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Passato e futuro nella nuova stazione Casa-Voyageurs di Casablanca
Maria Pone
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Abstract:

Nel novembre del 2018 re Mohammed VI inaugura la tratta della linea alta velocità che collega Tangeri e Casablanca. All’interno del più ampio programma di sviluppo delle ferrovie marocchine si inserisce il progetto per la nuova stazione di Casablanca “Casa-Voyageurs” ideato dallo studio romano ABDR in collaborazione con Yassir Kahlil Studio, Favero&Milan Ingegnerie e ITALFERR. I progettisti definiscono la nuova stazione un “riparo sovrano” capace si essere “rifugio per viaggiatori, abitanti, passanti”. Il grande edificio ponte che scavalca il corposo fascio di binari, oltre a contenere le diverse e articolate funzioni richieste dal bando (servizi, aree commerciali, spazi pubblici), riconnette due aree urbane storicamente separate e molto eterogenee e si inserisce nella “biografia urbana” della città, proponendo elementi profondamente innovativi ma ponendosi, per molti versi, in continuità con la sua tradizione e la sua storia.  

 

 

La nuova stazione ferroviaria di Casablanca nell’ambito del progetto delle ferrovie marocchine

Nous caressons également le rêve de construire une ligne ferroviaire de Tanger à Lagouira, pour relier le Maroc au reste de l’Afrique”. Sul sito dell’ONCF (Office National des Chemins de Fer), le parole pronunciate dal re Mohammed VI nell’aprile 2015 sono messe in esergo del Plan Rail Maroc 2040 (PRM), uno schema direttore di lungo termine, fondato su un orizzonte di sviluppo al 2040 della rete ferroviaria marocchina nelle sue diverse componenti. Un piano che punta a servire 43 città invece delle 23 attuali, 12 porti invece di 6, 15 aeroporti invece di 1 e soprattutto l’87% della popolazione invece del 51% di oggi. Uno degli assi fondamentali di questo piano riguarda l’Alta Velocità e in particolare il progetto di costruzione di una linea di collegamento tra Tangeri e Casablanca: un progetto che costituisce la prima tappa della messa in opera dello schema direttore che punta alla realizzazione di una rete di 1500 km, composta da un asse atlantico (Tangeri-Casablanca-Agadir) e da un asse maghrebino (Casablanca-Rabat-Fès-Ouida).
Casablanca, tradizionalmente e affettuosamente chiamata “Casa” - la città più popolosa del Maghreb, il secondo porto marocchino (dopo Tangeri) e il polo economico più significativo del paese - è all’incrocio di questi assi: il “triangolo di Casa” (viene chiamato così per la forma del tracciato, legato alla presenza di tre stazioni ferroviarie: Casa Voyageurs, Casa Port, Ain Sebaa, oltre alla stazione merci di Roches Noires) è già oggi il nodo più affaticato del traffico ferroviario marocchino, “uno scambiatore che innerva praticamente tutta la rete nazionale, sia viaggiatori che merci”, come recita ancora il sito ONCF: vi transitano ogni giorno 300 treni (il 92% dei viaggiatori, circa 90.000 e il 62% delle merci, circa 75.000 tonnellate). Il progetto Alta Velocità lo porterebbe al tracollo se non prevedesse invece un imponente investimento economico finalizzato alla realizzazione di una ingente mole di opere destinate al suo alleggerimento e al suo migliore funzionamento in termini trasportistici e logistici. L’avvio della realizzazione del piano dell’ONCF ha fatto sì che, dal novembre del 2018, il collegamento tra Casablanca e un altro dei più importanti centri economici del paese, Tangeri, sia percorribile in 1h20 (a fronte delle 3h45 necessarie prima dell’apertura della nuova tratta).
La strategia di sviluppo complessiva investe anche l’“idea di stazione” nelle città toccate dalla LGV (Ligne Grande Vitesse): oltre a implementare le connessioni tra le diverse parti del paese, riducendo le distanze e favorendo le relazioni commerciali, sociali ed economiche, il piano punta anche a realizzare una serie di nuovi “poli urbani” che diventano occasione di riqualificazione e di sviluppo in contesti cittadini spesso problematici ma con grandi potenzialità di rilancio. “Conscient des enjeux urbains et de développement de ses sites ferroviaires, l’ONCF veut, à travers la mise en service de la LGV et en l’accompagnant de nouvelles gares ferroviaires, donner un nouveau souffle au quartier de la gare à travers le développement d’un programme d’aménagement urbain intégré visant à pallier l’enclavement du site de la gare et de son environnement immédiat. Ce qui permettra d’initier une nouvelle dynamique urbaine et une nouvelle mutation morpho-fonctionnelle et sociale du quartier1. Così recitava il bando del concorso promosso dall’ONCF nel 2012 per la realizzazione delle stazioni LGV di Tangeri, Kenitra, Meknès e Casa-Voyageurs; e in questo quadro si inserisce il progetto vincitore del concorso per la nuova stazione di Casablanca, messo a punto dallo studio romano ABDR in collaborazione con Yassir Kahlil Studio, Favero&Milan Ingegnerie e ITALFERR. Il bando chiedeva esplicitamente che i progetti puntassero alla integrazione di due “luoghi”, legati a due diverse “culture”, quella del trasporto e quella dell’“aménagement urbain”; li definiva, forse per comodità, “gare” e “centre multiservice”; chiedeva la realizzazione di un “polo di scambio denso e sostenibile” intorno alla stazione, segnato da una mixité funzionale e sociale e da un elevato standard di confort termico e acustico; chiedeva che le esigenze di sicurezza fossero integrate con la possibilità di forme di “convivialité choisi”: un “posto da vivere dove si ha il piacere di sostare”, un’oasi di tranquillità (tra le figure di riferimento nel bando comparivano non solo la stazione di Atocha ma anche i Jardins Majorelle di Marrakesh); ma chiedeva anche una “identità architettonica forte” capace di “rafforzare l’immagine di modernità dell’ONCF” conseguente all’arrivo dell’Alta Velocità, di rappresentare in ambito nazionale e internazionale il ruolo progressivo e “sostenibile” delle ferrovie marocchine, e con esse del Regno che ha deciso di investire sul loro sviluppo per il futuro del Paese, e soprattutto di fare dell’ONCF un “partner di riferimento” dei viaggiatori e degli abitanti, capace di rispondere non solo ai loro bisogni di servizi ferroviari e commerciali ma anche ai loro desideri di cultura e di qualità della vita e del tempo libero.
La nuova stazione Casa Voyageurs è stata realizzata tra il 2016 e il 2018 e, oltre alle 3 linee per l’alta velocità (due di testa e una passante), contiene 6 binari destinati ai treni nazionali e 4 per il trasporto cargo. Ma non solo: la stazione ospita una serie di servizi e di spazi commerciali, una zona museale (allestita all’interno del vecchio edificio della stazione), giardini, parcheggi, uffici; è insomma un nuovo “polo urbano” che si propone di potenziare il pezzo di città su cui insiste, di ricostruire connessioni mancanti, di aprire nuove linee di sviluppo e nuove possibilità di uso di questo rinnovato e complesso spazio urbano (Fig 1).


