Il rapporto tra Sostenibilità e Innovazione tecnologica nella progettazione dell’ambiente urbano a cura di Filippo Angelucci

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Le innovazioni tecnologiche per la rigenerazione delle qualità dello spazio urbano
Filippo Angelucci, Antonio Basti, Cristiana Cellucci, Michele Di Sivo, Daniela Ladiana
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Abstract:

Il futuro sostenibile di tutti i sistemi insediativi urbani sembra essere destinato a dipendere dalla ragionevolezza con cui saranno impiegate le innovazioni tecniche per attuare un processo integrato di rigenerazione dei molteplici patrimoni che ereditiamo dalla storia delle città. Tale processo potrà assumere caratteri organici di qualificazione e riqualificazione del sistema urbano solo se fondato sulla costruzione di coerenze tecnologiche tra scala strategica, tattica e operativa, prevedendo interventi per curare, manutenere, rendere accessibile e sicuro il patrimonio naturale e artificiale già presente sul territorio, estendendone il suo ciclo di vita utile e aumentandone il valore per le prossime generazioni.

 

Parole chiave ERC

PE8-10            Tecnologie produttive, ingegneria di processo
PE8-12:           Progettazione sostenibile
SH3-1:             Ambiente, risorse, sostenibilità
SH3-9:             Sviluppo dello spazio insediativo e architettura, usi del suolo, pianificazione strategica
SH5-11:           Patrimonio culturale

 

1. Per un’innovazione tecnologica rigenerativa della città
L’evoluzione e il mantenimento della qualità dei sistemi insediativi urbani sono oggi sempre più condizionati dalla scarsità di risorse materiali, economiche ed energetiche, cui spesso si affianca un abbassamento dei livelli di vivibilità della città, in termini di condizioni microclimatiche esterne, sicurezza e accessibilità a risorse e servizi.
Nonostante l’enfasi dei media nel collocare le criticità delle città contemporanee come conseguenze della globalizzazione culturale e delle recessioni economiche ripetutesi in questi ultimi decenni, tale scenario può definirsi, solo in parte, come esito dei processi di liberalizzazione mondiale dei mercati finanziari o della cosiddetta “Grande Recessione” innescatasi dal 2009. Si tratta invece di rileggere la fase attuale di evoluzione delle città e le loro “insostenibilità” come una perdita del senso dell’urbanità risultante dalla crisi dei saperi, modelli e pratiche progettuali e costruttive che, dal secondo dopoguerra, hanno progressivamente alimentato l'uso irragionevole del capitale naturale e artificiale da parte dei singoli cittadini come delle intere collettività. Secondo questa declinazione del concetto di crisi, le innovazioni maturate nei vari settori tecnici hanno contribuito in modo sostanziale nell’indirizzare le dinamiche di sviluppo delle città e nell’intensificazione dei consumi di risorse. Come ha precisato Mauro Bonaiuti, facendo riferimento al “paradosso del benessere”, è la stessa concezione degli edifici e delle città come concentrazioni di soluzioni tecniche sempre più innovative e ad alta efficienza che, anche riducendo i consumi (e quindi agendo per la sostenibilità), genera nuovi bisogni e innesca processi esigenziali sempre più elevati (Bonaiuti, 2003).
In una visione sistemica olistica della città che supera il concetto di tecnica come mera risorsa strumentale al servizio delle dinamiche produttivistiche quantitative, in realtà entrano in gioco stock di risorse biofisiche, socioeconomiche, culturali e antropiche che interagiscono tra loro (Ciribini, 1971), (Guazzo, 1984), configurando i sistemi urbani come organismi metabolici. La città dovrebbe essere vista allora come ambiente costruito, inteso come luogo della costruzione dei possibili livelli dinamici di mantenimento qualitativo delle condizioni di benessere, in cui ricercare e praticare l’uso ragionevole delle tecniche al servizio degli abitanti e del loro habitat (Vittoria, 1975). Un luogo in cui ristabilire, di fatto, un nuovo quadro relazionale tra natura, uomo e tecniche (Boaga, 1976) e segnare il passaggio dalla razionalità produttiva alla ragionevolezza della “cura” della città (Emery, 2007) (Papa Francesco, 2015).
Soffermandosi sull’idea di ambiente costruito e sulle responsabilità delle tecniche nei processi di costruzione dell’habitat umano, il rapporto tra innovazioni e sostenibilità delle città si riconfigura quindi come una continua ricerca progettuale tecnologico-ambientale, inter/trans-disciplinare, entro cui convergono conoscenze e pratiche gestionali, curative, economiche, legislative (Griffith, 2004) (Chynoweth, 2009). In tale direzione, le criticità che sembrano coinvolgere senza distinzioni di scala tutti gli insediamenti urbani, potranno essere affrontate e risolte ripartendo da una riflessione sulle relazioni (esistenti, interrotte o nuove) tra tecnologie soft e hard per la trasformazione e la gestione dell’ambiente costruito che chiamiamo “città” con i processi abitativi, culturali, sociali ed economici che caratterizzano il vivere insieme la città, in una nuova sintesi glocal/lobal (Robertson, 2007), (Scudo, 2014), (Bonomi, 2014).
È in questi termini che può identificarsi la posizione scientifica del gruppo di ricerca BETHA1 nell’affrontare i nodi della sostenibilità, delle innovazioni tecnologiche e della qualità nei processi di costruzione e gestione dell’ambiente costruito alle varie scale d’intervento. Nodi che, nella dimensione urbana, sono destinati ad assumere una centralità sempre maggiore nella ricerca scientifica e nella progettazione, per aprire una stagione nuova delle tecnologie per l’ambiente costruito come tecnologie rigenerative per la città e i suoi molteplici patrimoni. Capitali ereditati dal passato e da proiettare verso il futuro che richiedono approcci, strumenti e soluzioni sperimentali in grado di rigenerare l’urbanità, ripartendo da assunti forse dimenticati sui rapporti evolutivi tra innovazioni tecnologiche, natura, individui, società (Jantsch, 1969), (Ciribini, 1971) e sulle dimensioni necessarie della cultura ecologica, per riprendere le espressioni di Felix Guattari, cercando nuove e ineludibili ragioni ecologiche del fare la città in senso ambientale, sociale e mentale (Guattari, 1989).

