Il rapporto tra Sostenibilità e Innovazione tecnologica nella progettazione dell’ambiente urbano a cura di Filippo Angelucci

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RIABITARE IL PATRIMONIO. UN PROGETTO PER GROSSETO

Michele Manigrasso
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‘Bisogna entrare nei luoghi come a piedi nudi, per rispettare e ascoltare. Per interrogare il suolo e andare oltre. Il progetto solo in parte è implicito. Ed è così che siamo arrivati a Grosseto… come a piedi nudi in un territorio di conflitto. Eravamo in allerta e pronti ad ascoltare, ma con l’entusiasmo e la voglia di sognare nuove utopie’.

 Si è concluso, lo scorso 1° aprile, il workshop ‘Riabitare il Patrimonio. Un progetto per Grosseto’ che ha visto impegnati studenti e neolaureati dei Dipartimenti di Architettura delle Università di Firenze e Pescara, insieme alla Scuola Permanente dell’Abitare .
La serie di eventi interni al workshop, organizzati con l’amministrazione comunale di Grosseto, ci ha visto coinvolti in un lavoro di progettazione partecipata riguardante il tessuto storico della città, e in particolare le mura medicee. Esperienza che ha offerto un’occasione stimolante per ragionare sul ruolo del nostro mestiere di architetti, chiamati al confronto progettuale in un luogo sensibile, ereditato dalla storia, riferimento e margine urbano svuotato del suo significato, spazio non più abitato; più profondamente, sulle possibilità di riscattare e mettere in valore tale patrimonio, lavorando nella direzione di una rigenerazione che possa coinvolgere il centro storico e la città moderna.
Fino alla metà dell’800, Grosseto si identificava con le mura stesse che rappresentavano un confine e, al contempo, una sorta di ‘terrazza’ della città, unico affaccio sulla campagna circostante. Quando la città ha iniziato a crescere esternamente, le mura si sono trasformate in elemento di separazione, creando un limite tra ‘due città’: il centro, nonché il nucleo contenuto all’interno delle mura, e le espansioni al di fuori delle mura, dove si è svolta la vita cittadina, dal dopoguerra in poi. È evidente che si è assistito ad un vero e proprio ribaltamento tra dentro e fuori: i punti di riferimento e le principali funzioni collettive che un tempo si trovavano all’interno del centro storico, ora sono fuori, nella città consolidata, moderna. Il centro storico, che originariamente era il polo funzionale della città, è stato svuotato del suo ruolo: la sua ‘centralità’ è solamente fisica, per il resto rimane isolato e poco abitato.
Tale scenario ha spinto l’amministrazione comunale di Grosseto ad organizzare, con le università, una squadra di lavoro che esprimesse un parere progettuale in merito al recupero di tale patrimonio, attualizzandolo alle esigenze della contemporaneità. Il workshop è da intendere come l’avvio di un processo di partecipazione che continuerà, nei prossimi mesi, ad alimentarsi, per dare un contributo concreto al cambiamento urbano auspicato.
Avviato ad ottobre, il workshop si è articolato attraverso una serie di fasi realizzate in loco e nelle sedi universitarie; momenti che hanno visto la partecipazione attiva dei cittadini in un processo aperto, di ascolto, progettazione, revisione e condivisione. Il primo contatto con la città lo abbiamo avuto a fine ottobre, in una tre-giorni di lavoro che abbiamo definito di “ascolto”; successivamente, le università hanno lavorato alle prime idee di progetto, revisionate attraverso l’organizzazione di meetings, prima a Firenze, poi a Pescara; una terza fase, invece, si è svolta nel secondo convegno, quello di aprile, momento di “condivisione” che abbiamo volutamente trasformato in un’ulteriore revisione dello stato di avanzamento progettuale. Ora, messa a punto la proposta, si lavora all’organizzazione di un evento di “simulazione”, che investirà la città intera.

