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Territori in transizione
Il valore patrimonio per la rigenerazione: l’area Ex Eridania di Bondeno
Francesco Alberti
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Parole chiave:                pianificazione strategica, rigenerazione urbana, luoghi dell’abbandono, sviluppo sostenibile;
                                    strategic planning, urban regeneration, place of abandonment, sustainable development.




Abstract:

Il territorio di Bondeno vanta una posizione favorevole su una delle direttrici infrastrutturali più importanti dell’Emilia Romagna, che collegano il porto di Ravenna alle acciaierie della provincia di Mantova. L’Ex zuccherificio Eridania a Bondeno potrebbe diventare il volano per il rilancio economico e finanziario di una città e di un territorio che negli ultimi anni sono rimasti ai margini della scena industriale. E’ il tema di un possibile progetto urbano che potrebbe rigenerare una parte di città dismessa, con ricadute occupazionali e abitative attese ormai da molto tempo. Questa opportunità dovrà essere giocata con accordi negoziali sia da parte di soggetti pubblici che privati. Ne dovrebbe emergere un piano di sviluppo strategico al fine di istituire una zona logistica dalle caratteristiche funzionali, economiche e urbanistiche adeguate a sostenere il possibile progetto urbano multifunzionale.  




1. Spazi in mutamento

La transizione degli insediamenti costituisce un’occasione per un radicale ripensamento e per la rigenerazione delle dotazioni territoriali e delle attività di servizio economico-sociale, oggi fortemente messe in crisi dalle diverse e non sempre lineari fasi della crescita. Questo richiede la creazione di nuove economie circolari per sollecitare nuove relazioni spaziali per la creazione di un sistema di neo-centralità, che ripristini qualità dei luoghi e garantisca spazi di valore alle nuove economie. Il paradigma di un nuovo metabolismo urbano e territoriale – sviluppato alla scala regionale – costituisce la cornice di riferimento cui collegare retoriche e strumenti di politiche territoriali, visioni e scenari di ricomposizione spaziale e insediativa policentrica, strategie e programmi di sviluppo locale ancorati a valori patrimoniali dei territori.
La capacità di progettare il futuro dei grandi territori è diventato oggi uno snodo cruciale tra la programmazione economica e la pianificazione urbanistica-territoriale. Finalità come territorialità e integrazione, invocate e richieste sovente come requisiti per accedere a finanziamenti comunitari, sono state il più delle volte disattese da azioni che riconducono la dimensione territoriale a supporto localizzativo, la territorialità alla maggiore implicazione delle istituzioni locali nel progetto di ottimizzazione dell’uso delle risorse e l’integrazione alla messa in atto di un progetto istituzionale multilivello. Si può parlare di dimensione storico-patrimoniale quando si assiste alla presenza di attori che mobilizzano energie sociali nella messa in valore delle risorse territoriali (Magnaghi, 2012). Il vettore patrimoniale è strettamente collegato a quello dello sviluppo locale in cui l’eredità storica - saperi, mestieri, manufatti, contesti - viene rilanciata nel presente tramite una rilettura interpretativa della tradizione che apporta delle innovazioni derivanti dalle conoscenze attuali. La complessità del progetto di territorio fondata su di una lettura patrimoniale necessita di visioni guida condivise e condensate intorno a una serie di obiettivi di valore in grado di mettere in coerenza e di costruire un quadro di senso alle diverse azioni individuate, in quanto vere opportunità per il rilancio del territorio locale (Masboungi, Mangin, 2009). In queste aree dismesse dalla loro funzione originaria, fino ad oggi in attesa di una riqualificazione urbana di carattere fisico-funzionale, c’è in gioco non soltanto la possibilità di migliorare la competitività di Bondeno e del territorio dell’alto ferrarese introducendo nuove centralità di livello sovralocale, come la possibilità di elevare la coesione sociale e la sostenibilità ambientale nell’anonima periferia residenziale e produttiva esistente. In questo quadro la proposta di nodo logistico nell’ottica del potenziamento della sua competitività, coesione sociale e sostenibilità ambientale appare come il banco di prova di nuove strategie flessibili e adattive, attraverso cui indirizzare il recupero e la riqualificazione funzionale dell’esistente, vera opportunità tra riconfigurazione morfologica ed eco-efficienza del contesto costruito.
La matrice territoriale-ambientale (Secchi, 2001) - di carattere agro-industriale ubicata a nord-ovest della provincia di Ferrara - trae origine dalle bonifiche storiche e da quelle meccaniche più moderne. E’ caratterizzata da appezzamenti coltivati molto ampi dalla tendenza alla monocoltura e dalla diffusione della sistemazione agronomica a drenaggio sotterraneo che ha sostituito in gran parte la tradizionale sistemazione “a larghe” o “alla ferrarese” che prevedeva la baulatura e una più fitta rete di scoline. Il paesaggio locale è punteggiato di case, di manufatti idraulici ed è piuttosto diffusa la infrastrutturazione tecnologica per la mobilità secondaria. Un altro tratto caratteristico di questo paesaggio (Clementi, Dematteis, Palermo, 1996) è la presenza di dossi, ovvero paleoalvei, che se non sono interessati da insediamenti urbani o infrastrutture della mobilità rappresentano un elemento peculiare da tutelare. In questo sistema ambientale sono presenti oasi naturalistiche di rilievo interprovinciale e caratteri paesaggisti eccezionali sottoposti ad iscrizione Unesco.

