Il rapporto tra Sostenibilità e Innovazione tecnologica nella progettazione dell’ambiente urbano a cura di Filippo Angelucci

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Ambiente, Progetto, Tecnologia
Anna Bonvini, Angela Giovanna Leuzzi
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Abstract:
L'analisi degli studi volti a comprendere le cause del progressivo aumento della temperatura terrestre fornisce un dato allarmante: le strutture urbane e gli edifici sono responsabili del 40% del consumo di energia e dell'inquinamento atmosferico. Partendo da tale dato, all’interno della SAD – UNICAM, un gruppo di giovani ricercatori, coordinato da Federica Ottone e Roberta Cocci Grifoni, lavora sui temi del comfort outdoor e della rigenerazione urbana, sia a scala ampia che a livello dell’edificio e dell’elemento costruttivo, cercando il corretto equilibrio tra innovazione tecnologica, prestazioni energetiche, qualità dell’architettura e attenzione all’utente. Il lavoro svolto trova riscontro nella definizione della metodologia TENS e in alcune ricerche applicate di carattere interdisciplinare.

Parole chiave ERC
PE8-12:        Progettazione sostenibile
SH3-1:         Ambiente, risorse e sostenibilità

Ambiente, Progetto, Tecnologia: una questione di responsabilità (A.G. Leuzzi)
A partire dalla rivoluzione industriale, le attività umane hanno sempre più rapidamente cambiato la fisionomia del nostro pianeta. Dalla fine del XVIII secolo, il rapporto degli umani con l'ambiente è cambiato e continua a cambiare a una velocità tale da rendere gli eventi di ieri già superati. Allo stesso tempo, le prospettive future appaiono incerte e quasi sempre imprevedibili nella loro evoluzione, dandoci l'impressione di vivere un “periodo critico”. Tra i molti cambiamenti, quelli che riguardano l'ambiente e i relativi problemi, hanno giocato un ruolo decisivo nel corso degli ultimi 50 anni, arrivando a rappresentare "Il problema sociale più importante del mondo" (Postiglione, 2000).

L'umanità è quindi di fronte a una crisi ambientale imminente di vaste proporzioni: una crisi che sta causando e causerà problemi in modo talmente complesso da richiedere “nuovi modi di pensare e di agire”(Pozzati e Palmieri, 2007).Da diverso tempo è condivisa la necessità di ripensare in modo etico il mondo tecnico-scientifico che si trova ad affrontare studi con implicazioni sociali e ambientali delicate. Già nel 1970 scienziati come John Passmore (1986) e Hans Jonas (1990) auspicavano la nascita di una nuova forma di civiltà tecnologica: una forma basata sull'etica e sul principio di responsabilità che comporta conoscenze interdisciplinari in grado di cogliere i molteplici aspetti del “problema ambientale”. Fino a poco più di 50 anni fa, l'evoluzione del clima del nostro pianeta era ancora definita dalla comunità scientifica in termini di dinamiche congiunturali generalmente stabili nel lungo termine; solo nella seconda metà del secolo scorso si è dimostrata una chiara influenza antropica sul clima e come questa interferenza ha portato a un cambiamento significativo nella composizione atmosferica e il conseguente riscaldamento della superficie terrestre.

Questa nuova consapevolezza ha dato luogo a una serie di programmi di ricerca mirati a individuare correlazioni tra inquinamento atmosferico, aumento della temperatura media del pianeta e intensificazione di eventi meteorologici estremi. Emblematico è il lavoro del gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC, 1990-2014 ), che, attraverso cinque relazioni di valutazione prodotte a partire dal 1990, fornisce una panoramica completa dei cambiamenti climatici e dei fattori che ne sono responsabili.L'attenta analisi degli studi volti a comprendere le cause del progressivo aumento della temperatura della superficie terrestre fornisce un dato allarmante per chi si occupa di pianificazione e progettazione ambientale: le strutture urbane e gli edifici sono responsabili del 40% del consumo di energia e dell'inquinamento atmosferico.Assunta la responsabilità del settore delle costruzioni nel consumo di energia e materiali si è cercato da tempo di correre ai ripari. La pressante necessità di rispondere in modo rapido e funzionale al problema ha portato a un’esasperazione dell’utilizzo di tecnologie innovative, mettendo in secondo piano aspetti altrettanto importanti: il linguaggio, l’estetica e la percezione degli spazi da parte degli utenti. Si è in altri termini guardato all’uso di dispositivi tecnologici come serre, impianti fotovoltaici o di materiali con particolari caratteristiche prestazionali, come a soluzioni da adottare “a catalogo” piuttosto che come a un’occasione di sviluppo tecnologico del tema della progettazione ambientale.