Casablanca e le prime ferrovie del Marocco

Nel 1912, il generale di divisione Louis Hubert Gonzalve Lyautey – nato a Nancy, classe 1854, educato nel Collège militaire de Saint-Cyr, di stanza prima in Indocina e poi in Madagascar, commissario di governo per la zona marocchina di Oujda occupata dai francesi nel 1907 - fu nominato Résident général delprotettorato francese del Marocco. Tornerà in patria per un anno tra il 1916 e il 1917 per assumere la carica di Ministro della Guerra francese e, definitivamente nel 1925, spodestato da Pétain. Un personaggio controverso che segnerà in modo indelebile la storia urbana di alcune città del Marocco. Tra i suoi primi atti compare, nel 1913, la richiesta rivolta al paesaggista Jean Claude Nicolas Forestier, uno dei migliori allievi di Auguste Perret, di studiare “les espaces libres e les jardins à créer” di Casablanca. Forestier consiglia al generale di rivolgersi a Henri Prost, un altro architetto della cerchia di Perret, e il generale lo chiama ad assumere il ruolo di “directeur du service d’Architecture et des Plans de la Ville”, una struttura amministrativa innovativa ancora sconosciuta in Francia2.
Prost progetta l’espansione urbana di Rabat, Fez, Meknes, Marrakesh e disegna il piano che accompagnerà lo sviluppo vertiginoso di Casablanca (che da piccolo centro di 20.000 abitanti raccolto nella originaria medina si espande con logica concentrica intorno alla città antica e sulla costa) segnato, via via che si estende nell’entroterra con ampie maglie, dalla tradizionale suddivisione “geografica” che vede a ovest lo sviluppo della città residenziale e ad est la costruzione dei quartieri industriali (Fig. 2).

