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ARCHITETTURA INFORMALE
Biennale di Venezia e Mostre Internazionali di Architettura
Domenico Potenza
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Quello dell’architettura informale non è un tema di semplice argomentazione anche se il fenomeno è molto radicato nella storia dell’abitare degli insediamenti umani. Solo da qualche decennio, tuttavia, ci siamo accorti che il problema ci tocca molto più da vicino di quanto abbiamo immaginato fino ad oggi. Il primo monitoraggio UN-HABITAT “The Challenge of Slum” sugli insediamenti informali risale ormai al 2003 e nel 2006 esce “Il pianeta degli slum” di Mike Davis, un resoconto puntuale e chirurgico sulle dimensioni del fenomeno, con l’indicazione di previsioni tragiche sul suo sviluppo che possiamo considerare purtroppo, dai dati del 2016, ormai abbondantemente superate.

Molte delle metropoli contemporanee ormai, vivono oggi condizioni estreme, talvolta diametrali, tra la grande concentrazione della città consolidata e formale e la sovrapposizione di trame senza forma, agglomerati spontanei che non rispondono ad alcuna norma, ma che pure alimentano al proprio interno regole che ne definiscono un possibile funzionamento, includendo nella loro
stratificazione parti considerevoli della popolazione, comunque organizzata.
Insediamenti come le favelas brasiliane, le baraccopoli africane, le bidonville asiatiche, alcuni suburbs americani etc. crescono con il progressivo aumentare dell’attrattività prodotta dalle grandi metropoli. Una manifestazione del fenomeno che produce esiti di dimensioni sempre crescenti, ai quali non possiamo più sottrarci. Un problema non più rinviabile, anche a partire dall’aver ormai definitivamente conclamato il sorpasso tra gli abitanti che vivono nelle metropoli e quelli che vivono al di fuori.
Quasi sempre è proprio laddove la città concentra le sue espressioni di massimo sviluppo che si generano condizioni parallele di profitto, direi di sopravvivenza, per le classi meno abbienti. Una sorta di superfetazione parassita che la progressiva crescita del livello di benessere auto produce, come condizione di necessità per la propria esistenza.
Un segnale forte per un fenomeno ormai in continua crescita che, per ragioni diverse, suscita interesse e curiosità in maniera trasversale, da parte di addetti ai lavori, di ogni parte del mondo e di discipline molto differenti tra loro.
Questi luoghi, oggi, meritano attenzione non tanto per la loro natura non ordinaria, non consueta alle nostre forme di osservazione e di comprensione della città e dei territori, ma per la loro capacità di resistenza, per lo spirito di adattamento, per una loro singolare forma di resilienza che contiene alcuni aspetti non più trascurabili, in particolare per chi si occupa dei temi legati allo sviluppo delle metropoli ed alla crescita della popolazione mondiale.
La domanda è, quale ruolo ha l’architettura in contesti come questi, ruolo inteso come capacità del progetto di incidere sui meccanismi di queste modificazioni urbane e delle sue modalità di attuazione. Interrogarsi su cosa si possa veramente fare con l’Architettura (risolvere problemi, stimolare relazioni inedite, dare forma agli insediamenti), a partire dall’idea che si debbano reinventare i modi della nostra professione e, aggiungerei, anche della sua formazione. Scegliere, ad esempio, di immaginare una condizione estrema della trasformazione, libera da qualsiasi forma di concessione alla gestualità autobiografica, alla quale troppo spesso l’architettura contemporanea ci ha abituati.
Una domanda che ha trovato un parziale ascolto nelle varie edizioni di una delle istituzioni più qualificate della cultura architettonica internazionale, La Biennale di Venezia, che a partire dal Leone d’Argento della XI Mostra Internazionale di Architettura, per promettenti giovani architetti, ad Alejandro Aravena  (gruppo cileno Elemental) per il progetto della Quinta Monroy, è approdata alla XV edizione con “Reporting from the Front”, affidata allo stesso architetto (esattamente 10 anni dopo il suo premiato esordio a Venezia). Una rassegna interamente dedicata allo stato dell’arte dell’architettura di sopravvivenza nel racconto diretto dei suoi principali protagonisti impegnati direttamente sul fronte della resistenza alla globalizzazione dei linguaggi ed alla monopolizzazione dei mercati. Una rassegna che ha mostrato, modalità diverse, procedimenti paralleli e non alternativi, di possibili approcci alla ricerca di soluzioni praticabili che, tuttavia, includono sempre, con forme diverse, la condivisione con le comunità locali ed una grande capacità di interazione con lo stato dei luoghi, anche quando sono caratterizzati da quell’apparente informalità che distingue queste forme dell’abitare.

