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LUBIANA, LA CITTA’ E IL FIUME.
Domenico Potenza PDF




Lubiana, come tanti centri storici d’Europa, è una di quelle città fortemente segnate dalla presenza dell’acqua; il rapporto con il suo fiume, la Ljubljanica, è molto antico, risale all’epoca preromana ed ancora forte per tutto il medioevo, quando le acque venivano utilizzate per il commercio, fino ad arrivare alle soglie del XIX secolo. Con la costruzione della ferrovia, il fiume perde la sua originaria importanza, trasformandosi, a poco a poco, in un luogo di piacere. Un momento di grandi trasformazioni per la città fu la ricostruzione dopo il terremoto del 1895, sostenuta soprattutto dall’aiuto della Vienna Reale, che contribuì alla realizzazione dei nuovi edifici, proprio lungo gli argini della Ljubljanica. Ma la storia del fiume e del suo rapporto intimo con la città, a partire dagli anni venti del novecento, è tutta da ascrivere al lavoro continuo e paziente del suo grande architetto Jože Plečnik, capace di andare ben oltre la sistemazione dei suoi argini, con la realizzazione di nuovi ponti e nuovi affacci sulle sue rive che restituirono definitivamente il fiume alla città, trasformandolo nel principale spazio pubblico urbano.
Grande importanza assume nel lavoro di Plečnik, il disegno della città in ragione del fiume che l’attraversa, ed in particolare l’occasione che egli coglie nel trasformare l’elemento naturale in una sorta di nuova infrastruttura urbana. Uno spazio pubblico lineare, che attraversa tutto l’abitato, dalla Špica (area archeologica all’altezza della biforcazione della Ljubljanica) fino alle chiuse di Poljane, oltre il nucleo abitato più antico. Questa trasformazione è una delle principali sequenze messe in scena dal grande maestro sloveno. Il fiume, da elemento di separazione e fastidioso problema, diventa una sorta di infrastruttura urbana sulla quale affacciano i principali edifici pubblici della città, così come accade per il Canal Grande a Venezia.
Lungo il fiume Plečnik mette in atto un vero e proprio lavoro sartoriale di ricucitura urbana, attraverso elementi di rimando da una sponda all’altra, collegate da alcune delle opere infrastrutturali più belle della città quali: il ponte dei Calzolai (1933) pensato come una vera e propria piazza in affaccio sull’acqua; e i Tre ponti (1929-1932) con le due ali pedonali che affiancano l’originaria campata centrale in pietra. In questa sistemazione, egli si spinge oltre, fino alla monumentalizzazione degli argini, realizzando il lungo tratto del mercato coperto affacciato sul fiume (1940-1944), interrotto da due logge ornate di colonne ed attraversato dal solenne ponte dei Macellai, un ponte coperto che non sarà mai realizzato1. La sistemazione monumentale della Ljubljanica si conclude al ponte dei Draghi; dopo il quale riprendono i viali alberati che accompagnano il fiume fino al suo arco di trionfo come lo chiama Peter Krečič «[...] non vi è altro modo per definire la composizione monumentale delle tre torri con congiungimenti trasversali che nascondono la meccanica dell’impianto delle chiuse (Zapornice) [...] è l’ultimo accordo, un saluto alla Ljubljanica che lascia la città»2.
Il grande lavoro di Plečnik, tuttavia, non riesce a trovare compimento e nella sua lunga carriera di progettista restano più numerosi i progetti delle realizzazioni; ciò si deve anche alla sua grande generosità nel produrre aggiornamenti e variazioni dei progetti nei quali si misurava con i temi della riqualificazione degli spazi urbani. Rimane comunque intatto il segno forte di rinnovamento che la città riceve nei trent’anni che vanno dal suo ritorno a Lubiana fino agli ultimi giorni della sua vita. La sua opera segnerà per sempre questa città, con una produzione singolare e ricca di edifici, piazze, canali, argini e parchi lungo il fiume, riconoscendo proprio alla Ljubljanica un ruolo centrale di infrastruttura urbana e di spazio pubblico allungato tra i palazzi del centro antico, arricchita da una singolare forma di monumentalismo colto ed accogliente.
Purtroppo, negli ultimi anni del XX secolo, dopo la dichiarazione di indipendenza (1991) e l’apertura della Slovenia al resto d’Europa (2004), la città registra una sensibile disgregazione dei suoi spazi pubblici urbani. Il fiume perde progressivamente lo spirito aulico che le realizzazioni del maestro gli avevano conferito, fino alla interruzione di quel ruolo di protagonista della scena urbana; rimanendo soggiogato al traffico veicolare che riduce gli spazi affacciati sulle rive a luoghi per parcheggi indiscriminati.
A partire dal 2007, il Comune di Lubiana avvia un progetto ambizioso, con il coinvolgimento di imprese, banche ed istituzioni pubbliche, per restituire al centro della città il suo ruolo di grande catalizzatore del fascino e dell’economia cittadina. Un investimento cospicuo; la costruzione di un programma articolato di interventi che coinvolge molti giovani studi professionali della città. Sono oltre quaranta i concorsi pubblici avviati per la realizzazione dei progetti, in massima parte legati all’infrastruttura urbana della Ljubljanica, dal centro alle aree più periferiche della città. All’interno di questo sistema il fiume torna, a poco a poco, a riconquistare un ruolo guida, soprattutto attraverso la rivisitazione di molte delle originarie idee lasciate sulla carta da Plečnik. L’obiettivo principale è quello di arginare lo svuotamento del centro storico, potenziando la qualità attrattiva dei suoi spazi e migliorando la qualità dell’aria con l’allontanamento del traffico veicolare. Una strategia che, progressivamente, restituisce il suolo pubblico utile alle relazioni quotidiane ed alle attività dei residenti e, nello stesso momento, attrae turisti e visitatori per ammirare la bellezza della storia e dei monumenti della città.