 

2. Tra appropriatezze e devianze: tre nuove direttrici per la qualità urbana
Se per trasformare le attuali insostenibilità della città in opportunità rigenerative per i suoi spazi, utenti e comunità occorre fare riferimento a un nuovo rapporto tra tecnologie, natura, individui, società e artefatti, il senso delle innovazioni tecnologiche dovrà assumere un ruolo diverso nella definizione della qualità dell’ambiente costruito urbano. La stessa idea di qualità urbana deve essere ri-declinata attraverso nuove chiavi di lettura che siano in grado di dare un nuovo slancio alla ricerca sperimentale e alla progettualità, per affrontare quella che si prefigura come una vera e propria fase di transizione verso nuove e imprevedibili forme di urbanità.
Gli stessi binomi relazionali tecnologia-natura, tecnologia-individuo, tecnologia-società e tecnologia-artefatti, seppure fondamentali per la comprensione e la risoluzione delle sempre più complesse problematiche e criticità delle città contemporanee2, non sono più sufficienti nel momento in cui si deve guardare alla città come a un organismo ad assetto variabile e in continuo divenire. Come volle precisare Mario Zaffagnini in una sua riflessione sul senso della qualità della città, la qualità urbana non è data da specifiche condizioni, prese separatamente, ma è l’insieme di tutte e tante altre di cui è difficile un’identificazione sistematica, perché non sempre oggettivabili e costanti nel tempo (Zaffagnini, 1980).
La nuova sfida tecnologica che si prospetta è la reinterpretazione dei nodi problematici del processo di ideazione, realizzazione e gestione dell’organismo città – in chiave dinamica e intersistemica – nella logica di un rapporto più ampio e bilanciato delle innovazioni  tecnologiche con le capacità ecologico-metaboliche dei sistemi naturali, il benessere e la salute degli individui, l’efficacia delle attività dei sistemi socio-collettivi e l’efficienza e le capacità prestazionali dei sistemi tecnico-costruttivi. Un possibile ambito di reinterpretazione del rapporto tra innovazioni tecnologiche e qualità urbana può essere così individuato ripartendo dal rapporto oscillante che le innovazioni devono ormai stabilire con i contesti tecnico-culturali contemporanei in cui esse agiscono, caratterizzati da una sempre meno demarcata riconoscibilità tra aspetti esogeni-globali (di mercato, politici, finanziari, economici, climatici) ed endogeni-locali (produttivi, culturali, amministrativi, religiosi, geografici).
Questo rapporto oscillante si può dire che oggi torni a confrontarsi e quindi a dover essere riletto e governato, tra due concetti riemergenti che, in passato, sembravano assumere valenza solo nella logica delle contrapposizioni tra realtà industriali ad alto sviluppo tecnico-scientifico e paesi in via di sviluppo e di industrializzazione:

In quest’ottica oscillante che restituisce un’instabilità delle città contemporanee, probabilmente destinate ad assumere configurazioni a variabilità sempre più elevate per assecondare le dinamiche imprevedibili del cambiamento, l’obiettivo della sostenibilità urbana, già intrinsecamente difficile da raggiungere, deve assumere nuovi parametri di controllo qualitativo per governare i processi di innovazione tecnica e uso delle risorse. Si tratta di parametri che possono aiutare a determinare non risposte cristallizzate e inamovibili ma strategie, scenari tattici e soluzioni aperte in grado di accompagnare la transizione dalla città come la abbiamo fino a oggi considerata, verso un’idea di città ancora tutta da definire. È in tal senso che la qualità urbana torna a essere considerata non solo come capacità delle soluzioni tecniche di rispondenza puntuale a specifiche problematiche localizzate, misurabile “una volta per tutte”, ma come capacità di intessere relazioni multiscalari e attivare connessioni spazio-temporali, reversibili e ogni volta ri-orientabili, tra usi compatibili e risorse disponibili. Queste nuove direttrici d’indirizzo tecnologico della qualità urbana possono essere riferite a tre principali ma non esclusivi ambiti d’interrelazione:

Sull’uso appropriato/deviante delle innovazioni tecnologiche e su queste tre declinazioni della qualità urbana, il gruppo BETHA ha attivato specifiche attività di ricerca e iniziative di studio, anche in collaborazione con settori disciplinari “altri” che possono positivamente contribuire al processo rigenerativo delle città.

 

3. Approcci, strumenti e azioni tecnologiche rigenerative sulla città
La crisi sistemica ambientale e di risorse dei sistemi insediativi contemporanei – dalle più piccole realtà urbane alle grandi agglomerazioni metropolitane – costituisce quindi per il gruppo di ricerca BETHA il principale settore di attività per sperimentare studi e proposte mirate a trasformare gli attuali livelli di insostenibilità dei processi abitativi in opportunità di adattamento di spazi, utenti e artefatti a fronte dei cambiamenti in atto. Le attività di ricerca in corso si soffermano sulla possibilità di intervenire sugli elementi tecnici e spaziali dell’ambiente costruito urbano, nel breve, medio e lungo periodo, attraverso metodi, strumenti e azioni tecnologiche rigenerative della città.
Si tratta di un percorso progettuale integrato, pianificatorio, propositivo e nello stesso tempo attuativo che non è circoscritto a singole fasi o tematiche settoriali di intervento, ma assume carattere intersistemico, interdimensionale e interscalare. Le ricerche condotte fino a oggi dal gruppo BETHA (e anche quelle in fase di attivazione) si caratterizzano per essere finalizzate ad affrontare tre nuove sfide emergenti nel progetto tecnologico-ambientale del sistema città e delle sue componenti (edifici, isolati, infrastrutture, quartieri, spazi aperti):

Rispetto a queste vision, tre sono gli ambiti entro cui collocare le attività di studio e sperimentazione del gruppo BETHA sul rapporto tra innovazioni tecnologiche e sostenibilità dell’ambiente urbano: i nuovi paradigmi della resilienza e dell’inclusione nel progetto di rigenerazione della città, la cultura della manutenzione e della scurezza per il governo della qualità urbana, il recupero, la valorizzazione e la gestione del patrimonio immobiliare pubblico nell’ottica della riduzione del consumo di suolo.