Si ripercorrono di seguito le ultime 5 edizioni della Mostra Internazionale dell’Architettura alla Biennale di Venezia, nelle quali si evidenziano le sensibilità, le attenzioni, le segnalazioni ed i premi delle diverse giurie, a quelle forme della condivisione e dell’ascolto delle emergenze sociali, che provano a non cambiare il modo di pensare che produce quelle agglomerazioni informali ma ad arricchire la comprensione dei processi che le regolano, per poterli riprodurre attraverso il progetto. La città informale – come diceRahul Mehrotra - potrebbe essere finalmente vista non necessariamente come una condizione da correggere, ma piuttosto come un fenomeno contagioso capace di riformare ed umanizzare la città e le sue trasformazioni.



BIENNALE DI VENEZIA
XI MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA
Direttore: Richard Burdett
Dedicata a Città. Architettura e società, questa decima edizione è focalizzata sulle tematiche che le cosiddette “città globali”, quelle con una popolazione superiore ai tre o quattro milioni di abitanti in continuo aumento, affrontano: dai problemi dell'emigrazione alle incognite della crescita, dall'evoluzione della mobilità alla ricerca dello sviluppo sostenibile. La Mostra analizza così tematiche cruciali della società contemporanea, approfondendo l'interazione tra città, architettura e abitanti. In particolare, viene esaminato il ruolo degli architetti e dell'architettura nella realizzazione di contesti urbani democratici e sostenibili, e i loro collegamenti con la politica degli interventi, le azioni di governo e la coesione sociale.

Leone d’Oro alla carriera: Richard Rogers

Leone d’Oro agli allestimenti nazionali: Danimarca
Il Leone d'Oro per le partecipazioni nazionali - forse quello più ambito e significativo - è stato assegnato alla Danimarca, che ha dedicato il suo padiglione allo sviluppo urbano sostenibile in Cina, guardando a possibili soluzioni in chiave ecologici per quello che si avvia a diventare il maggior Paese inquinatore del mondo, superando gli Stati Uniti, proponendo in particolari soluzioni concrete per la gestione delle risorse idriche e energetiche.
Il Leone d'Oro per le città - la mostra ne presentava 16, esaminate con i loro problemi urbanistici, lungo le Corderie dell'Arsenale - è stato assegnato a Bogotà, capitale della Colombia, che negli ultimi decenni ha affrontato con qualche successo i problemi legati all'integrazione sociale, all'istruzione, all'edilizia abitativa e allo spazio pubblico, con innovazioni specie nel campo dei trasporti.
Infine, il Leone d'Oro per i progetti urbani è andato a Javier Sanchez/Higuera + Sanchez, per il progetto di edilizia abitativa «Brazil 44», previsto a Città del Messico, un esempio brillante di architettura sociale per costruire case destinate a persone disagiate che mantengano anche una valenza estetica.