Oltre due chilometri di percorso affacciato sul fiume sono interessati dal progetto di rinnovamento: dall’intersezione con il canale Gruber fino agli alti portali della Chiusa. Un progetto che avvia una nuova sequenza urbana; con la realizzazione di un nuovo ponte pedonale (2010) sulla punta meridionale dell’isola, per collegare i Giardini Botanici (la più antica istituzione scientifica della città) con il nuovo parco della Špica; un ampio spazio verde attrezzato che scende con terrazze a quote diverse fino a riversarsi nelle acque della Ljubljanica. Da questo punto gli argini a destra e sinistra del fiume vengono riqualificati e restituiti alla loro natura originaria, con la sistemazione di passeggiate ed aree di sosta illuminate ed attrezzate per essere vissute in tutte le ore della giornata.
A mano a mano che ci si avvicina al centro gli argini assumono un carattere più urbano, sia per l’altezza, sia per l’incombenza dei palazzi immediatamente a ridosso delle rive. Il programma prosegue con la ristrutturazione del vecchio ponte Hradecki (2011) e la riqualificazione delle sponde Krakovo e Breg (entrambe nel 2010) sulla riva sinistra del fiume. In particolare la sistemazione delle gradonate di Breg si allunga fino alla piazza Nova, una delle piazze più antiche della città, completata da poco proprio a partire da un progetto di Plečnik3. Poco più avanti, seguendo il flusso dell’acqua e sempre lungo la riva sinistra del fiume, è stato risistemato anche l’argine Hribarjevo e la piazza Dvorni; sulla sponda opposta invece, in asse con il terrapieno Cankarjevo dove si affaccia la via Ključavničarska, è stato ripristinato il percorso di risalita che porta fino al castello. Superato il triplo ponte, centro città per eccellenza, ancora sulla riva sinistra del fiume, all’altezza di Petrovškovo, un piccolo padiglione gradonato e sospeso sull’acqua offre l’occasione di una vista privilegiata del castello. Poche centinaia di metri più avanti possiamo ammirare, nella interpretazione raffinata che ne fa l’architetto Jurij Kobe, la realizzazione del nuovo ponte dei Macellai; quello che lo stesso Plečnik aveva disegnato per il collegamento con la Stoà del mercato4. Gli interventi sul fiume si chiudono quasi 500 metri più a valle, prima dell’arrivo alle chiuse, con l’inserto del nuovo ponte del Grano (2010) che si sporge sull’acqua con un piccolo molo attrezzato da collegamenti galleggianti.
Oggi tutte le sponde del fiume sono pedonalmente accessibili, sia nella loro percorrenza lungo le rive sia nelle intersezioni con il tessuto urbano adiacente. Uno spazio pubblico unitario, come lo aveva immaginato Plečnik, realizzato a partire da specifici progetti singoli, che riconsegnano al centro storico della città, quel potere di attrazione indispensabile per contrastare gli effetti di svuotamento e degrado. Si definisce e in parte si completa il grande progetto della città che l’architetto aveva sostenuto sin dal suo ritorno a Lubiana nel 1920; quella che all’inizio era solo una visionaria prefigurazione di un’idea ambiziosa, diventa ora una concreta realtà.
Al progetto di riqualificazione delle sponde sulla Ljubljanica viene conferito nel 2011 il Premio del Consiglio Europeo degli Urbanisti e nel 2012 il Premio Europeo per gli spazi pubblici urbani. L’intervento, oltre ad estendere la già vasta area pedonale del centro fino al fiume, ha restituito all’area ulteriore valore aggiunto attraverso l’inserimento di catalizzatori sociali e culturali quali, la Libreria sotto gli alberi e il sito archeologico della Špica. Il recupero dei nuovi spazi pubblici del centro ed il confort urbano aumentato, attraggono nuovamente i residenti, ma anche nuovi visitatori (e nuovi investitori). La rete di strade, parchi e piazze si intreccia con la mobilità ciclopedonale che favorisce l’utilizzazione di tutti gli spazi della città; la stessa sistemazione del lungo fiume dilata la dimensione degli spazi pubblici esistenti, avvicinando sempre di più la città all’acqua.
Il successo avviato con gli interventi di riqualificazione sulla Ljubljanica rimane solo un episodio di un programma più ambizioso della municipalità, che immagina per la città un futuro ben oltre gli spazi pubblici del centro storico, ponendo l’attenzione sulla riqualificazione delle nuove espansioni periferiche. Nuovi obbiettivi di sviluppo si sperimentano per il futuro dell’intera regione, in cui la città assume un ruolo centrale, in una visione sostenibile estesa alla Lubiana 2025, per la quale gli viene riconosciuto il Premio Max Fabiani 2013 (per la Pianificazione Territoriale ed Urbanistica) e soprattutto, il prestigioso Premio per la Capitale Verde d’Europa nel 2016. Siamo di fronte ad un’esperienza singolare, tra le migliori attuate in Europa in termini di pianificazione, programmazione e costruzione di un sistema urbano, al quale si riconosce evidente organicità e interesse dei singoli accadimenti spaziali ed architettonici.
Non c’è progetto per Lubiana che non sia concepito e non abbia coerenza alla scala urbana; qui l’urbanistica non viene ridotta alla sola organizzazione del sistema stradale, alla individuazione delle aree edificabili e alle funzioni a cui sono destinati spazi e cubature. La convinzione è che non siano sufficienti soluzioni meramente funzionali per rispondere ai problemi urbani, perché la costruzione dell’atmosfera entra a pieno titolo tra gli obiettivi progettuali, e in questa direzione il rapporto con la tradizione è fondante: si fa occasione, senza falsificazioni, di riallacciare i fili della continuità, anticipando soluzioni e dimostrando che la contemporaneità può ancora nutrirsi della storia.
Credo sia in questo processo che vada inserita l’attualità della lezione di Plečnik ed in particolare la sua eredità, quella fondamentalmente legata alla visione dalla strada, alla profonda conoscenza della storia e delle sue modificazioni ed alla importanza di riconsegnare la città a chi la vive. Un’eredità che restituisce alla architettura un ruolo fondativo, quello di costruire lo spazio pubblico urbano, fare città, come idea complessiva di un piano che è realizzato dalla messa in forma di progetti «[...] è la città ad imporre le sue regole, a plasmare gli spazi, ad aprire i cortili per trasformarli in piazze, a determinare quella ricchezza densa di memorie provocate dall’architettura e dalla decorazione che risolve con un nuovo monumento il centro urbano. Filamenti infrastrutturali, grandi frammenti urbani, edifici come città, dialogano tra gli isolati di Lubiana, e come le maglie e i nodi di una rete spezzata si stendono tra le sue fessure e i grandi vuoti costruendone il mito»5.