È nella zona a oriente della città che viene impiantata la stazione Casa-Voyageurs, la seconda costruita a Casablanca dopo quella realizzata a servizio del porto già nel 1907. Le due stazioni sono connesse da un ampio boulevard intitolato a Mohammed V (Prost negli anni ‘10 progettava le strade tenendo già conto delle automobili), che disegna una spezzata interrotta da piazze regolari. Il piano di Prost (fig 3) resterà in vigore fino alla fine degli anni ’40 accompagnando la rapida urbanizzazione della città che nel 1950 conterà 650.000 abitanti.

Oggi Casablanca ne conta più di 4.000.000. E la stazione Casa-Voyageur si trova in una posizione “centrale” nella “grande Casablanca”: il consistente fascio di binari che la innerva è stato, come sempre nelle città, un fortissimo elemento di separazione che ha accompagnato la progressiva divaricazione dei due “fronti” che vi si affacciano. Quello a nord, parte della città residenziale e commerciale, seppure distante dai poli più significativi della vita urbana di Casablanca, e quello a sud, segnato da un destino industriale altalenante e da una massiccia produzione di forme “informali” di habitat residenziale che negli anni Cinquanta sono state anche oggetto di significative sperimentazioni architettoniche3. D’altra parte, mentre la zona a nord vive qualche crisi (connessa prevalentemente allo spostamento del mercato centrale che ne costituiva uno dei fulcri), quella a sud invece è oggetto di grande attenzione e presenta già una serie di esperimenti di recupero del patrimonio industriale attraverso l’attivazione di realtà culturali e sociali di vario genere.
Il progetto della nuova stazione costruisce letteralmente un “ponte” tra queste due realtà così radicalmente diverse e storicamente separate. Questo, insieme al nuovo piano per la mobilità pubblica di Casablanca (con la recente apertura della linea tramviaria che attraversa la città da est a ovest e la programmata linea metropolitana RER) rappresenta una grande possibilità per il rilancio di questo complesso e articolato frammento di città che include parti urbane così profondamente eterogenee.
 

Casa Voyageur: un nuovo capitolo della “biografia urbana” di Casablanca

Il progetto per la nuova stazione Casa-Voyageurs risponde alle richieste formulate dal bando in modo articolato e complesso, senza eluderne alcuna e, anzi, aggiungendo qualcosa.
È un progetto dalla “forte identità architettonica” che si propone come un nuovo landmark urbano attraverso la chiarezza della sua dimensione e della sua posizione, ma che al tempo stesso riesce a costruire relazioni multiple con la città che lo ospita, e non solo sul piano fisico ma anche rispetto alla “biografia” di Casablanca.
 

Il grande edificio-ponte costruisce con la vecchia stazione una relazione di perpendicolarità e scavalca il grande fascio di binari risolvendo, con l’articolazione della sua sezione, la differenza di quota di circa 4,50 metri tra l’area a nord e quella a sud dei binari. Il grande monolite orizzontale, che nella stazione Tiburtina di ABDR era coperto da un tetto metallico costituito da una struttura reticolare estradossata, qui invece accetta di essere “velato” da una copertura traforata, che al tempo stesso si libra rispetto al corpo della galleria (le vetrate che lo cingono non la toccano), si protende a coprire l’atrio nord con uno sbalzo di 30 metri e si ripiega invece sul lato dell’atrio sud, mostrando da vicino il suo spessore e toccando terra in un punto.
Il “riparo sovrano”, lo battezzano i progettisti. E il richiamo all’ “abri souverain” di Perret (il maestro di Prost, ma forse è un caso) è immediato. Solo che mentre Perret pensava all’ossatura dell’edificio, fatto di pilastri e copertura, qui l’idea di riparo cambia il suo senso e diventa il simbolo dell’”urbanità” di un progetto infrastrutturale e architettonico.