Leone d’Oro per le città: Bogotà, Colombia
Leone d’oro per i progetti urbani: Javier Sanchez/Higuera + Sanchez per il progetto di edilizia abitativa “Brazil 44” a Città del Messico  

 


BIENNALE DI VENEZIA
XI MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA
Direttore: Aaron BETSKY
la undicesima Mostra, intitolata Out There: Architecture Beyond Buildingvuole orientarsi verso un’architettura liberata dagli edifici, per affrontare i temi centrali della nostra società; invece di tombe dell’architettura, vale a dire gli edifici, presenta installazioni site specific, visioni ed esperimenti che ci aiutano a comprendere e a dare un senso al nostro mondo moderno, e a sentirsi a casa in esso”. Secondo Betsky “l’architettura non è ‘il costruire’. Gli edifici sono oggetti, e l’atto del costruire produce gli oggetti-edifici, ma l’architettura è qualcosa d’altro. È il modo di pensare e di parlare sugli edifici. È il modo di rappresentarli, di realizzarli. In concreto, architettura è ciò che può farci sentire ‘a casa’ nel mondo”. “La sfida dell’undcesima Mostra – sottolinea Betsky - consiste nel raccogliere e incoraggiare la sperimentazione, non presentando edifici già esistenti, ma immagini seduttive”.
 
Leone d’Oro alla carriera: Frank O. Gehry
Leone d’Oro per il miglior progetto di installazione della Mostra Internazionale: Greg Lynn Form (“Recycled Toys Forniture”)

Leone d’Argento per promettenti giovani architetti della Mostra Internazionale: 
gruppo cileno Elemental  progetto Quinta Monroy
Il nostro primo progetto ci poneva di fronte ad una sfida: fornire un alloggio a un centinaio di famiglie, potendo contare su una sovvenzione di 7.500 dollari che, nella migliore delle ipotesi, avrebbero permesso di realizzare strutture di trentasei metri quadrati l’una, su un terreno di 5.000 mq tre volte più costoso rispetto a quello solitamente destinato a progetti di social housing. Nessuna soluzione presente sul mercato avrebbe permesso di vincere una sfida simile. Abbiamo pertanto elaborato una tipologia abitativa che garantisse un uso efficiente del terreno a disposizione e consentisse un futuro ampliamento delle abitazioni. Ad un anno dalla realizzazione del progetto, ogni abitazione ha un valore che si attesta sopra i 20.000 dollari, eppure tutte le famiglie residenti hanno preferito rimanere e apportare migliorie al proprio alloggio piuttosto che venderlo.



BIENNALE DI VENEZIA
XII MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA
Direttore: Kazuyo Sejima
La Mostra People meet in architecture è allestita al Palazzo delle Esposizioni della Biennale (Giardini) e all’Arsenale e forma un unico percorso espositivo, con 46 partecipanti tra studi,architetti, ingegneri e artisti da tutto il mondo. Il titolo suggerisce che l’architettura ha il compito di creare degli spazi reali che agevolano la comunicazione tra gli individui, in un’epoca in cui le tecnologie più avanzate sostituiscono il dialogo diretto tra le persone. Per superare la condizione di isolamento e restituire un nuovo senso alle comunità, l’architetto piuttosto che concentrarsi su grandi utopie, dovrà cercare di realizzare visioni funzionali al presente. Sejima concepisce luoghi fluidi e privi di gerarchie che permettono una relazione continua tra esterno e interno, incoraggiando la capacità dei partecipanti di interpretare lo spazio.

Leone d’Oro alla carriera: Rem Koolhaas

Leone d’Oro per la migliore Partecipazione nazionale al Regno del Bahrain 
(Padiglione alle Artiglierie, Arsenale), curata da Noura Al-Sayeh e Fuad Al-Ansari.
“Considerata la varietà degli sviluppi urbani che il Regno del Bahrain avrebbe potuto voler presentare in questa Mostra, la giuria è stata particolarmente colpita dalla scelta di una lucida ed efficace autoanalisi della relazione del paese con il rapido cambiamento della sua linea costiera. In questo intervento forme di architettura transitoria sono presentate come dispositivi capaci di rivendicare il mare come spazio pubblico: una risposta eccezionalmente semplice, nonostante la sua impellenza, a People meet in architecture, il tema proposta dal direttore della Mostra Kazuyo Sejima”, si legge nelle motivazioni ufficiali fornite dalla giuria internazionale.