L’ambito oggetto di studio, il complesso dell’ex zuccherificio di Bondeno, è situato in fregio al canale Burana, importante collettore di scolo delle acque meteoriche, e alla SP 69 Virgiliana, infrastruttura interregionale di grande interesse che collega il territorio ferrarese con il territorio mantovano. Si estende per una superficie complessiva di circa 55 ha, di proprietà prevalentemente privata, con vocazione produttiva storica e consolidata legata al commercio e alla lavorazione di prodotti agricoli.
Questo ambito - dotato anche di scalo ferroviario - da quando è cessata l’attività di zuccherificio è stato al centro di vicende alterne, che però non lo hanno mai portato fuori da quella situazione di degrado e di abbandono nella quale versa da tempo. L’impianto urbanistico dell’ex zuccherificio - costruito nel 1911 fra il canale di Burana e la linea ferroviaria – nel corso del novecento ha subito alcune trasformazioni che tuttavia non ne hanno modificato l’assetto originario, sia per quanto riguarda le strutture murarie del fabbricato principale per la lavorazione degli zuccheri che per la disposizione generale degli edifici. Lo stabilimento, dismesso nel 2005 al termine dell’ultima campagna saccarifera, è stato demolito nel 2009. L’area è stata acquistata da un gruppo privato di autotrasporti, è attualmente viene utilizzata come snodo logistico per il mercato dell’auto.  Il suo declino inizia nel 2005, quando l’Unione Europea con l’introduzione della nuova organizzazione comunitaria del mercato dello zucchero ha drasticamente ridotto le quote di produzione nazionale, incentivando le società produttrici a restituire le quote eccedenti in cambio di ingenti compensazioni economiche. La nuova organizzazione comunitaria ha portato l’Italia ad una riduzione della superficie coltivata di oltre il 50% e alla riduzione degli impianti sul territorio – da 79 nel 1960 a 19 nel 2005 fino ad arrivare a 4 nel 2009 – con inevitabili ripercussioni sull’indotto della filiera saccarifera.
Quindi dopo oltre quindici anni di tentativi falliti per insediare o trasferire nuove attività produttive si manifesta l’opportunità di mettere in gioco l’area e con essa una buona parte del territorio per finalità di carattere logistico-infrastrutturale.  Il progetto di territorio ipotizzato si propone, dunque, di connettere sviluppo economico, opere infrastrutturali, risorse ambientali e paesaggio. Sul territorio che va da Ravenna a Bondeno, nell’Alto Ferrarese porta di accesso al territorio mantovano e  lombardo, si addensano tracciati viabilistici di rango provinciale e nuove proposte di trasformazione, come l’Autostrada Regionale Cispadana e l’Idrovia ferrarese. Le principali componenti di questo snodo potrebbero essere il porto di Ravenna, l’area industriale Sipro di Ostellato, lo scalo merci ferroviario di Ferrara, fino al nuovo polo per la logistica ubicato appunto nell’ex zuccherificio di Bondeno. Il progetto propone una visione dello snodo ferrarese - accesso privilegiato alle acciaierie mantovane - come piastra logistica emiliano-romagnola che individua due strategie una di carattere multimodale per lo smistamento delle merci, e l’altra di carattere paesaggistico-ambientale per la valorizzazione di un territorio che possiede qualità identitarie – come il fiume Panaro, e il cavo Napoleonico - di assoluto rilievo,  in una prospettiva di sostenibilità, innovazione e integrazione, progetti già avviati e nuovi progetti da avviare.
La prima strategia si può applicare al ruolo da attribuire alla logistica dell’alto ferrarese, mettendo a sistema progetti che stentano a trovare sinergie, a cominciare da quelli che costituiscono la piattaforma vera e propria. La seconda strategia intende rendere sostenibile il funzionamento della nuova piattaforma per le merci, trasformando gli interventi di mitigazione previsti in una opportunità per la valorizzazione del territorio e lo sviluppo delle nuove economie locali verdi. L’insieme dei progetti da avviare potrebbe portare a mobilitare risorse stimabili in oltre 20 milioni di euro.


