Esplorazioni 2

torna su

Piani per la riqualificazione delle periferie/1
Filippo AngelucciPDF




Una nuova stagione per le periferie italiane?

Il tema delle periferie della città è tornato ciclicamente al centro del dibattito sugli esiti della progettazione architettonica e urbana. Con altri temi spesso ricorrenti – tra i quali la ricostruzione, la sicurezza, la qualità della vita, la salute dei cittadini, le politiche per la casa – la questione delle periferie urbane costituisce un’occasione importante per andare oltre le tradizionali riflessioni disciplinari, per discutere delle ricadute dell’architettura e dell’urbanistica sui processi di segregazione/isolamento e di integrazione/connessione tra le parti della città e tra i suoi abitanti.
Per analizzare lo stato delle cose questo contributo di EWT assume come riferimento la recente esperienza dei piani per le periferie, come istituiti in Italia dal DPCM del 25 maggio 2016 e dal relativo bando per la predisposizione del “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia”.
Il bando, indetto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in attuazione della Legge 208 del 28 dicembre 2015 (Legge di stabilità per il 2015), nasce con l’istituzione di uno specifico fondo dedicato al programma, che arriva a un ammontare di circa 2,1 miliardi di euro disponibili. Se confrontata con precedenti iniziative dedicate ai progetti complessi (Pru 1993-1994, Prusst 1998, Contratti di quartiere I e II 1998/2002, Piano città 2012 e Piano periferie 2015), si tratta di una quota di finanziamento rilevante, finora mai messa in gioco dallo Stato, per di più in un periodo avverso che sconta la prolungata recessione economica iniziata nel 2008, forse la più grave tra quelle conosciute dal nostro Paese nel secolo scorso (Arona, 2017).
L’iniziativa del nuovo Bando promossa su iniziativa del ministero delle Infrastrutture richiedeva alle Città Metropolitane e ai capoluoghi di provincia di avanzare, entro soli tre mesi, proposte dai contenuti innovativi e senza consumo di suolo. Le proposte riguardavano il patrimonio edilizio e gli spazi pubblici, ma anche le politiche dedicate all’inclusione sociale, al miglioramento della sicurezza territoriale e delle capacità di resilienza urbana, all’adeguamento infrastrutturale per servizi sociali, culturali, educativi e didattici. Questo programma innovativo cadeva in un momento delicatissimo per le pubbliche amministrazioni, a causa del congelamento del turn over del personale interno, dell’avvio intensivo del processo di digitalizzazione, e dell’incompiuto processo di soppressione delle Province.
L’erogazione dei finanziamenti (fino a un massimo di 40 milioni di euro per le città metropolitane e 18 ml/euro per i capoluoghi di provincia), che ha poi determinato anche l’approvazione della graduatoria dei progetti con il DPCM del 6 dicembre 2016, è stata basata soprattutto sull’immediata fattibilità delle proposte. Rispetto al punteggio massimo conseguibile (100 punti), il bando prevedeva una quota di 70 punti da attribuire in considerazione della tempestività prevista nell’esecuzione delle opere, delle sinergie di finanziamento pubblico/privato e della fattibilità economico-finanziaria, contro una quota residuale di 30 punti riferita alla qualità e innovazione dei progetti e la loro capacità di rivitalizzazione economica, sociale e culturale dei contesti. Condizione questa che, ancora una volta, tende a privilegiare proposte incentrate più sulle quantità di flussi finanziari e risorse immediatamente spendibili nel breve periodo, rischiando di relegare in secondo piano la produzione di qualità e di senso dei progetti, nel medio e lungo tempo.
Al Programma sono state presentate 120 proposte che riflettono stati di avanzamento notevolmente diversificati, con progetti talvolta al solo stadio di elaborazione preliminare. Dopo la prima fase di programmazione, che prevedeva di finanziare soltanto le prime 24 migliori proposte (500 milioni di euro con il DPCM del 16 febbraio 2017), si è deciso di estendere il finanziamento dell’intero parco progetti. La Delibera CIPE del 3 marzo 2017 ha infatti concesso altri 798,17 milioni (su Fondi FSC 2014-2020) fino al settantaquattresimo progetto in graduatoria. Con la Delibera CIPE del 7 agosto 2017 si è erogata infine la terza tranche, di altri 800 ml/euro, per finanziare anche gli ultimi progetti della graduatoria. Anche in questo caso si è dunque preferito seguire la più rassicurante e consolidata filosofia, anche politicamente redditizia, del finanziare tutti e subito.
Con il bando la questione della riqualificazione e della sicurezza delle periferie urbane viene riferita a uno scenario in cui appaiono in primo piano i temi della periferizzazione diffusa e delle nuove marginalità urbane, come del resto andava emergendo all’interno del dibattito culturale e politico nazionale. Su questo tema della convergenza politica-società-periferia, dopo l’opera di sensibilizzazione avviata dal 2014 grazie alle attività del gruppo G124 sul “rammendo” delle periferie, coordinate da Renzo Piano, tra il 2016 e il 2018 sono stati elaborati almeno altri quattro documenti ufficiali che ripropongono l’importanza delle connessioni, spesso disattese, tra sostenibilità integrata, innovazioni tecnologiche, sviluppo economico e politica.
I documenti sono in particolare: a. “Posizionamento italiano rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030”, pubblicato dal Ministero dell’Ambiente (gennaio 2017); b. il dossier ISTAT della “Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie” (gennaio/maggio 2017); c. il Manifesto della Green Economy per l’architettura e l’urbanistica “La città futura”, elaborato dal gruppo di studio interdisciplinare degli Stati Generali della Green Economy (aprile 2017); d. infine il terzo rapporto sulle città “Mind the gap. Il distacco tra politiche e città”, del Centro nazionale di studi per le politiche urbane (ottobre 2017).
Sulla base di questo complesso e articolato quadro di riferimento, sembra delinearsi l’avvio di una nuova stagione per la riqualificazione, la rigenerazione e il recupero integrato delle periferie urbane italiane. Nel prossimo futuro, andando anche oltre le ricadute del bando 2016, non dovrebbero mancare ulteriori sollecitazioni e opportunità per ri-orientare l’idea stessa del progetto per il recupero di vecchie e nuove aree periferiche.