La rapidissima evoluzione delle tecniche costruttive ha spinto la ricerca architettonica a confrontarsi con aspetti legati quasi esclusivamente a richieste di mercato; un mercato globale alle cui leggi tutto si sottomette, anche quel ruolo etico cui l’architetto è stato da sempre chiamato.«Le dinamiche complesse e, a volte incomprensibili, di trasformazione dell’ambiente costruito determinano oggi un atteggiamento spesso rinunciatario o, ancora peggio, di auto-giustificazione riguardo all’impossibilità dei progettisti di esercitare una reale e concreta influenza» (Ottone, 2008). In questo contesto «l’innovazione tecnologica dovrebbe rappresentare per molti uno strumento attraverso il quale esplorare una nuova concezione di spazio, che assuma su di sé tutte le possibili implicazioni che la contemporaneità suggerisce, non solo dal punto di vista del progresso tecnologico, ma anche e soprattutto di un modo diverso e “imprevedibile” di abitare lo spazio in sintonia con i ritmi e le aspettative dell’uomo» (Leuzzi, 2013).

La percezione spazio – sensoriale come guida del progetto ambientale (A.G. Leuzzi)
Partendo dalla concezione antropocentrica del progetto il gruppo di ricerca, coordinato dalla professoressa Ottone e dalla dottoressa Cocci Grifoni, tratta i temi relativi alla progettazione ambientale e sostenibile, alla progettazione eco-compatibile e bioclimatica, alle tecnologie innovative per il risparmio energetico e all’integrazione delle energie rinnovabili nell’ambiente costruito, concentrando l’attenzione delle proprie sperimentazioni sulla percezione umana dell’ambiente costruito. Alle attività di ricerca collaborano i dottori di ricerca architetto Anna Bonvini e architetto Angela Giovanna Leuzzi, affiancate da un gruppo di giovani dottorandi.

Il tema è declinato secondo approfondimenti in ambiti specifici e a diverse scale. Il denominatore comune individuato, come già detto, si basa sui concetti di comfort outdoor e indoor e sul risparmio energetico in stretta connessione con la questione climatica relazionata agli spazi aperti e agli spazi interni; laddove nel termine comfort si ricomprende non solo l’aspetto fisiologico, ma anche temi più ampi che comprendono la psicologia ambientale e gli aspetti socio-economici.

Numerosi studi hanno dimostrato da tempo come la qualità dell’ambiente fisico e relazionale, e quindi non solo i fattori di carattere fisiologico, incida sulla psicologia degli utenti e sul loro stato fisico arrivando a influenzare considerevolmente i comportamenti e le condizioni psico-fisiche di chi fruisce uno spazio in modo continuativo.«La progettazione degli spazi richiede, quindi, approfondimenti conoscitivi che esulano dalle sole norme tecniche, ma che coinvolgono aspetti multidisciplinari legati a sistemi di analisi esigenziali più complessi e alla definizione di nuovi requisiti spaziali e funzionali. Il concetto di qualità è declinato in relazione alla funzionalità, al soddisfacimento delle richieste dell’utente e alle condizioni micro-climatiche. Il benessere psicologico, sociale e visivo di ogni ambiente è dato dall’eliminazione dei fattori di rischio, delle cause di inquietudine e degli stati di isolamento; elementi che si aggiungono al controllo del microclima e della qualità dell’aria e del rumore quali fattori di qualificazione dell’ambiente. Queste considerazioni portano in primo piano l’importanza del giusto rapporto tra uomo e spazio e della “qualità ambientale” nella sua definizione più ampia che ricomprende l’ambiente fisico, relazionale, operativo e organizzativo» (Leuzzi, 2013).