La copertura è l’elemento capace di tenere insieme cose diverse: non solo percorsi differenziati per i viaggiatori in entrata e in uscita, per le merci e per i cittadini che vogliono semplicemente andare da un lato all’altro dei due brani di città separati dal fascio di binari (e che possono farlo liberamente, 24 ore al giorno, attraverso la vera e propria “strada urbana coperta” che anima il lungo fronte orientale della stazione-ponte) ma anche strutture commerciali, servizi ferroviari, sistemi di risalita e di discesa, brani di natura infilati nell’architettura. E la sua “onestà” non sta tanto nel mostrarsi nuda, come voleva Perret, ma invece nel mostrare la sua “adattabilità” che le consente sbalzi orgogliosi ma non le impedisce di inchinarsi fino a terra per farsi toccare da chiunque lo voglia, oltre che per fare ombra, stavolta in modo diverso da quanto succede nelle altre parti della stazione.
Il grande ponte-boulevard urbano coperto che “riconnette, accoglie, protegge” abitanti, viaggiatori, passanti provenienti da varie parti della città e del paese è allo stesso tempo contenitore e “specchio” dei sistemi complessi e dei diversi usi che una nuova stazione ferroviaria deve essere capace di accogliere: non più semplicemente una (il più possibile) “monumentale” porta di accesso alla città ma un nodo infrastrutturale che sa trasformarsi in spazio pubblico, in luogo per le collettività, con le sue svariate sfaccettature e articolazioni.
La connessione forte, affidata al lungo ponte che traccia una linea retta tra le due parti di città diverse per forma e funzione, si distende in un sistema di relazioni molto più ampie affidate a una trama di elementi più discreti, perpendicolari tra loro. Una sorta di tappeto intrecciato che inquadra una serie di elementi volumetrici, che spesso assumono la forma di terrazze e giardini pensili, disegna un parterre, al tempo stesso omogeneo e variato, che si estende ai due lati del fascio dei binari, includendo il grande vuoto che si apriva attorno alla vecchia stazione, e l’ampio spazio che le si accosta dal lato dell’atrio sud. La successione di spazi aperti, verde urbano, volumi che contengono funzioni diverse, ricostruisce attraverso la sua morfologia, una continuità tra le due zone della città, da tempo perduta.
 

Posta all’interno di questa più ampia maglia perpendicolare, la vecchia stazione non perde ma invece rivendica la sua “diversa” centralità, conservando il compito di costituirsi come “fronte” della piazza urbana Sidi Mohamed, che viene pensata soprattutto come terminale del trasporto pubblico, anche in relazione con la nuova linea tranviaria che la attraversa. Ma l’integrazione del vecchio edificio con il grande ponte trasversale crea nella piazza una sorta di “angolo urbano” che decentra l’asse di percorrenza e segnala naturalmente il varco che dà accesso a quota zero alla nuova stazione, consentendo alla più antica di isolarsi dal movimento infrastrutturale e di diventare un luogo tranquillo, destinato alla memoria della storia ferroviaria di Casablanca, memore di essere stata la prima città che ha ospitato una ferrovia marocchina.
Gran parte degli spazi vuoti disposti da un lato e dall’altro dei binari, disegnati dalla trama perpendicolare, contengono giardini che combinano pietra (il travertino marocchino), piante e acqua alternando forme geometriche a disposizioni naturalistiche. Una trama di spazi pubblici disposti a usi diversi e capaci di accogliere in forma varia quella richiesta di “convivialité choisie” di cui parlava il bando. Esemplare, in questo quadro è “la grande oasi urbana posizionata sull’asse della vecchia stazione, in prossimità dell’accesso da sud delle dimensioni di circa 120x60 m posta ad una quota inferiore di 1 m rispetto a quella di circolazione principale per accentuarne l’isolamento ed il rapporto visivo con la vecchia stazione (…)  il sistema del verde che la arricchisce è disegnato ispirandosi alla stratificazione che la vegetazione naturalmente costruisce nelle oasi desertiche: il grande rettangolo di travertino è punteggiato da un sistema di alte palme disposte su una griglia regolare, un sistema di alberature ombreggianti che seguono una geometria meno rigida ed infine dei parterre a raso costituiti da piantumazioni tappezzanti locali. L’obiettivo è quello di individuare un’area verde utilizzata dai residenti, nelle pause dal lavoro e nelle ore di attesa per passeggiare, meditare e riflettere all’ombra e lontano dal brusio della città. Un sistema di sottili linee di acqua, che terminano in specchi d’acqua, accompagna il disegno del verde, costruendo al suo intorno delle piacevoli aree di relax. Intono a questo sistema si prevede una progressiva, ma controllata realizzazione di chioschi, piccoli punti di ristoro e venditori d'acqua che lo servono”4.