EWT intende contribuire a questa prospettiva con la pubblicazione della presente indagine, basata sulla ricognizione delle esperienze di alcune amministrazioni comunali che hanno risposto con successo al bando del 2016, prevedendo di ritornare sull’argomento anche nei prossimi numeri.
Dai casi presentati emerge innanzi tutto la varietà dei modi d’intendere la riqualificazione del patrimonio edilizio in periferia. Si va dal cambiamento delle relazioni d’uso al riuso del patrimonio costruito con l’impiego di tecnologie materiali e immateriali, tradizionali o avanzate, che consentono di attuare gli obiettivi del bando, alle varie scale e con diverse modalità d’intervento.
Sono proposte che sembrano ampliare gli orizzonti dell’innovazione progettuale per gli interventi nelle periferie urbane; non soltanto perché incentrate sui paradigmi consolidati della sostenibilità ecologico-ambientale ed economico-sociale, ma anche per la particolare attenzione attribuita ai nuovi paradigmi dell’inclusione, della resilienza, della smartness e della healthiness che stanno prendendo piede negli interventi successivi alla crisi economico-finanziaria del 2008.
Peraltro le innovazioni che riguardano i processi, gli strumenti e le tecnologie sottendono comunque aspetti tecnico-operativi, procedurali e comunicativi che spesso rischiano di indebolire le primarie finalità sociali, ambientali ed economiche dei progetti in campo, oscurandone le ricadute spaziali, culturali, produttive ed emozionali che possono avere sugli abitanti e sul territorio.
Inoltre l’esame delle cinque esperienze presentate in questa prima fase dell’indagine, riguardanti due Città Metropolitane (Firenze e Milano) e tre capoluoghi di provincia (Napoli, Prato e Reggio Emilia), evidenzia una forte eterogeneità nello stesso modo d’intendere la periferia, dando luogo a una sensibile diversità degli obiettivi e delle scale d’intervento del programma d’azione.
L’eterogeneità delle proposte era in realtà prevedibile, considerata l’impostazione generale del bando. I suoi scopi, infatti, fin troppo estensivi, si prestavano a includere situazioni e interventi anche distanti dalle questioni centrali della qualità abitativa nella periferia, essendo talvolta fin troppo condizionati dalla volontà di integrare iniziative già avviate o progetti rimasti incompiuti.
Ad esempio nella proposta della Città Metropolitana di Firenze la periferia è individuata come un tessuto connettivo diffuso all’interno dei territori interstiziali compresi fra il capoluogo e i centri adiacenti. Dando seguito alle sollecitazioni del Gruppo G124 sull’importanza delle infrastrutture scolastiche per il rammendo urbano, il progetto si concentra in particolare sulla riqualificazione delle scuole con la prospettiva di istituire una rete di spazi pubblici all’aperto, con attrezzature di servizio e infrastrutture a supporto della mobilità dolce e lo sport. Le infrastrutture scolastiche sono state impiegate così come leva strategica per raccordare e integrare i singoli quartieri, in una visione di sviluppo sostenibile estesa all’intera area metropolitana.
Nel caso della Città Metropolitana di Milano il progetto si sofferma invece sula trasversalità della nozione di periferia nel territorio, intesa come sistema di luoghi marginali in cui le condizioni sociali, economiche e culturali degli abitanti alimentano un insufficiente scambio informazionale tra politiche pubbliche e politiche urbane. La proposta quindi non affronta direttamente le questioni legate alla riqualificazione spaziale, ma piuttosto la messa in opera di una “rete aperta” di attività e soggetti. Per il tramite della rete si dovrebbero promuovere vari programmi d’intervento, finalizzati a riqualificare i processi sociali ed economici locali e al tempo stesso a ridurre le diseguaglianze in termini di accesso alle risorse ambientali, di inclusione abitativa, di promozione culturale.
La proposta del Comune di Napoli mette in luce soprattutto la maggiore problematicità della riqualificazione urbana quando ci si deve confrontare con errori e fallimenti ereditati dalla modernità. Significativo da questo punto di vista è il caso di Scampia, essendo stato deciso di portare a termine il processo di demolizione delle “Vele” iniziato dal lontano 1997. Questa scelta trova le sue ragioni nella peculiarità del contesto locale, la cui eccezionalità sconsiglia di assumere la stessa strategia della demolizione come un modello reiterabile in altre situazioni. Peraltro il mantenimento e la riqualificazione della quarta Vela residua denota la volontà di rilanciare Scampia come nuovo fulcro delle funzioni pubbliche a carattere territoriale, coordinandosi con le politiche e gli interventi previsti per la Città Metropolitana di Napoli.
Il progetto del Comune di Prato assume come tema centrale il riuso del patrimonio edilizio inutilizzato, soprattutto industriale, individuando in particolare tre interventi mirati a riqualificare e rifunzionalizzare la nuova periferia formatasi a ridosso delle mura del centro storico, a seguito del graduale processo di delocalizzazione delle attività industriali più antiche. Gli interventi attengono a temi di carattere sociale, in particolare: il potenziamento dei servizi a scala urbana a supporto del terzo settore; il miglioramento delle condizioni di inclusione sociale; e lo sviluppo di modelli innovativi di welfare.
Anche la proposta del Comune di Reggio Emilia si confronta con le questioni del riuso, ma declinandone le ragioni culturali, le modalità di intervento e le finalità sociali in una diversa prospettiva. La strategia del riuso, in questo caso, si sostituisce alla prassi consolidata della rigenerazione monodirezionale, autoriale e permanente del patrimonio edilizio esistente e degli spazi vuoti abbandonati delle aree periferiche. Il ricorso a un workshop multi-attoriale consente di sperimentare un approccio progettuale ispirato all’evoluzione “per strati”, reversibile nel tempo, alla cura dei beni comuni e alla previsione di interventi ‘aperti’ di riuso temporaneo. In particolare consente di attivare significativi investimenti sulla città pubblica e sulle strutture urbane di connessione, mobilitando anche la partecipazione attiva dei cittadini.

