, porosità), approcci che implicano una rinnovata concezione sistemica propria della cultura tecnologica del progetto, che può condurre all’affermarsi di processi “generativi” e “collaborativi” del progettare (Losasso, 2019), la cui tensione è verso la capacità di generare scambi interattivi, relazioni molteplici non-lineari, interfaccia con la complessità delle realtà sociali dell’abitare per una “città attiva”, dove protagonista è anche la condivisione e interdipendenza dinamica fra i molteplici fattori agenti nel medesimo ambiente, alla costante ricerca di punti di sintesi ed equilibrio secondo la teoria della Fließgleichgewicht (von Bertalanffy,2004).

Infra-disciplinary approach (tra i principali requisiti, quelli di vitalità, stocasticità, ascalarità, liminalità), approccio che spinge chi governa la produzione del progetto a muoversi nei confini 'tra' le discipline, che i nostri stessi padri disciplinari hanno sempre ricercato: oltre una collaborazione e integrazione di saperi (multi-disciplinare), oltre un profondo scambio di punti di vista scientifici e una sintesi (inter-disciplinare) (Reuter, 2013), anche una prova di interazione osmotica esercitata dai luoghi, tutti da esplorare, posti nei limiti (o nei punti di contatto, dipende dai punti di vista) infra-discipline.

Dynamic-responsive approach (i cui principali requisiti sono quelli di reattività, adattività, resilienza, interattività), approccio per cui i rinnovati caratteri del progetto dovranno essere capaci di porre in condizioni i sistemi ambientale, urbano e architettonico di rispondere alle costanti interazioni con i mutamenti in atto in modo insieme sinergetico, dinamico e reattivo-resiliente (Eilenberger, 2018); una gestione dell’ambiente costruito, dell’economia che esso sottende e delle loro interazioni - la più naturale e meno dispendiosa di risorse che esista - che si basa sulla specifica capacità dei caratteri tecnologici del sistema progettato di reagire e “riorganizzarsi dinamicamente” (Cantrell, Holzman, 2016).

Cognitive-perceptive approach (principali requisiti di riferimento: liminalità, riflessività, plurivalenza, condivisibilità), approccio che muove dall’assorbimento e rielaborazione degli insegnamenti dalle neuroscienze (Pallasmaa, 2011), nella consapevolezza, da parte del progettista e ricercatore, della centralità dei processi cognitivi e percettivi che si attuano nell’utente-cittadino immerso negli spazi dell'abitare fonti di quegli stimoli (Giachetta et al., 2019), che il progetto oggi può implementare mettendo in gioco le innovative modalità simulative di tali processi, integrabili nello sviluppo ideativo e progettuale.

Simulation and modelling approach, Computational approach (tra i requisiti di riferimento: interoperabilità, simulabilità, connettività, modellabilità), approcci che rappresentano una condizione metodologica di lavoro importante - nel futuro un passaggio pressocchè obbligato - per l’affinamento dell’apparato conoscitivo-cognitivo dello stato di fatto e per la più corretta prefigurazione simulativa dei comportamenti e delle perfomance dello stato di progetto (Hausladen, 2021); dimensione di metodo e di operatività che permette di innescare i virtuosi processi di simulation ex ante - modelling - simulation ex post di cui una parte integrante importante è costituita da ripetuti momenti di feed back.

Self-reliant approach (principali requisiti: riflessività, auto-organizzazione, inclusività, iteratività), approccio per il quale l’ambiente costruito, la sua architettura, le sue relazioni, devono diventare sistemi “autopoietici” (Ireland, Zaroukas, 2015) capaci di assicurarsi un’esistenza ininterrotta anche attraverso un auto-rigenerazione sequenziale e funzionale delle loro componenti, che vengono aggregate e scisse lasciando l’intensità dei processi sempre in armonia con l’unità del sistema e con l’identità della sua organizzazione.

Error-friendliness approach (tra i requisiti di riferimento: tollerabilità, correggibilità, flessibilità, adattività), approccio che implica “buona disposizione verso gli errori”, cioè non solo “tolleranza degli errori” ma anche “cooperazione flessibile e amichevole” con essi, che produca di errore in errore una progressiva “robustezza adattiva” del sistema (Minati, Pessa, 2018). Si è visto come nella stessa teoria dell’evoluzione delle specie i processi evolutivi non comportino mai l’eliminazione degli errori e fallimenti che, anzi, ne sono un elemento indispensabile (Nachtigall, 2015): un fattore progettuale che deve diventare imprescindibile anche in una visione rinnovata del futuro comportamento prestazionale dei sistemi tecnologici dell’architettura e dell’ambiente costruito.