Note


1. Una scansione di spazi introdotta da un lungo vestibolo che include il mercato porticato sul lato della strada e le due logge ornate da colonne, che avrebbero anticipato il ponte dei Macellai. Scrive in proposito Damjan Prelovšek in Note sulla costruzione del lungofiume. Dalla sistemazione austriaca agli interventi di Plečnik, in Identità urbana e infrastrutture tecniche, «Lotus» n. 59, Electa, Milano 1988 «Da un punto di vista formale in questo progetto si può rileggere di tutto: il rinascimento fiorentino, i portici del Palladio e il suo progetto per il ponte di Rialto, i portali delle botteghe di Ostia antica e il colonnato del Bernini antistante la chiesa di San Pietro a Roma».

2. Peter Krečič, L’immagine della Lubiana di Plečnik, in G. Malacarne e P. Rosso (a cura di) Jože Plečnik. Lo spazio urbano a Lubiana, catalogo della omonima mostra allestita presso la Pinacoteca “Alberto Martini” del Comune di Oderzo, edito dalla Pinacoteca “Alberto Martini”, Oderzo 1996  

3. Questi progetti sono frutto del lavoro di Vesna e Matej Vozlig che hanno dato un contributo di rilievo, alla riqualificazione del lungofiume nella parte centrale della città. Un lavoro a più tappe, iniziato già nel lontano 1991, che li ha visti misurarsi con l’impianto urbano lasciato dal grande Maestro, con il quale si sono dovuti confrontare, rispettandone l’impostazione e l’interpretazione classica ma, allo stesso tempo, con la necessità di traghettare oltre le sue idee.

4. Questo progetto, realizzato a seguito di un esito concorsuale, completa l’apertura del mercato progettato da Plečnik, laddove lui stesso aveva immaginato un ponte monumentale coperto. Il progetto di Jurij Kobe prevede una struttura delicata e sottile (realizzata in acciaio e vetro) per lasciare libera la visuale tra il Triplo ponte ed il ponte dei Draghi ed attrezzare lo spazio sottostante, per collegarlo ai servizi dell’area del mercato, sistemati al livello dello scorrimento dell’acqua. Anche qui alcune alberature segnano il collegamento tra i due livelli del ponte (così come lo stesso Plečnik aveva fatto per il Triplo ponte), a completamento dell’opera tutto lo spazio accoglie sculture dell’artista Jacov Brdar.

5. Alberto Ferlenga, Jože Plečnik archeologo del tempo, in Alberto Ferlenga e Sergio Polano, Jože Plečnik progetti e città, Electa, Milano 1990.




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