3.1 Resilienza e inclusione nel progetto di rigenerazione delle città
In attesa di uscire dalla una fase di recessione che sembra destinata a protrarsi per un lungo periodo, il nodo del rapporto tra innovazioni tecnologiche e sostenibilità ecologica, economica e sociale dei sistemi insediativi urbani dovrà confrontarsi con un problema del tutto nuovo: la rifunzionalizzazione e la rivalorizzazione delle risorse esistenti della città (naturali, artificiali, umane), prima ancora di prevedere nuove forme di espansione e costruzione. È necessario un radicale cambio di rotta nelle finalità stesse del progetto dello spazio della città che dovrà essere innanzitutto ripensato attraverso interventi mirati a riconoscere ed enfatizzare le capacità di resilienza e inclusione3 delle risorse realmente disponibili; intervenire quindi procedendo nella riconnessione delle componenti naturali e antropiche del sistema insediativo per riconoscerne capacità residue (Di Sivo e Angelucci, 2012) e abilità di ‘sostenere’ nel tempo la qualità urbana e affrontare cambiamenti (alcuni dei quali ancora non del tutto prevedibili) di tipo meteorologico, sociale, economico, culturale (Angelucci, Cellucci, Di Sivo, Ladiana, 2015).
Lavorare sulle capacità di resilienza e inclusione dell’organismo città, significa elaborare risposte progettuali interscalari (a livello strategico, tattico e operativo) che possano assumere configurazioni variabili e reversibili nel breve, medio e lungo periodo, rispondenti a esigenze di diverse categorie di utenza e in grado di accogliere e integrare nel processo di rigenerazione urbana molteplici competenze, abilità, cittadinanze e creatività.
In questo senso alcune tra le esperienze condotte dal gruppo BETHA – quali il progetto DeLiCiA (Designing Livable City for All) (Angelucci e Di Sivo, 2013) o le sperimentazioni sui sistemi d’ambito fluviale della Val Pescara (Angelucci, Di Sivo e Ladiana, 2014) – sono state finalizzate a individuare, rispetto al quadro delle richieste reali di trasformazione dell’ambiente costruito, condizioni, requisiti, prestazioni e soluzioni per rigenerare vitalità e vivibilità del sistema urbano e delle sue componenti attraverso  un progetto aperto e dinamico (Figg. 1, 2 e 3).
Le innovazioni tecnologiche assumono quindi una specifica connotazione abilitante/capacitante che va oltre la visione quantitativa del progetto e opera sulle qualità integrate di spazi, componenti naturali/artificiali, edifici, infrastrutture ed elementi tecnici, enfatizzandone: le reattività, evolutività e connettività metabolico-ambientali, l’adattabilità e inclusività organizzativo-procedurale, la trasformabilità, flessibilità e accessibilità tecnologico-spaziale (Angelucci, Di Sivo e Ladiana, 2013/1).