menzione speciale è stata conferita a Studio Mumbai Architects
Il nostro ambiente immediato è uno spazio che inconsciamente creiamo e abitiamo. Possiamo rendere questo spazio molto familiare, o possiamo esporre a elementi sconosciuti che provocano la nostra risposta e la rivalutazione. Ci sono molte fonti di ispirazione: uno deve solo osservare da vicino. È possibile avere idee su come dovrebbe essere l'architettura, ma in primo luogo dobbiamo capire perché le cose sono un certo modo.
Work-Place è un ambiente creato da un processo iterativo, in cui vengono esplorate idee attraverso la produzione di grandi modelli, modelli, studi di materiale, schizzi e disegni. Qui i progetti vengono sviluppati attraverso un'accurata considerazione del luogo e di una pratica che si basa sulle abilità tradizionali, sulle tecniche locali di costruzione, sui materiali e sull’esigenza derivante da risorse limitate.
Ispirati dall'osservazione delle condizioni reali, questi studi architettonici sono strumenti vitali che ci permettono di esaminare la complessità dei rapporti all'interno di ogni progetto e consentire di rispondere e adattare liberamente attraverso la pratica del processo. Sono ambigui, esistenti come parte e insieme, tra idea e realtà.
Il nostro impegno è quello di mostrare la reale possibilità di creare edifici che emergono attraverso un processo di dialogo collettivo, una condivisione di conoscenze faccia a faccia attraverso l'immaginazione, l'intimità e la modestia.



BIENNALE DI VENEZIA
XIII MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA
Direttore: David Chipperfield
“Con il tema di quest’anno, Common Groundsi torna a parlare di architettura – spiega Paolo Baratta - per aiutare gli architetti a uscire dalla crisi d’identità che stanno vivendo, e nello stesso tempo offrire al pubblico la possibilità di guardare dentro
l’architettura, rendersela familiare e scoprire che ad essa si può chiedere qualcosa, che il diverso è possibile, che non siamo condannati alla mediocrità. La società civile è fatta di individui e istituzioni. Non sempre gli uni o le altre sembrano capaci di individuare le esigenze di organizzazione dello spazio in cui viviamo. Per sanare tale frattura la Biennale può dare il suo contributo innanzitutto ponendo questi come suoi temi. Senza negare che esiste il problema del rapporto fra architettura ed ecologia, architettura e tecnologia, architettura e urbanistica, il nodo centrale è rimediare allo scollamento tra architettura e società civile.”

Leone d’Oro alla carriera: Alvaro Siza

Leone d’Oro per il miglior progetto di installazione della Mostra Internazionale: Urban Think Tank (“Torre David / Gran Horizonte”)
Il leone d’oro per il miglior progetto della Mostra Internazionale Common Ground (all'Arsenale) è andato a Urban Think Tank e Justin McGuirk per la "Torre David / Gran Horizonte". Ponendosi a servizio degli abitanti di Caracas e delle loro famiglie, i progettisti hanno creato una nuova comunità e una casa a partire da un edificio abbandonato e incompiuto.
Fra le motivazioni della giuria leggiamo "la potenza di questo progetto trasformazionale: una comunità spontanea ha creato una nuova casa e una nuova identità occupando Torre David, e lo ha fatto con talento e determinazione. Questa iniziativa può essere intesa come un modello ispiratore che riconosce la forza delle associazioni informali."

Leone d’Oro per partecipazione nazionale: “Home for HALL” Toyo Ito
Leone d’Argento per promettenti giovani architetti della Mostra Internazionale: Grafton Architects Universitàdi Lima Perù



BIENNALE DI VENEZIA
XIV MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA
Direttore: Rem KOOLHAAS
La storia degli ultimi cento anni prelude a Elements of Architecture al Padiglione Centrale, dove il curatore ripropone al mondo contemporaneo nuovi riferimenti della disciplina: per gli architetti, ma anche per il dialogo con la committenza e la società.
La sezione Monditalia alle Corderie in 41 ricerche, ci ricorda senza compiacimento né pregiudizio le complessità della realtà del nostro paese, paradigmatiche di quanto avviene in altre parti del mondo, complessità che devono essere consapevolmente vissute se si vuole una rigenerazione. Danza, Musica, Teatro e Cinema, con i programmi dei direttori (Virgilio Sieni, Ivan Fedele, Àlex Rigola e Alberto Barbera) partecipano alla vita della sezione, insieme a dibattiti e seminari lungo i sei mesi della durata della Mostra.”