Green Building approach, che dialoga con l’Ecosystemic approach, il Light Resource approach e il Life Cycle approach (tra i principali requisiti: durabili-tà, circolarità, adattività, robustezza, resilienza); approccio complesso animato dagli obiettivi della sostenibilità ambientale, sociale ed economica, sui quali immette, facendole sue, le istanze della Green Economy e del suo pilastro Circular Economy (SGGE, 2023). Un approccio che indirizza le dimensioni del Progettare e del Costruire nella Transizione tecnologica sulle strategie della rigenerazione e riqualificazione green dell'esistente, della tutela del suolo, della capacità di resilienza, adattamento e mitigazione, della efficienza energetica e bioclimatica, della circolarità delle risorse (Tucci, 2018); promuovendo nella rinnovata concezione ecosistemica dell’Abitare una conversione ecologica e verde delle città, dell’architettura, dei modi di vivere, produrre e consumare (GCN, 2018); incentivando un ruolo attivo di tutti gli attori di tali processi, dagli amministratori pubblici ai committenti ai progettisti agli imprenditori agli utenti finali; per una piena affermazione della più avanzata cultura tecnologica e ambientale del progetto.

 

Visioni

Abbiamo costruito alcuni elementi, in termini di requisiti-chiave e di approcci di metodo, per tentare di dare una risposta a un’ultima domanda: cosa significa, per una progettazione animata da una profonda cultura tecnologica e proiettata nella prospettiva di una Transizione tecnologica, costruire una visione per un futuro più desiderabile? Provo a rispondere in dieci punti, nella consapevolezza che le seguenti tracce di lavoro sono meno che mai esaustive delle tante possibili linee di sviluppo:

  • significa avere il coraggio di riacquisire - seppure nelle condizioni, per questo, di disciplina “a statuto debole” quale è quella tecnologica - il ruolo di figura di 'cerniera' nelle complesse fasi processuali per la comprensione, indirizzo e progettazione dei fenomeni naturali, comportamentali e organizzativi, secondo lo spirito che sul piano internazionale anima l’agire, tra gli altri, dei settori di Architectural Technology, Baukonstruktion, Technologie de lArchitecture, Construcción en Arquitectura, chenei diversi contesti non rappresentano solo un ambito disciplinare (peraltro da sempre a vocazione fortemente multi-disciplinare, inter-disciplinare e recentemente anche infra-disciplinare) ma, di più, la dimensione logica e culturale in cui si coordinano le complesse declinazioni e i differenti caratteri del progetto;
  • significa concepire l’architettura in senso multi-scalare e trasversale, trascendendo dalle presunte “specificità” della dimensione di scala che hanno sempre spinto verso una separazione dei momenti progettuali, dal dettaglio, al componente, all’edificio, al quartiere, alla città, al territorio, al paesaggio, per riappropriarsi di una visione olisticache è sempre stata dietro la concezione - spontanea o consapevole, informale o morfologicamente concepita, intrinsecamente connaturata o scientificamente instillata - della Qualità e della Sostenibilità nel progetto delle trasformazioni dell’ambiente costruito;
  • significa promuovere il livello di “efficienza ecosistemica” dell’ambiente in cui si interviene al contempo in senso globale, diffuso e locale, favorendone l’aumento anche del grado di “efficacia ecosistemica”, ovvero della qualità, quantità e rapidità degli scambi che i fattori trofici stabiliscono tra di loro e con gli altri elementi del sistema rispetto alle risorse messe in gioco per attuarli;
  • significa valorizzare la capacità dei sistemi progettati di adattarsi e interagire, come fa un vero e proprio organismo vivente, con le variazioni dei fattori esterni materiali e immateriali, aumentando il grado di stabilità – o meglio, la capacità di costruire continuamente nuove stabilità – nei processi dinamici di costante interazione dell’architettura e dei suoi caratteri tecnologici col suo intorno biofisico e ambientale;
  • significa promuovere il grado di sicurezza e protezione del sistema tecnologico progettato, il che comporta la duplice esigenza di “bassa vulnerabilità” (ovvero di un basso grado di danneggiabilità del sistema da parte di un evento esterno) e di “alta resilienza” (ovvero di un’alta capacità del sistema di riprendersi dal danno subìto e di ripristinare gli equilibri ambientale ed ecologico);
  • significa massimizzare il grado di “consonanza” e accordo tra ambiente costruito e requisiti umani, anche - con l'aiuto delle neuroscienze - in termini cognitivo-percettivi, e, nella costante ricerca di un equilibrio biologico, di calibrate stimolazioni sensoriali, di corrette funzioni fisico-corporee e psicologico-mentali rispetto a un quadro di priorità esigenziali dell’uomo nelle sue attività dell’abitare e del costruire che va rimesso tra gli aspetti nodali del progetto immerso nella Transizione tecnologica;
  • significa innalzare quanto più possibile il grado di “coerenza” per il quale la forma e la disponibilità di spazio, di mezzi di comunicazione e di attrezzature tecnologiche e digitali di un habitat rispondono in senso ergonomico, antropometrico e prossemico all’intreccio e alla qualità di azioni che le persone normalmente compiono o stanno per intraprendere; ovvero il livello di flessibilità e di adeguatezzadegli ambienti ai comportamenti e alle attività presenti e future;
  • significa promuovere il grado di “giustizia”, ovvero il modo in cui benefìci e costi sociali e ambientali vengono distribuiti fra tutti i componenti del sistema abitativo e il modo in cui, viceversa, essi possono accedere e usufruire dei beni, servizi e tecnologie prodotti. E, in maniera più ampia, significa farsi promotori di assetti dei comportamenti e interazioni nella società che pongano programmaticamente e metodologicamente sempre in primo piano le istanze della partecipazione, condivisione e inclusione dei fruitori degli spazi progettati, degli utenti dei servizi, dei sistemi tecnologici messi in campo e  e delle prestazioni erogate, ma anche: dei committenti che dovranno essere supportati nella definizione della domanda; dei normatori e amministratori pubblici che andranno affiancati nelle azioni di indirizzo; degli operatori (produttori, costruttori, manutentori) quali potenziali protagonisti di una parte importante del conseguimento di un’effettiva qualità e sostenibilità nell’erogazione dei servizi e nell’attuazione dei processi propri del progetto;
  • significa ottimizzare la “produttività ecologica” del sistema abitativo oggetto della trasformazione progettuale e della transizione tecnologica, ovvero la capacità di produrre e trasformare materia, energia e informazioni non solo in input, ma anche in output, mantenendo al contempo saldi i princìpi di riduzione del consumo di risorse, massimizzazione della durabilità di materiali e componenti, del riuso e riciclaggio e minimizzazione/azzeramento delle emissioni nocive; e propendere per una impostazione circolare del progetto, attenta a valorizzarne i suoi cicli di vita e tutta tesa a esaltarne le qualità di ecocompatilità di materiali, componenti e sistemi tecno-morfologici impiegati, aspetti che possono al contempo abbassarne l’impronta ecologica e alzarne valore e portata della qualità ambientale;
  • significa, infine, anche in relazione complementare col punto precedente, approdare a una rinnovata visione - più responsabile nei confronti della qualità della vita e più consapevole delle questioni ecologico-energetico-ambientali - dove la cultura tecnologica fa sue tutte le istanze del futuro e delle sorti dell’Ambiente, delle quali diventa non solo supporto ma elemento portante; e dove la percezione degli elementi caratterizzanti l’apporto equilibrato a un miglioramento della life and environmental quality sia basato su concetti quali riduzione, separazione, conservazione, riuso, riqualificazione e rigenerazione, in antitesi ai dominanti principi, tipici delle città e degli ambiti artificiali “non responsabili”, di aumento (dei consumi, della popolazione, della densità), di saturazione (degli spazi, del costruito, dei servizi), di dissipazione (dell’energia, delle risorse, dell’economia) e di spreco (di materiali, di rifiuti, di risorse primarie).

Significa, soprattutto, non considerare le dieci visioni precedenti come fattori a sé stanti, separati gli uni dagli altri, ma piuttosto concepirle in prospettiva come alcune delle possibili future tracce di lavoro del Progetto nell’èra della Transizione tecnologica, come parti attive di un progetto strategico che le veda co-partecipanti nella definizione di futuri scenari in cui i processi di transizione tecnologica per la trasformazione dell’ambiente costruito si informino, si nutrano, si caratterizzino con l’apporto di tutte quelle che le condizioni di contesto e al contorno consentiranno di mettere in gioco.

 

 

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