3.2 Manutenzione e sicurezza per il governo della qualità urbana
Poiché nella città convivono e coevolvono aspetti sociali, economici e fisico-ambientali, la programmazione di qualsiasi attività di trasformazione o conservazione deve tendere alla massima integrazione possibile fra tali aspetti se intende conseguire una reale efficacia degli interventi nel mantenimento e nel miglioramento delle qualità urbane.
La necessità di distaccarsi dalle tradizionali politiche di gestione emergenziale degli effetti indotti dall’obsolescenza e dal degrado dei sistemi urbani, e delle loro componenti edilizie e infrastrutturali, richiede oggi un cambiamento sostanziale sia delle strategie di programmazione finalizzate al perseguimento della sostenibilità, sia delle azioni operative sul patrimonio della città affinché possa essere tramandato alle future generazioni di abitanti. È necessario operare per il conseguimento dell’efficienza urbana guardando alla città come a un patrimonio da curare, rendere sicuro e migliorare nelle sue prestazioni in termini di vivibilità e abitabilità. Assumere l’efficienza urbana come obiettivo del progetto per la manutenzione e la sicurezza della città implica quindi una programmazione sistemica delle azioni progettuali affinché siano finalizzate non solo al mantenimento della pluralità degli oggetti che compongono il sistema urbano, ma anche a garantire la permanenza/miglioramento delle prestazioni erogate dal sistema stesso nella sua interezza (Di Sivo, 2004).
Le esperienze condotte dal gruppo BETHA per la condivisione degli spazi scolastici (Angelucci, Di Sivo e Ladiana, 2013/2) (Figg. 4, 5 e 6) e per la costituzione di laboratori di quartiere per la cura e la manutenzione della città, in questo senso, dimostrano la possibilità di rileggere le innovazioni tecnologiche come risorse preziose per erogare prestazioni adeguate alle nuove esigenze degli abitanti delle città contemporanee che sono solo in parte riconducibili al degrado fisico-materico di edifici e infrastrutture.
La cura, la sicurezza e la manutenzione della città sono allora viste in una chiave completamente nuova: non solo come strategie per la riparazione, l’adeguamento, la sostituzione di componenti o parti del sistema urbano, ma come azioni che attraverso la facilitazione di nuovi usi e funzioni per le risorse della città e un processo coordinato di progettazione partecipata e condivisa degli spazi comuni, costruiscono progressivamente le condizioni per estendere il concetto di sostenibilità agli aspetti sociali, economici e culturali del vivere insieme.

3.3 Recupero, valorizzazione e gestione del patrimonio immobiliare pubblico
Il tema della gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico sottoutilizzato può rappresentare una delle azioni significative ai fini di un’auspicata e progressiva mitigazione dell’impronta ecologica del costruito. Il recupero e riuso delle dotazioni edilizie preesistenti oltre a configurare un vantaggio ambientale legato alla minore necessità di realizzare nuove volumetrie e infrastrutture, lascia intravvedere la possibilità di innescare processi virtuosi di riqualificazione di edifici e parti di città, altrimenti soggetti a degrado e abbandono4 (Fig.7).

La fattibilità di tali processi dipende dalla corretta composizione di una complessa serie di elementi, tra cui l’individuazione delle potenziali ‘vocazioni’ e i relativi scenari di riutilizzazione dei beni, la formulazione delle modalità di attuazione degli interventi (gestione diretta, cessione in uso, alienazione), lo sviluppo degli strumenti di controllo per la verifica del conseguimento dell’utilità pubblica5 (AA.VV., 2014). Del resto, i più recenti sviluppi legislativi in materia6 hanno progressivamente individuato strumenti di programmazione e gestione del patrimonio immobiliare tesi a coniugare il tema della 'valorizzazione immobiliare’ con quelli dello sviluppo del territorio, per mettere a sistema il “capitale territoriale” locale (Truppi, 2012). Il conseguimento di tale obiettivo presuppone però adeguati strumenti normativi, regolamentari e tecnico-procedurali per consentire il governo dei processi decisionali e attuativi della pianificazione. Processi che spesso devono coniugare le istanze dei soggetti pubblici detentori dei beni e le istanze dei soggetti privati interessati a investire nelle iniziative di valorizzazione (Tronconi, 2012).
Qualunque sia lo scenario o la procedura di valorizzazione ipotizzata (Ascioni, 2013), appare evidente la necessità di una serie di attività volte alla “conoscenza” e all’analisi del patrimonio immobiliare (caratteristiche dimensionali, funzionali, fruitive, strutturali, energetiche, tecnologiche e impiantistiche) (Fig. 8) e gestionali (De Santoli, 2010), per quindi formulare un’attribuzione di valore sulla quale attivare i processi di consultazione pubblico-privati e quindi procedere nella definizione di scenari7 di riuso e riqualificazione il più possibile condivisi tra le comunità locali8.
In questa direzione, le attività del gruppo BETHA nei settori della manutenzione e della gestione del patrimonio scolastico (Di Sivo, 2012) e della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico (Basti et al., 2012) hanno definito soluzioni a supporto dei processi di recupero e valorizzazione degli edifici esistenti, valutandone prestazioni, potenzialità e soluzioni con cui riattualizzare le culture costruttive tradizionali o prevederne alcune completamente nuove.

