Dossier: Il progetto urbano per i centri minori. Opinioni a confronto

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Tiziano Tagliani
già Sindaco di Ferrara
intervista a cura di Francesco Alberti
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Credo che a molte di queste domande dovrebbero rispondere in modo più dettagliato gli urbanisti che si occupano dei progetti urbani.
Come Sindaco – in base alla mia esperienza – posso dire che è necessario individuare gli strumenti più adeguati a rispondere in maniera efficace alla risoluzione di specifici problemi urbani, per tutelare il territorio e regolarne l’uso e le trasformazioni. Certamente è necessario avere chiari gli obiettivi che si vogliono raggiungere, nel rispetto della nuova legge urbanistica regionale n. 24 del 2017 (in vigore dal 01/01/2018) che prevede un unico strumento urbanistico denominato Piano Urbanistico Generale (PUG) che supera l'articolazione PSC-RUE-POC.
Certamente le condizioni in cui si opera oggi in molte amministrazioni – scarsità delle risorse, frammentarietà del sistema decisionale, difficoltà nella collaborazione tra settori, scarsa attitudine a un efficace coinvolgimento degli attori locali, limitata capacità di gestione dei conflitti – rende la riflessione su questi argomenti attuale. Da tenere inoltre presente che sono piani di lavoro complessi che, incidendo sulla vivibilità delle persone, devono tenere contestualmente presente sia l’intervento di riqualificazione ma anche sviluppare politiche integrate per lavorare sulla sicurezza urbana, attraverso un insieme di azioni diverse che comprendono oltre alla rigenerazione degli spazi pubblici, anche una rigenerazione del tessuto sociale, attraverso la cura delle relazioni e della collaborazione tra gli abitanti e le associazioni, tra i mondi culturali o economici, ecc.
Con questa consapevolezza a Ferrara abbiamo rivisto i processi di pianificazione – non più concepiti come esclusivo esercizio di funzioni di regolazione e controllo – e il metodo per migliorare le forme di “mediazione e cooperazione” coinvolgendo attori pubblici e privati per la condivisione delle scelte e delle azioni da attivare nel territorio. Abbiamo operato con idee e visioni d’insieme chiare e puntuali per riqualificare, tutelare, salvaguardare e valorizzare il patrimonio che abbiamo ricevuto in gestione e si è lavorato intersettorialmente, mettendo insieme professionalità diverse, che hanno riprogettato ambiti urbani e territoriali al fine di realizzare nuove attività sociali, culturali ed economiche.
I tecnici si sono confrontati con il mondo privato e i cittadini per creare un rapporto stretto tra rigenerazione del tessuto urbanistico e rigenerazione del tessuto sociale, anche grazie alle attività dell’Urban Center (attivato in questi anni) che è lo strumento operativo voluto per costruire un nuovo metodo di relazione tra Comune e cittadini. Abbiamo reso più consapevoli tecnici e cittadini anche attraverso la formazione (penso ad esempio alla Scuola di Riuso o ai seminari organizzati con Cittadinanza attiva onlus e le rete dei professionisti ferraresi o alle presentazioni delle trasformazioni in atto) non solo per fornire un quadro conoscitivo del patrimonio immobiliare esistente ma, più di tutto, per comprendere come reinterpretare la città quale oggetto in costante rinnovamento, che segue le esigenze di chi le abita: uno sviluppo urbano sostenibile delle città a livello ambientale, economico e sociale, contrastando, parallelamente, l’espansione urbana incontrollata e mirando a massimizzare il recupero del patrimonio immobiliare, delle loro identità e delle tradizioni locali.
Ecco che attraverso la rigenerazione abbiamo aperto maggiormente le porte alla partecipazione dei cittadini all’interno dei processi di Piano e di progettazione dei singoli interventi. Con il coinvolgimento di diversi tipi di attori è stato possibile facilitare l’individuazione delle necessità e quindi dei contenuti da inserire negli edifici, ritagliando a ciascuno di essi un ruolo all’interno del processo in funzione delle loro diverse competenze. Alcuni esempi significativi: il piano di recupero dell’ex Sant’Anna (il primo strumento urbanistico frutto del laboratorio partecipato con i cittadini), il concorso di progettazione della Cittadella del Commiato, la ricostruzione della scuola d’infanzia Aquilone e il suo giardino progettato da bambini, genitori e insegnanti, ecc.
Inoltre, abbiamo stipulato circa 50 accordi pubblico- privati per la trasformazione della città esistente, privilegiando gli interventi dedicati alle attività produttive e di rigenerazione urbana. Per questo abbiamo riservato particolare attenzione alle norme che facilitano gli interventi che riguardano le opere di riattivazione e cura della città esistente. Penso, su tutte, alle “Corti di Medoro” (ex Pala Specchi) che grazie al Fondo immobiliare da 43.000.000 di euro per la riqualificazione del quartiere con il social housing, la biblioteca e la nuova sede della Polizia Municipale e gli edifici dell’Ex Pala Specchi in fase di trasformazione hanno visto non solo operazioni e interventi efficaci, ma anche la capacità di operare con i principali investitori privati attraverso strumenti mai utilizzati prima.
Altro piano interessante che è stato oggetto di un percorso partecipato (ed ha vinto il premio nazionale Urbanistica nel 2017) è quello dell’ex distilleria Alc.Este che rappresenta un nuovo modello di pianificazione urbanistica di una grande area ex industriale al margine del centro storico, declinando tematiche ambientali e nuovi stili di vita (carbon free, mobilità lenta, riuso di edifici industriali, mixité funzionale).
Abbiamo agevolato la rigenerazione urbana anche attraverso la concessione di beni ad associazioni del Terzo settore: ex scuole di Monestirolo, Sabbioni, ex Banzi, Casa Lea e Centro Civico di Ponte, a breve Quartesana, Ex Pesa, Bagni Ducali, consentendo al patrimonio immobiliare di vivere con il valore aggiunto di un presidio, della manutenzione ordinaria e delle attività di volontariato.
Un altro importante ingrediente per la rigenerazione urbana è, senza alcun dubbio, la risoluzione del problema del rischio sismico sul quale tanto abbiamo lavorato dopo il terremoto del 2012. Credo, quindi, che la rigenerazione urbana risulta essere la modalità che meglio si presta alla riprogettazione della città esistente e futura. Essa svolge questa funzione attraverso tre principali capisaldi: la città fisica, che comprende ciò che riguarda la percezione e la trasformazione dei luoghi; il modello di sviluppo, inteso come un nuovo trend di crescita e competitività attraverso la creazione di occasioni per attrarre investimenti; le esigenze sociali, ossia un’attenzione particolare alle necessità della popolazione e di tutta la società, facendo in modo che gli attori sociali siano protagonisti del progetto rigenerativo.
Condivido la definizione fornita dall’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) la quale così definisce la rigenerazione urbana “essa non è una categoria di intervento confinata nel settore tecnico, può diventare un progetto collettivo, un patto sociale nel quale ridefinire i ruoli di tutti gli attori, pubblici e privati, per declinare il futuro delle città nelle quali vorremmo vivere, assegnando ai valori sociali e ambientali una rilevanza economica, mettendo al centro dell’attenzione l’abilità e le relazioni indotte dalla qualità degli spazi pubblici”.
Termino nel dire che, per un Sindaco, l’obiettivo non è fare un bellissimo piano conoscitivo ma realizzare una bellissima città attenta ai bisogni dei suoi abitanti sapendone migliorare la loro vita.