Nota metodologica

1. La numerosità dei progetti presentati con il primo bando per il “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia” e la progressiva estensione dei finanziamenti – dall’iniziale selezione ristretta a 24 progetti alla più inclusiva soluzione ampliata a tutti i progetti – hanno reso necessaria un’adeguata impostazione metodologica per l’avvio dell’indagine e il suo coordinamento. Considerando quale obiettivo prioritario dell’indagine l’approfondimento interdisciplinare su quanto sta avvenendo nella scena istituzionale, professionale e accademica italiana circa il rilancio delle politiche di riqualificazione delle periferie urbane, si è scelta la soluzione di iniziare riportando le testimonianze degli autori in ordine ai progetti che hanno ottenuto il migliore posizionamento nella graduatoria, integrandole con i progetti che hanno usufruito dell’estensione del finanziamento, ottenendo comunque con un punteggio minimo di 70/100.

 

Riferimenti bibliografici e legislativi

Arona A., 2017, “Periferie, ecco i 24 accordi di riqualificazione”, ne  Il Sole 24ore del 6 marzo 2017.

CIPE, Delibera n.2 del 3 marzo 2017, Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020. Assegnazione di risorse al «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie», in GU Serie Generale n.147 del 26.06.2017.

CIPE, Delibera n.72 del 7 agosto 2017, Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 - Determinazione e modulazione delle risorse assegnate con la delibera n. 2/2017 al «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie», in GU Serie Generale n.265 del 13.11.2017.

DPCM 25 maggio 2016, approvazione contenuti del “Bando per la presentazione di progetti per la predisposizione del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia e della città di Aosta”, in GU Serie Generale n.127 del 01.06.2016.

DPCM 6 dicembre 2016, “Approvazione della graduatoria del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle Periferie”, in GU Serie Generale n.4 del 05.01.2017.

DPCM 16 febbraio 2017, “Modifica dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 25 maggio 2016 e 6 dicembre 2016 in materia di riqualificazione e sicurezza delle periferie”, in GU Serie Generale n.40 del 17.02.2017.

ISTAT, 2017, Dossier della “Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie”.

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, 2017, Posizionamento italiano rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, vers. 3.0, pp. 231-257;

Stati Generali della Green Economy, 2017, Manifesto della Green Economy per l’architettura e l’urbanistica “La città futura”, punti 5 e 7, scaricabile in http://www.stati generali.org/manifesto.

Urban@it – Centro Nazionale di Studi per le Politiche Urbane, 2017, Sintesi del Terzo rapporto sulle città “Mind the gap. Il distacco tra politiche e città”, scaricabile in https://www.urbanit.it/wp-content/uploads/2017/10/Sintesi_del_Rapporto_2017.pdf.

[continua su EWT #18]