4. Gli orizzonti di innovazione tecnologica per le città del futuro
L’interpretazione delle innovazioni tecnologiche in chiave curativa/rigenerativa che si sta portando avanti nell’ambito delle attività del gruppo BETHA, può assumere particolare importanza e centralità nel processo di mantenimento, cura, messa in sicurezza e riqualificazione delle risorse fisiche della città. Si tratta infatti di ripensare le tecnologie per costruire in un’accezione “trasversale” e interscalare che permette di ricollegare in un circolo di coerenze tecnico-costruttive gli aspetti di pianificazione dei processi trasformativi della città con quelli di condivisione e concertazione degli interventi, fino a giungere agli aspetti più strettamente attuativi e cantieristici.
In tale direzione, uno dei principali orizzonti di innovazione che si prospettano in questa visione tecnologica ampliata del progetto è costituito dalla ricollocazione della disciplina della tecnologia dell’architettura in un ruolo nuovo – certamente ancora tutto da indagare – a supporto dei processi di gestione, modificazione e rigenerazione delle città.
In un quadro operativo dell’abitare e del costruire come quello attuale che sembra chiudere, definitivamente, la stagione dell’uso indiscriminato, tecnocentrico e irresponsabile delle risorse della città, le tecnologie, più che colonizzare spazi e suoli, dovranno garantire congruenze e continuità nella definizione della qualità urbana, ai diversi livelli di intervento e nel corso delle possibili future stagioni di conservazione e/o trasformazione.
Le innovazioni tecnologiche assumeranno quindi un ruolo nuovo e duale, tecnico-materico e nello stesso tempo informazionale-immateriale. Esse saranno chiamate a interpretare le esigenze degli abitanti e le variazioni dei loro comportamenti, a riconoscere le capacità e le condizioni di adattamento del sistema insediativo, a garantire la rinnovabilità delle risorse e il loro utilizzo sostenibile, a favorire, coltivare e sviluppare abilità e funzionalità nuove e alternative per vivere la città. In pratica, a governare i vari aspetti dell’evoluzione dello spazio urbano compatibilmente con le risorse disponibili, facendo coesistere e convergere nel progetto della città conoscenze gestionali, economiche, legislative e tecniche.

Note

* Il presente saggio è esito di riflessioni degli autori condotte nell’ambito delle attività del gruppo BETHA. In particolare: F. Angelucci è autore dei paragrafi 1 e 2; F. Angelucci, A. Basti, C. Cellucci, M. Di Sivo e D. Ladiana sono autori dei paragrafi 3 e 4; F. Angelucci, M. Di Sivo, C. Cellucci e D. Ladiana sono autori del paragrafo 3.1; M. Di Sivo, D. Ladiana, F. Angelucci e C. Cellucci sono autori del paragrafo 3.2; A. Basti è autore del paragrafo 3.3.