Leone d’Oro alla carriera: Phyllis Lambert

Leone d’Oro per il miglior progetto di installazione della Mostra Internazionale: 
Hyunmin Pai e Changmo Ahn Corea “mostra Crow’s Eye View
la mostra Crow’s Eye View: The Corean Peninsula, testimonia di come, a partire dalla divisione postbellica tra nord e sud, una società millenaria, si sia ritrovata in pochi decenni a vivere realtà diametralmente opposte.
Una storia doppia e parallela che si svolge in un luogo unico, la penisola coreana, appunto, rappresentata attraverso ricerche, progetti, indagini fotografiche e analisi demoscopiche, che sono esse stesse parziali e soggettive.
L’allestimento co-curato dagli storici e critici dell’architettura Hyunmin Paie Changmo Ahn, raccoglie immagini e progetti provenienti da entrambe le Coree e messi in confronto quasi senza filtro o mediazione

Leone  d’Argento: Pedro Alonso e Hugo Palmarola Cile.” Monolith Controversies”
Per entrare alla mostra Monolith Controversies, allestita al Padiglione Cileno in occasione della XIV Biennale Architettura, si deve passare attraverso l’appartamento della signora Silvia Gutiérrez a Viña del Mar. La perfetta riproduzione del coloratissimo interno di un appartamento sociale realizzato all’epoca del KPD, restituisce ai visitatori l’atmosfera claustrofobica prodotta dagli spazi compressi del soggiorno e della sala da pranzo. Il contrasto tra i 514 oggetti che saturano gli ambienti domestici e le tecniche di standardizzazione che hanno prodotto l’involucro della casa non potrebbe essere più dirompente.
L’idea della mostra, curata da Pedro Alonso e Hugo Palmarola, premiata con il Leone d’Argento dalla giuria capitanata da Francesco Bandarin, risiede tutta nel conflitto tra volontà di omologazione sociale, prodotta dall’architettura di stato e resistenza individuale, attuata dai singoli cittadini attraverso il semplice gesto di personalizzare la propria casa.
Un elemento edilizio standardizzato totalmente marginale rispetto alla storiografia dell’architettura moderna, nonostante sia stato utilizzato per realizzare più di centosettanta milioni di appartamenti durante la seconda metà del ventesimo secolo.
Una via alla modernità che passa attraverso scelte politiche e sociali che hanno coinvolto milioni di individui, ognuno dei quali, a modo suo, ha dovuto reagire attraverso le proprie azioni quotidiane al processo di omologazione generato da un semplice pezzo di cemento replicato infinite volte.

Menzione speciale Intermundia di Ana Dana Beroš, dedicato alla tragedia di Lampedusa
progetto di ricerca di Intermundia interroga i contorni di confine tra migrazioni transeuropee e intra-europee. L'attenzione è l'isola italiana di Lampedusa, metonimia per la condizione occidentale occidentale di confinamento. I discorsi dominanti sulla migrazione illegale oscurano il ruolo della migrazione internazionale come strumento regolamentare del mercato del lavoro. È importante sottolineare che i migranti devono essere concepiti principalmente come lavoratori, non solo come immigrati. Sembra che nei nostri tempi di mobilità costante gli spostamenti territoriali involontari dei lavoratori precari siano paralleli alla detenzione di migranti indesiderati. 