Convegno 1.0_ Cassero Senese, Grosseto. 30 ottobre 2015

In occasione del convegno del 30 ottobre 2015, evento di apertura del workshop, è stata avviata la “fase di ascolto”, per avvicinarci alla comunità, per carpirne informazioni, per coinvolgerla; per raccogliere materiale utile come viatico di progetto. Parlare con la popolazione, confondersi tra i cittadini, essere abitanti in ascolto… questo era necessario fare.
John Todd, fondatore di New Alchemy Institute, ha scritto che la nostra capacità di far emergere e di comprendere la percezione che una comunità o un individuo ha del passato del proprio territorio, ci permette di vedere le sue “ricchezze prime” e le sue “potenzialità perdute”. Todd ritiene che il semplice chiedere alle persone quello che piace e quello che non piace del proprio territorio, oggi e nel passato, ci aiuta a individuare le risorse e le debolezze di un’area, e a identificare le possibili vie di miglioramento.
Abbiamo pensato di farlo negli spazi segreti delle mura di Grosseto. Insieme all’amministrazione si è deciso di ospitare, all’interno della troniera del Cassero Senese, gli abitanti di passaggio: lì, tra corridoi e stanze del passato, abbiamo allestito la scena. Gli studenti, i neo-architetti e i dottorandi dei dipartimenti di architettura di Firenze e Pescara hanno depositato sui tavoli di discussione materiale fotografico e cartografico, documenti e grandi fogli bianchi su cui lasciare delle impressioni e annotare informazioni. Gli abitanti, entrando, venivano coinvolti; la discussione si avviava, parole e disegni cominciavano a dare un senso al tutto. I ragazzi hanno posto domande e registrato pareri, acquisito e depositato informazioni come in un grande scrigno da custodire e portare altrove. Si sono accumulati suggerimenti, impressioni, critiche e polemiche, appunti di un viaggio sospeso tra passato, presente e una certa volontà di futuro.
A sera, i tavoli di lavoro erano pieni di informazioni, notizie prima nascoste, schizzi, spunti. L’università era stata in quei luoghi, tra i ricordi e le idee, pronta al confronto e a dare nuove speranze. La cultura aveva riconquistato terreno, si era legittimamente riappropriata di un suo spazio. Siamo ripartiti per Firenze e Pescara carichi e soddisfatti. Avevamo ascoltato, avevamo appreso. Eravamo entrati in sintonia con una comunità.

Rispondere con un sogno

La fase di ascolto ha consegnato uno scenario per molti versi chiaro: gli abitanti, molti di loro, non hanno piena consapevolezza del potenziale della realtà in cui vivono e pongono domande distratte dal loro presente, da ciò che già conoscono, dallo stato delle cose esistenti che li immobilizza e li rende ciechi. Tutto questo è comprensibile ma vogliamo fare di più.
Nel 1950 l’urbanista americana Catherine Bauer, rifacendosi a un sondaggio a proposito di possibili nuove tipologie di case popolari, ha affermato: “Come si può chiedere alle persone di scegliere quello che non conoscono?” Allora, come ha scritto Paul Goodman “bisogna inventare qualcosa e farglielo vedere”. Questo non significa imporre il proprio punto di vista, quanto piuttosto sapere quando e come far interagire le proprie conoscenze con quelle degli altri. Esprimendo un giudizio di valore più consapevole rispetto al visibile, e più costruttivo rispetto al potenziale, possiamo aiutare a individuare mete al momento invisibili, incoraggiando linee di desiderio inconsce, lavorando alla costruzione di utopie concrete che aprano al sogno e passo dopo passo, lo rendano reale.
Grosseto ci ha consentito questo lusso e si candida a realizzare un progetto pilota, che sia valido esempio per il recupero e la rigenerazione dei nostri centri storici, spesso sotto utilizzati. È in questa direzione che probabilmente bisogna lavorare. Soprattutto in Italia, paese dall'inestimabile ricchezza storica e artistica, bisogna prendere coscienza che le nostre città lasciano ancora grandi opportunità di scrittura perché “il patrimonio è patologicamente incompiuto” (Purini, 2010) e una sua valorizzazione, può essere una strategia efficace per uscire dalla crisi; occasione che sottende, al tempo stesso, la costruzione di una maggiore qualità ambientale delle nostre città, per migliorare l'offerta turistica e provare a realizzare una nuova cultura urbana che sappia influenzare i comportamenti e realizzare una nuova forma di bellezza, arma per educare e costruire una coscienza collettiva condivisa.