L’area libera a sud-ovest viene pensata invece come una sorta di “serbatoio”destinato al ricollocamento del terreno di fondazione delle opere che il progetto ha previsto per la realizzazione del “centro multifunzione” richiesto dal bando, inteso come occasione di rilancio delle aree limitrofe alla stazione Casa-Voyageurs (un sistema di corpi basamentali a un piano che ospita le attività commerciali ed artigianali di quartiere, oltre alle aree verdi attrezzate, costituisce l’ossatura sulla quale svettano gli edifici, a torre e in linea, destinati ad ospitare nel tempo attività alberghiere ed uffici, articolato in piazze coperte e fortemente integrato con il sistema del verde). La possibilità di conservare in loco il terreno di scavo produce una minimizzazione dei tempi e dei costi di cantiere e porta alla creazione di preziosi polmoni verdi, in grado di favorire lo sviluppo delle biodiversità e capaci di diventare un polo attrattore per uccelli e insetti.

Sembra di sentire risuonare le parole di Lyautey che parlava di “urbanisme pragmatique”. Ma non solo. Guardando la relazione compiuta tra la asciuttezza geometrica degli elementi di progetto, (dal parallelepipedo del ponte, alla scalinata tronco-conica che conduce alla quota di 8 metri e 50 del piano stazione, al grande tetto ripiegato, fino ai riquadri che disegnano il parterre) e la potenza decorativa delle materie e dei disegni che ne arricchiscono le superfici (proponendo ad esempio nel “riparo sovrano” una versione 4.0 della mashrabiyya stampata in resina bianca, che di notte trasforma la stazione in una straordinaria “lanterna urbana”) non si può mancare di sottolineare quanto questo progetto rientri nella “tradizione” dei progetti urbani di Casablanca. La tradizione costruita da Lyautey con i suoi architetti francesi, Prost, Cadet, Brion: quelli che hanno avuto il compito di pensare la città nuova e di costruire la nuova Medina e a cui il generale raccomandava di tenere conto del modello architettonico della città del Makhzen: volumi cubisti, tetti-terrazze e facciate sobrie; di badare al principio di circolazione delle persone e dell’aria; di pensare alla diffusione della luce. Ma soprattutto di integrare “sistematicamente” in questa architettura gli elementi dell’arte decorativa del Marocco5.

 

 

Note

1 “Cosciente delle sfide urbane e dello sviluppo dei siti ferroviari, l’ONCF vuole, attraverso la realizzazione della LGV accompagnata dalle nuove stazioni ferroviarie, dare un nuovo soffio al quartiere della stazione attraverso lo sviluppo di un programma di riqualificazione urbana integrato che mira a risolvere il processo di “enclavement” del sito della stazione e del suo immediato intorno. Questo permetterà di dare avvio a uno nuova dinamica urbana e a una nuova mutazione morfo-funzionale e sociale del quartiere” (dal sito dell’OCNF: https://www.oncf.ma/).
2 Cfr. D. Rivet, Le Maroc, de Lyautey a Mohammed V. Le double visage du Protectorat, Denöel, 1999. Cfr. anche J.L Cohen, M. Eleb, Casablanca, mythes et figures d’une aventure urbaine, Hazan/Belvisi. 1998. Per il lavoro di Prost, cfr. Aa.vv. (dir. J. Marrast), L’oeuvre de Henry Prost. Architecture et urbanisme, Académie d’Architecture, Imprimerie de Compagnonage, Paris 1960.
3 Piuttosto noto è il lavoro del gruppo GAMMA sui Carrières Centrales, la più grande bidonville della città, presentata al CIAM del 1953 a Aix-en-Provance, da cui partirono sperimentazioni che portarono alla realizzazione di edifici come Sémiramis e Nid d’Abeille
4 Estratto della relazione di progetto. Si ringraziano i progettisti di ABDR (in particolare Gijs Pyckevet, Claudia Pagani, Emanuela Nocca) per gli accurati racconti del progetto e per il materiale messo a disposizione.
5 Cfr.www. E-Taqkafa.ma/dossier/le-roman-d’une-aventure-urbaine