2. Strategie del progetto locale

Un’opportunità di recupero potrebbe essere quella prevista dalla L. 205/2017 e dalla Legge Finanziaria 2018 che introducono il progetto speciale unitario e strategico, per la movimentazione delle merci in Emilia Romagna, che coinvolge 9 nodi intermodali - da Ravenna a Piacenza - 12 aree produttive, 8 province e 18 Comuni della regione.
Tale progetto, in fase di attuazione, metterà in relazione le infrastrutture viarie e ferroviarie e aree produttive commerciali con il porto di Ravenna - vero cuore pulsante della futura Zona Logistica Semplificata (ZLS) - e porterà alle imprese insediate, già presenti o nuove, una serie di facilitazioni - nazionali e regionali - come semplificazioni amministrative, incentivi economici e sgravi fiscali, con ricadute positive per lo sviluppo del tessuto imprenditoriale e l’occupazione. Le agevolazioni previste nel “pacchetto localizzativo” in corso di definizione saranno condizionate allo sviluppo o attivazioni delle relazioni con il sistema portuale di Ravenna.
La ZLS - versione “più leggera” delle già esistenti Zone Economiche Semplificate (ZES) - è caratterizzata da semplificazioni fiscali e normative per attrarre gli investimenti per un peridiodo di quattrodici anni in un’area portuale strategica, in questo caso il porto di Ravenna.
La nuova zona logistica semplificata dell’Emilia-Romagna avrà un’estensione di circa 4mila ettari e unirà il porto di Ravenna, baricentro del sistema, con i nodi intermodali regionali e le aree produttive commerciali identificate secondo criteri di collegamento economico – funzionale con il contesto portuale.
Tale hub infrastrutturale - oggi garantito dal porto commerciale dell’area di Ravenna - permetterebbe anche ad alcuni comuni della provincia di Ferrara di rientrare nel perimetro delle aree beneficiarie di questa condizione speciale, come zone retro-portuali in quanto collegate alle aree logistiche di Ravenna. 
I cardini su cui potrà basarsi lo sviluppo prossimo, sia delle suddette aree libere che anche di tutta l’area, sono identificati nei settori delle acciaierie, della chimica e dell’agricoltura sostenibile la cosiddetta “green economy”, della logistica e della manifattura, soprattutto metalmeccanica, dell’energia ed anche del turismo. Al centro di tutti questi aspetti si pone anche l’eventuale riconoscimento di zona logistica semplificata, meglio dettagliata nel prosieguo, che rappresenterebbe la reale innovazione competitiva e strumento per attrarre nuovi investimenti e per rilanciare il futuro dell’area.
In primis, il riconoscimento di zona logistica fornirebbe al territorio l’enorme possibilità di rientrare all’interno del circolo virtuoso economico della cosiddetta «Blue Economy» con cui si definisce quello scambio sinergico e di collaborazione tra i porti e gli operatori portuali degli scali marittimi dell’Adriatico meridionale e del Mediterraneo. L’intensificazione del traffico marittimo porterebbe benefici ovviamente ai settori del trasporto marittimo e della filiera agricola e del suo indotto, ma non solo: si osserverebbe anche una naturale creazione e lo sviluppo di piattaforme tecnologiche e logistiche che aumenterebbero le connessioni e l’espansione commerciale dell’area. Tale sviluppo