Convegno 2.0_ Polo Universitario, Grosseto. 1° Aprile 2016

Il convegno del 1° aprile è stato fondamentale per un confronto diretto con la popolazione sulla proposta avanzata. Dopo gli interventi dei relatori, i partecipanti al workshop, insieme ai loro tutor, hanno esposto il progetto a giornalisti, a rappresentanti politici, agli ordini professionali, agli abitanti, raccogliendo consensi e indicazioni per nuovi orientamenti.
Dallo studio della vocazione economica ed identitaria del territorio maremmano e dall’analisi della conformazione del territorio grossetano nello specifico, è emersa la possibilità di pensare al capoluogo di provincia come “capitale della maremma”, che riproponga e “riproduca” nei suoi parchi urbani e nei suoi spazi interni al centro storico, le economie utili a renderla un “magnete”, vetrina delle attività di produzione nel territorio. Il progetto propone la costruzione di una filiera produttiva trasversale, dal territorio alla città, che leghi le diverse fasi, la produzione, la lavorazione e il commercio. Grosseto come luogo di eccellenza per la diffusione dei prodotti maremmani e del bio, passando per la preparazione dei piatti tipici, attraverso una scuola di alta formazione da ospitare nel centro storico.  
Si ipotizza una vera e propria “Officina Creativa”, da realizzare attraverso l’introduzione di una “Università del Gusto”, che colonizzi le mura e parti del centro storico per attività didattiche, laboratoriali, per la degustazione e il commercio, mettendo quindi a sistema gli spazi interni alle mura, con lo spazio pubblico del centro storico ed edifici pubblici da rifunzionalizzare. Attraverso l’Officina Creativa del Gusto, Grosseto potrebbe vantare la presenza di studenti universitari, commercianti ed espositori dei prodotti biologici e maremmani, ristoratori, chef, turisti, ovvero nuove utenze integrate al tessuto sociale esistente. Questo aiuterebbe l’economia, il centro storico tornerebbe ad essere un cuore pulsante e la città acquisterebbe un nuovo ruolo, anche a scala nazionale.
Per poter realizzare questo cambio di paradigma, come si dirà a breve, è necessaria una serie di operazioni strutturali: la riorganizzazione del sistema della mobilità con l’obiettivo di ridurre l’uso delle automobili nel centro storico, pedonalizzandolo anche grazie ad una strada-parco prevista lungo la circonvallazione esterna alle mura e la realizzazione di un telaio di spazi pubblici, continuo e di maggiore qualità. Oggi, la vera cesura tra tessuto storico e città esterna non è rappresentata esclusivamente dalle mura, perché anche la viabilità che circonda il centro storico rappresenta un forte vincolo: in particolare, l’anello esterno rappresentato dalla circonvallazione è dominio di parcheggi che divorano superficie utile. Per questo motivo la proposta tiene conto della necessità di lavorare sullo spazio pubblico e sulla mobilità, per dare continuità all’attraversamento; per legare gli spazi del centro storico alla città esterna, mediante i percorsi interni alle mura; per realizzare un’unica città, un organismo unitario.
            Oltre alla mobilità, un altro passaggio fondamentale nel complesso programma dell’Officina, è quello dell’integrazione di edifici pubblici, oggi dismessi o poco attivi, che meritano di essere rifunzionalizzati: la casa circondariale, l’ex Ospedale della Misericordia, Palazzo Mensini e le Casette Cinquecentesche del Cassero. Il riuso di tali “contenitori” potrebbe innescare un processo di riqualificazione e risignificazione più ampio, quindi coinvolgere altri spazi, altri ruderi del presente.