1. Costituito nel 2012 presso il Dipartimento di Architettura dell’Ateneo di Chieti-Pescara, all’interno della sezione PAr (Patrimonio Architettonico), il gruppo di ricerca BETHA – Built Environment Technologies and Healthy Architectures, formato da docenti e ricercatori afferenti al settore scientifico disciplinare ICAR/12 (Tecnologia dell’Architettura), colloca le proprie attività scientifiche e sperimentali nel settore della progettazione e gestione tecnologica dell'’ambiente costruito sia in continuità con gli studi condotti, negli anni passati, presso il Dipartimento di Tecnologie per l’Ambiente Costruito (DiTAC) e il Laboratorio sulla Qualità Sicurezza Manutenzione (QSM), sia in una prospettiva di ricerca interdisciplinare sulle tematiche dell’innovazione dei processi costruttivi, della trasformazione sostenibile dell'habitat antropico, del recupero e della rigenerazione del patrimonio costruito, alla scala edilizia, urbana e territoriale.
2. Anche se non ancora del tutto indagati nelle loro ricadute globali e nelle loro compatibilità con gli assetti locali spazio-territoriali, tali ambiti relazionali hanno comunque permesso di ampliare il governo delle innovazioni tecnologiche nel settore delle trasformazioni della città, orientando gli obiettivi della qualità architettonica e urbana nelle direzioni della sostenibilità ecologica, sociale, economica ed energetica, in termini prestazionali e oggettivamente verificabili.
3. In quest’ambito di sperimentazione il rapporto tra innovazioni tecnologiche e progetto urbano fa riferimento a due concetti emergenti: la resilienza, intesa come capacità dinamica di adattamento e riorganizzazione di un sistema complesso bio-psico-socio-ecologico come la città a fronte di eventuali cambiamenti; l’inclusione che, secondo la classificazione ICF della World Health Organization, permette di rileggere qualsiasi spazio abitativo come sistema in grado di includere o escludere le persone, abilitandone o inibendone le capacità funzionali, emotive, fisico-motorie e cognitive.
4. Significativa per questo aspetto è stata la campagna di sensibilizzazione RI.U.SO., RIgenerazione Urbana Sostenibile, promossa dal 2012 da CNAPPC (Consiglio Nazionale Architetti, Pianificatori, Paesaggisti, Conservatori), ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) e Legambiente.
5. Da questo punto di vista già il Codice dei beni culturali e del paesaggio (DLgs 42/2004, art. 111) individuava nella valorizzazione integrata del territorio uno degli strumenti metodologici e operativi indispensabili, anche ai fini della promozione e del sostegno allo sviluppo economico delle comunità locali, nella consapevolezza che la valorizzazione dei beni culturali si persegua  mediante la “[…] costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, ovvero nella messa a disposizione di competenze tecniche […]”.
6. Legge n°410/2001 (Conversione in Legge del DL n°351/2001); Decreto Legge n°201/2011, (convertito in Legge n°214/2011) che introduce nella Legge 410/2001 i PUVaT (Programmi Unitari di Valorizzazione del Territorio) che sebbene finalizzati al governo di iniziative territoriali, individuano come obiettivo finale il promuovere, coordinare e supportare i processi di rifunzionalizzazione e valorizzazione di immobili di proprietà dello Stato, di Enti territoriali e di altri soggetti pubblici.. Questo sia per garantire una migliore razionalizzazione nell’uso delle dotazioni immobiliari pubbliche, sia per incentivare nuove forme di partenariato pubblico-privato orientate all’inclusione degli interessi del mercato e degli imprenditori nelle logiche di rigenerazione di contesti urbani degradati. Si veda a riguardo l’esperienza condotta da Agenzia del Demanio con riferimento alla Città di Bologna consultabile al sito: www.agenziademanio.it/opencms/it/notizia/PUVat-Bologna.
7. Tra i principali aspetti necessari per la definizione degli scenari di recupero e rivalorizzazione si possono considerare: la fattibilità tecnico-economica (requisiti funzionali, tipologici, tecnologici), finanziarie e amministrativa; l’elaborazione di strumenti e procedure di regolazione e controllo per la trasparenza e la garanzia di qualità del progetto, della costruzione e della gestione degli interventi; i criteri per la gestione “migliore e compatibile” degli interventi con le fondamentali esigenze di tutela dei diritti a vantaggio della collettività.
8. Ci si riferisce in particolare agli obiettivi di sviluppo locale partecipativo fissati dagli artt. 32, 33 e 34 del Reg. CE 1303/2013 e disciplinati attraverso la formulazione delle “Strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo” e del metodo “Leader” che affida la governance dei processi alla “Community Led Local Development (CLLD) ”.