sarebbe favorito anche dalla riconversione degli spazi in disuso o liberi sia nelle aree della città di Ferrara che in quelle retrostanti di Bondeno, che potrebbero fungere da zone di retro porto o come aree in grado di cogliere le nuove richieste di sviluppo e dotazioni in prossimità di infrastrutture e collegamenti in risposta alla crescita del commercio on line. Imprese ed iniziative legate al settore della Green Economy troverebbero condizioni favorevoli per un loro sviluppo, grazie alla presenza di competenze oggi già maturate nell’ambito delle bonifiche, della chimica verde e anche alla presenza di incubatori specializzati in tale industria.
Le caratteristiche produttive, unitamente all’intermodalità con la quale si va caratterizzando in modo crescente - coniugando ferro, gomma e vie d’acqua - un sistema territoriale infrastrutturale geograficamente in dialogo con quelli portuali lagunari di Venezia e Chioggia, da un lato, e con quello fluvio-marittimo di Ravenna, dall’altro, rappresentano i punti di forza e, come tali, si ritiene debbano trovare spazio adeguato nel Piano Territoriale di Area Vasta, in corso di redazione e nel Piano Regionale delle Infrastrutture e dei Trasporti (PRIT) della Regione Emilia Romagna.
Perciò solo con l’individuazione dei nodi produttivi e logistici a forte prospettiva intermodale e sostenibile il territorio ferrarese potrà far parte di un sistema territoriale inclusivo e interconnesso, verso un’idea di sviluppo che sappia tenere insieme produzione, rete infrastrutturale, logistica e sostenibilità.
Il territorio di Bondeno ha dalla sua parte la posizione su una delle direttrici infrastrutturali più importanti che collegano il porto di Ravenna alle acciaierie della provincia di Mantova, e l’ambito strategico dismesso Ex Eridania appunto potrebbe diventare il volano per il rilancio economico e finanziario di una città e di un territorio, che negli ultimi anni sono rimasti ai margini della scena industriale. Si tratta di un possibile progetto urbano capace di rigenerare una parte di città dismessa e interclusa, con ricadute occupazionali e abitative attese ormai da molto tempo. La città guarda alla sua ferrovia e punta su due scali merci, uno pubblico e uno privato, che ha sul territorio per aprire alle opportunità previste dalla Regione per le aree industriali che si affacciano sui collegamenti con il porto di Ravenna.
Il polo logistico, inoltre, nel mettere in relazione diverse infrastrutture viarie, candiderebbe la provincia di Ferrara come ‘naturale’ chiave di volta nel potenziamento di infrastrutture già esistenti, come l’idrovia, e di quelle in divenire, come  strade, rotaia, acqua o fibra, attraverso le aree economiche di collegamento con il contesto portuale ravennate. La spinta propulsiva di questo progetto porterebbe ricadute significative in termini di competitività per l’intera provincia e il  suo tessuto economico.
E’ evidente che questa opportunità potrà/dovrà essere giocata con accordi negoziali sia da soggetti pubblici che privati: il piano di sviluppo strategico per l’istituzione della zona logistica semplificata dovrà presentare le caratteristiche funzionali, economiche e urbanistiche adeguate per rientrare nel perimetro di interesse del progetto.