BIENNALE DI VENEZIA
XV MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA
Direttore: Alejandro Aravena
«Durante un suo viaggio in America del Sud – racconta Alejandro Aravena - Bruce Chatwin incontrò un’anziana signora che camminava nel deserto trasportando una scala di alluminio sulle spalle. Era l’archeologa tedesca Maria Reiche, che studiava le linee di Nazca. A guardarle  stando con i piedi appoggiati al suolo, le pietre non avevano alcun senso, sembravano soltanto banali sassi. Ma dall’alto della scala, le pietre si trasformavano in uccelli, giaguari, alberi o fiori.»
Aravena auspica così che la 15. Mostra Internazionale di Architettura offra «un nuovo punto di vista, come quello che Maria Reiche aveva dall’alto della scala. Di fronte alla complessità e alla varietà delle sfide che l’architettura deve affrontare, REPORTING FROM THE FRONT si propone di ascoltare coloro che sono stati capaci di una prospettiva più ampia, e di conseguenza sono in grado di condividere conoscenza ed esperienze, inventiva e pertinenza con chi tra noi rimane con i piedi appoggiati al suolo.»

Leone d’Oro alla carriera: Paulo Mendes da Roha

Leone d’Oro miglior progetto: Gabinete de Arquitectura  Solano Benítez;
Lo studio ha ricevuto il Leone d'oro dalla Giuria Internazionale con la seguente motivazione: "per aver messo insieme materiali primari, semplicità strutturale e lavoro non qualificato, per portare la qualità dell’architettura a comunità che ne erano escluse".

Menzione speciale: Maria Giuseppina Grazzo Cannizzo

Visti da fuori, i fogli sono bianchi, mentre all’interno dello spazio restituiscono l’immagine della rilevanza della battaglia: su 1938 fogli A4, stampati su una sola faccia, si dispongono gli strumenti della narrazione: testi, riflessioni, processi, disegni, immagini compongono un affresco di un itinerario che procede attraversando molteplici territori, città, spazi abitati. Il posizionamento nello spazio e la dimensione dei fogli non consente la lettura di ogni singolo foglio e la comprensione di ogni singolo progetto, ma restituisce il senso e il peso della battaglia. (M.G. Grasso Cannizzo)

Leone d’Oro per il miglior progetto di installazione della Mostra Internazionale: padiglione spagnolo Unfinished

La Spagna è il paese nel quale, dopo lo straordinario slancio propulsivo della fine del secolo scorso, seguito da un paio di decenni di grande fermento, è subentrato a partire dal 2008 il più totale e paralizzante clima di stallo, che ha colpito in particolar modo l’ambito dell’architettura.
L’improvviso mutamento delle condizioni – dalla totale assenza di risorse al cambiamento delle prospettive in corso d’opera o addirittura al verificarsi di un’effettiva inutilità delle opere in costruzione – ha trasformato straordinarie occasioni progettuali in vicende monche, inespresse, in attesa. La crisi ha lasciato sul campo numerose opere di architettura non finite, rovine contemporanee che attendono un destino in parte già segnato e in parte da riscrivere, mentre all’orizzonte affiorano grandiose opere incompiute o piccoli capolavori abbandonati.
Lo sguardo speculativo verso queste nuove rovine contemporanee porta i curatori a un ottimistico cambio di prospettiva, guidato da riferimenti storici di sicuro appiglio. Iñaqui Carnicero e Carlos Quintans Eiras hanno saputo trasformare la sofferta questione in una straordinaria occasione per riunire in maniera non ideologica, dentro un’unica storia e sotto un unico destino le più note e le più promettenti voci dell’architettura spagnola contemporanea. Unendo le diverse generazioni, affiora il significato più autentico che l’architettura spagnola può trasmettere, ovvero il valore collettivo di un modo di fare architettura, oggi alle prese con una nuova condizione da cui ripartire.
Lo stesso progetto di allestimento dà evidenza costruita a un’idea di transitorietà, tra estrusi in alluminio e pannelli appesi a simulare partizioni murarie incomplete. Il “non finito”, uscendo dalla categoria del pittoresco, svela l’aspetto più nudo e crudo di opere non completate, ma anche l’espressione di una nuova condizione per produrre una differente forma e un diverso significato. Ne discende una selezione di progetti tutti accomunati dal tema del costruire sul costruito, nel costruito, con il costruito, che indica una possibile nuova strada per l’architettura spagnola contemporanea

Leone d’Argento per promettenti giovani architetti della Mostra Internazionale: 
NLÉ, Makoko Floating School

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