 

Gli autori

Filippo Angelucci, Architetto, PhD in Progettazione ambientale, è Ricercatore in Tecnologia dell’architettura presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, dove svolge attività scientifica e didattica. È autore di numerosi studi e pubblicazioni sui temi dell’innovazione tecnologica e delle metodologie di approccio al progetto ambientale in ambito edilizio, urbano e territoriale.
Antonio Basti, Architetto, è Ricercatore in Tecnologia dell’architettura presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, dove svolge attività scientifica e didattica. È autore di numerosi studi e pubblicazioni sui temi della sostenibilità ambientale applicata ai materiali ed elementi costruttivi, e delle metodologie e strumenti per la valorizzazione, riqualificazione energetica e salubrità del patrimonio edilizio esistente.
Cristiana Cellucci, Architetto, PhD in Building Technology and Environment, assegnista di ricerca in Tecnologia dell’Architettura presso l’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti- Pescara.
Michele Di Sivo, Architetto, Professore Ordinario in Tecnologia dell’architettura presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, è Direttore di corsi post laurea sulla manutenzione e il management nel settore edilizio. È membro dell’associazione italiana di manutenzione (A.I.MAN) e autore di numerosi studi e pubblicazioni sui temi della manutenzione e della sicurezza in campo edilizio.
Daniela Ladiana, Architetto, Ph.D in “Cultura Tecnologica e Progettazione Ambientale”, Ricercatore confermato in Tecnologia dell’architettura presso il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, è membro del collegio dei docenti del dottorato P.I.S.A. dell’UdA. Svolge attività di ricerca nell’ambito della manutenzione e sicurezza dei sistemi edilizi e della manutenzione e gestione sostenibile dell’ambiente costruito.

 

Riferimenti biliografici

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Fig. 1. Progetto DeLiCiA - Designing Livable City for All. Esempio di analisi quali-quantitativa nelle aree d’intervento, delle risorse tecniche e delle esigenze dell’utenza reale e scenari di impiego delle soluzioni tecnologiche rigenerative dello spazio urbano. Progetto d’Ambito fluviale della Val Pescara. Esemplificazione della fase analitico-conoscitiva delle aree di intervento; sottoambito periurbano/urbano Aeroporto d’Abruzzo/Marina di Pescara. Fig. 3. Progetto d’Ambito fluviale della Val Pescara. Quadro problematico dell’assetto idrogeologico, individuazione dei componenti tattici del modello di intervento e quadro degli interventi d’ambito; sottoambito periurbano/urbano Aeroporto d’Abruzzo/Marina di Pescara. Fig. 4. Progetto Scuola-Città per la costituzione di un sistema di condivisione degli spazi scolastici all’aperto. Esempio di mappatura delle risorse tecnologico-ambientali esistenti nelle varie tipologie di spazio aperto e valutazione delle potenzialità in vista dell’attivazione di processi di condivisione. Fig. 5. Progetto Scuola-Città per la costituzione di un sistema di condivisione degli spazi scolastici all’aperto. Esempio di metaprogettazione degli spazi di condivisione, scuola Bruno Buozzi Pescara. Fig. 6. Progetto Scuola-Città per la costituzione di un sistema di condivisione degli spazi scolastici all’aperto. Scenari di condivisione, scuola Bruno Buozzi Pescara. Fig. 7. Valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico. Progetto per la riqualificazione dell’ex Ferrhotel di Pescara. Stato di fatto e ipotesi di recupero. Fig. 8. Valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico. Progetto per la riqualificazione e miglioramento dell’efficienza energetica del polo universitario Pindaro di Pescara. Stato di fatto e ipotesi di riqualificazione degli involucri edilizi.