3. Nuovi modelli di sviluppo

L’emergere di nuove centralità urbane è questione, prima che urbanistico-architettonica, profondamente politica e sociale, dove per politica si intende scelta e per sociale si intende comunità. Nel corso dei secoli il concetto di centralità è mutato assumendo via via forme e significati diversi. E’ di estrema importanza indagare su che cosa può determinare la trasformazione di un’area urbana in luogo di centralità urbana, quali sono gli elementi che possono mettere in moto quella forza magnetica che conferisce ad un luogo una posizione significativa nella geografia gravitazionale che assumerà la città nel corso della sua trasformazione. Bisogna ripensare il destino di parti di città che meritano una politica più adeguata per la dotazione di strutture e servizi, è necessario riordinare una gerarchia, considerare i pesi urbanistici nella città, ricostituire un’armonia nel tessuto urbano contemporaneo privilegiando alcuni luoghi forti per riconoscibilità, destinazione, implicazione simbolica, livello di fruizione, sia all’interno della città storica che nelle aree extraurbane, tenendo conto che nello scenario della città contemporanea non saranno più gli utenti a convergere presso il centro che eroga il servizio, ma sarà il polo funzionale a diffondere il servizio sul territorio e a renderlo fruibile dalla totalità dei richiedenti.
Il tema dell’ex-zuccherificio di Bondeno può insomma essere utilmente affrontato inizialmente con un progetto di territorio di carattere provinciale per l’area vasta che rimandi successivamente ad uno specifico progetto urbano per il recupero del sistema locale in grado di dare un comune orizzonte di senso ad una città dispersa, frammentata ed eterogenea. In questa prospettiva dovrebbe comporre situazioni ed utilizzare materiali nei quali si rappresenta una nuova estetica urbana; costruisce ritmi spazio-temporali e sequenze nelle quali diventa possibile riconoscere le pratiche sociali odierne. L’insistenza con la quale il progetto urbano si è interessato in questi decenni alla permanenza dei segni del passato nella città e nel territorio contemporaneo non deve essere attribuita necessariamente a motivazioni archeologiche quanto piuttosto alla ricerca del ritmo proprio di ciascun territorio, delle sue specificità e dei suoi caratteri evolutivi.
Negli ultimi vent’anni, evadendo la complessità dei nuovi temi e delle nuove sfide, è spesso risultato più semplice riproporre modelli di trasformazione del sistema insediativo ad alto consumo di suolo urbanizzato, alimentando un circuito che ha portato spesso a situazioni di conflitto, crisi e degrado. Oggi, finalmente, è ormai acquisita la consapevolezza che quel modello non è più sostenibile, sul piano urbanistico-ambientale come su quello sociale-economico. La situazione urbana è oggi alle prese con i profondi mutamenti della contemporaneità, focalizzandosi completamente sul ruolo del territorio esistente e presuppone un radicale cambiamento di prospettiva nell’attività di pianificazione. Il futuro Piano Urbanistico Comunale (PUG) ha l’obbligo di dedicare tutte le proprie attenzioni, scelte e strumenti al sistema insediativo esistente, alla struttura demografica e sociale in rapida evoluzione, alla morfologia e all’ambiente della città costruita, e al vasto e complesso ambito delle porzioni di territorio “compromessi” dall’urbanizzazione, da ripensare e ridisegnare integralmente. I nuovi caratteri e requisiti diventano così quelli della resilienza, cioè della capacità di adattamento dell’organismo urbano alle sfide ambientali e sociali e di reazione positiva anche alle emergenze traumatiche; dello studio del metabolismo urbano, finalizzato a creare o rafforzare circuiti virtuosi nell’impiego delle risorse e nella crescita del benessere seguendo le politiche innovatrici proprie dell’economia circolare; della trasformabilità dei tessuti urbani, per renderli partecipi di un nuovo disegno in cui la dimensione sociale degli spazi pubblici e privati rappresenti la linea- guida per generare una condizione di qualità della vita e di sostenibilità delle scelte.