Il recupero delle mura rappresenta il focus dell’intero progetto: la riqualificazione degli spazi interni (i passaggi, le piazze basse, le cannoniere) e del parco sovrastante è propedeutica alla riconquista del centro storico. È necessario un cambio di paradigma che attualizzi le mura come infrastruttura (moderna), come organismo poroso capace di collegare il dentro e il fuori, le diverse quote, quelle urbane, quelle ipogee e il parco sovrastante.
           
Due le operazioni di base:

Attraversare_ Il progetto, come “filo di Arianna”, risolve e chiarisce i flussi tra le due città e tra le diverse quote del parco. La riqualificazione in questo senso, permetterebbe agli abitanti di passare da una parte all’altra attraversando le mura, non solo (come avviene oggi) tramite le porte esistenti, ma in maniera molto più porosa, assorbendo e indirizzando i flussi tra città esterna, centro storico e parco sovrastante. Oltre ai sistemi di risalita esistenti, si ipotizzano in alcuni punti strategici, scavi e rimozione della terra di riporto, per realizzare la connessione tra le quote urbane e il parco sovrastante, in ambedue i sensi di percorrenza.

Abitare_ Si abita perché ci si muove, si attraversa, ci si ferma, si lavora, si apprende, ci si incontra, si cresce. Le piazze basse ospiterebbero permanentemente attività didattiche al tempo stesso commerciali, legate alla Scuola del Gusto; le cannoniere in particolari occasioni, unitamente alle piazze del centro storico e alle zattere proposte lungo la strada-parco, potrebbero essere allestite con attività, e funzionare all’unisono.

            Le gallerie diventano gli attraversamenti urbani che mettono in relazione il centro storico con la città esterna; le piazze basse diventano i laboratori in cui gli studenti della scuola potrebbero fare esperienza. Questi ultimi sono gli spazi operativi in cui si lavorano i prodotti e si preparano i piatti; le gallerie diventano passaggi e spazi di supporto, attrezzati con panche, tavoli, sedie, sgabelli per potersi fermare e degustare. La configurazione ordinaria vedrebbe il funzionamento di questo sistema, fortemente integrato al parco fuori le mura, e all’organizzazione degli spazi interni al centro storico, piazze ed edifici pubblici rifunzionalizzati. In casi eccezionali, durante eventi particolari, feste, sagre, e manifestazioni varie (si potrebbe anche ipotizzare Festambiente), questi spazi interni potrebbero funzionare all’unisono, con attrezzature esterne. Alla quota delle cannoniere e lungo la strada-parco si attiverebbero superfici tecnologiche, per ospitare attrezzature ambulanti e allargare le attività, magari il commercio e performances artistiche.

            Il prossimo appuntamento è un evento pubblico in programma per la prima settimana di giugno, periodo in cui il gruppo di progettazione continuerà a confondersi con gli abitanti per condividere e simulare nelle mura della città questa utopia urbana, una risposta che mira alla qualità del sogno, pur dimostrando la sua fattibilità condivisa.

1 - Coordinamento generale dell’arch. E. Milesi della Suola Permanente dell’Abitare.
Per il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, coordinamento di C. Terpolilli, M. Bennicelli Pasqualis, F. Messina; partecipanti: G. Adoni, L. Caraffini, T. Ciani, M. Fabri, L. Norcini, A. Placanica, L. Saladini, T. Ulivi.
Per il Dipartimento di Architettura dell’Università G. d’Annunzio di Pescara, coordinamento di C. Pozzi e M. Manigrasso; partecipanti: O. Berghella, R. Berghella, M. Ciamarra, L. Costantini, A. Gallo, P. Sabatini, G. Santoro, A. Trovarelli.

2 - Si veda “Piccola Guida alla Partecipazione”,  in R. Lorenzo (1998) La città Sostenibile.
Partecipazione, Luogo, Comunità
, pag 67-79. Elèuthera, Milano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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