Una zona produttiva dismessa è un tipo di spazio intercluso attorno alla quale la città si è sviluppata di solito attraverso by-pass, non potendo attraversare quelle aree impermeabili al flusso dei traffici e delle relazioni urbane. Nel momento in cui le funzioni iniziali vengono meno e si può finalmente risarcire il tessuto urbano circostante, non ci si può limitare a recuperare quelle aree ad altre funzioni, per esempio residenziali o miste, mantenendo il recinto, attestandosi sul perimetro originario e ignorando il contesto. E’ indispensabile invece che, cambiando destinazione d’uso al comparto, si riconnetta la trama della nuova urbanizzazione con i tracciati ordinatori dell’ambito urbano circostante. In ogni caso - perché si possa realmente parlare di rigenerazione delle aree degradate - occorre farsi carico delle carenze del contesto in una visione integrata delle politiche urbane che si ponga seriamente l’obiettivo di una crescita complessiva della qualità dell’ambiente, della mobilità della logistica urbana a cominciare da semplici azioni di miglioramento dei servizi al cittadino e di sicurezza degli spazi pubblici. Perciò è necessario ripensare le politiche mirate alla rigenerazione non più o non solo come azioni episodiche che si limitano a sanare una situazione circoscritta, ma come scelte strategiche che guidino i processi di continua trasformazione della città verso gli obiettivi di accrescimento complessivo di riqualificazione urbana. 
In questo periodo - alla luce del quadro legislativo regionale innovato dalla L.R. 24/17 e dalla L.205/2017 - è opportuno valutare e individuare le buone pratiche di trasformazione del territorio utili a delineare e diffondere una forma evoluta di intervento pubblico nelle aree urbane, e possa cogliere le opportunità offerte dalla partnership con l’imprenditoria privata per tradursi in un nuovo modello di sviluppo locale mirato alla qualità urbana, alla sostenibilità ambientale e alla coesione sociale. Usare gli spazi di frangia e i vuoti interclusi per ridisegnare l’assetto delle infrastrutture e dello spazio pubblico, ma soprattutto demolire e ricostruire per comparti, possibilmente significativi come nel caso di Bondeno, anche all’interno della città consolidata, per riqualificarla nel suo assieme. Densificando in modo ragionevole e soprattutto sostituendo interi isolati di edilizia anonima ed inefficiente con progetti urbani che ripartano dal progetto di suolo per introdurre nuove sistemazioni edilizie ambientalmente sostenibili e socialmente coese (Ricci, 2015), garantendo una gestione integrata coerente e consapevole.
Il progetto per la città contemporanea - oggi più che mai - è orientato quindi alle tematiche dell’innovazione: stanno, infatti, mutando le condizioni di contesto (Clementi, 2016), ci si trova costretti a riformulare anche i quadri conoscitivi più consolidati, alla ricerca di nuove visioni capaci di svelare gli sviluppi possibili dei mutamenti in atto e di indirizzare con maggiore consapevolezza le strategie del progetto. Il progetto deve allora farsi portatore di un’idea di futuro che possa contribuire attivamente al mutamento dei quadri conoscitivi, plasmando nuove consapevolezze e offrendo anche nuove opportunità per lo sviluppo del territorio ferrarese. Gli scenari del mutamento del resto sono aperti al cambiamento e necessitano di essere investiti da spazi di nuove economie, come i parchi tecnologici per i servizi avanzati alle attività produttive e come le tecnopoli, veri e propri poli funzionali per lo sviluppo della città e del territorio. Il nuovo piano urbanistico generale (PUG) di Bondeno potrebbe essere la sede più opportuna per allestire il progetto “logistico” speciale, ed insieme il perimetro per contenere le proposte specifiche di partenariato pubblico-privato (ex art. 18), promosse da promotori e proponenti strutturati e solidi, al fine di attivare le risorse previste dai fondi strutturali, all’interno della Programmazione Operativa Regionale (POR/FESR).
Avranno successo quelle aree geografiche che saranno in grado di realizzare reti di collaborazione tra governo locale, imprenditori, rappresentanza del mondo del lavoro, dell’alta formazione, della ricerca e gruppi di cittadini per sviluppare analisi in profondità delle proprie economie, per proporre strategie di sviluppo e per sperimentare prodotti tecnologici per supportare il processo di cambiamento.




Riferimenti bibliografici

Clementi A. (2016), “Forme imminenti. Città e innovazione urbana”, List Lab, Trento;
Ricci M. (2015), Riciclo come destino. Learning from Detroit, in Clementi A., Pozzi C.,
“Progettare per il future della città”, Quodlibet, Macerata;
Magnaghi A. (2012), Il territorio bene comune, Firenze University Press, Firenze;
Masboungi A., Mangin D. (2009) Agir sur le grand territoir, Le Moniteur, Paris;
Secchi B. (2001), Tracce di città: nuovi scenari per la città europea, in “Tracce di città:
esplorazioni di un territorio abitato: l’area veneta” in Munarin S., Tosi M.C., F.Angeli, Milano;
Clementi A., Dematteis A., Palermo P.C. a cura di (1996), “Le forme del territorio italiano”,
Laterza, Roma-Bari.

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