Outdoor e comfort: la metodologia TENS (A. Bonvini)
Il gruppo di ricerca indaga il tema del comfort da diversi punti di vista e alla diversa scala: da quella dello spazio urbano, a quella dell’edificio. Un particolare ambito che si è voluto sviluppare riguarda gli spazi aperti all’interno delle città.Nello specifico, gli spazi aperti sono individuati come punti nodali della progettazione a scala urbana, in un’ottica di mitigazione climatica e di risparmio energetico. Tali spazi assumono il ruolo di “filtri termodinamici” e possono contribuire al miglioramento della qualità ambientale e del comfort outdoor in relazione al cambiamento climatico in atto e alla rapida evoluzione delle dinamiche di trasformazione urbana.Il cambiamento climatico induce a un differente approccio progettuale, basato sull’adattamento del costruito alle nuove condizioni di contesto, diminuendo i consumi di energia e migliorando le condizioni di comfort sia degli spazi interni degli edifici, sia delle aree urbane adiacenti. Esiste una relazione inscindibile tra il miglioramento delle condizioni di comfort indoor e le condizioni che sussistono negli spazi aperti adiacenti. Vengono quindi proposte nuove metodologie per strutturare questa relazione tra costruito e non, dove quest’ultimo assume un ruolo fondamentale di estensione e prolungamento funzionale, climatico e di relazione dello spazio interno. La misurazione della condizione di comfort consente di valutare questo interscambio e questa rapporto di reciprocità tra “dentro” e “fuori”.

Questo approccio progettuale si riverbera nelle attività svolte all’interno del Laboratorio di Progettazione Ambientale, tenuto dalle docenti Ottone e Cocci Grifoni presso la Scuola di Architettura e Design “E. Vittoria” dell’Università di Camerino, e nella ricerca dove vengono considerati e messi a sistema elementi provenienti dalla progettazione urbana, come l’orientamento, l’uso del verde e dell’acqua, i materiali delle pavimentazioni e dei rivestimenti, il colore degli edifici. Tutti elementi che contribuiscono al riscaldamento climatico e alla formazione di isole di calore urbano, ma che non sono presi in considerazione dall’approccio tradizionale alla progettazione alle diverse scale, da quella del quartiere a quella urbana.Al fine di proporre e verificare scenari di trasformazione urbana si stanno elaborando metodologie che indagano lo spazio aperto utilizzando nuovi strumenti come la TENS, Tomographic ENvironmental Sections, per progettazione dalla micro alla grande scala.

Si tratta di una metodologia mirata all’analisi dei contesti ambientali e al controllo degli effetti provocati dal progetto.Per argomentare la struttura della TENS, si affrontano casi studio (Fig. 1), attraverso cui definire una metodologia che conduce alla formulazione di uno strumento operativo nell’ambito della progettazione del comfort outdoor e del miglioramento della qualità urbana finalizzata alla mitigazione climatica e al risparmio energetico.

La TENS viene «messa a punto con lo scopo di individuare e analizzare, attraverso l’uso ripetuto della sezione verticale, gli intensi rapporti tra lo spazio urbano aperto e gli edifici, tenendo conto delle condizioni microclimatiche del sito, ossia la specificità dei singoli luoghi in relazione anche alla conformazione dell’insediamento urbano o paesaggistico. Lo strumento che permette l’analisi tomografica è la fluidodinamica computazionale (CFD)» (Ottone e Cocci Grifoni, 2012/2013). Si tratta di un approccio metodologico in evoluzione, estremamente efficace, perché in grado di analizzare le variabili di progetto attraverso il moto dei fluidi termodinamici, in grado di assecondare le forme complesse, appunto, come quelle urbane.Entra in gioco il tema della sezione (Fig. 2), strumento fondamentale nello studio delle relazioni tra pieni e vuoti in relazione ai dati ambientali e climatici. La sezione è uno strumento sufficientemente complesso e in grado di fornire le informazioni necessarie per un progetto urbano.

Viene scelto il software ENVI-MET, attraverso cui svolgere le analisi relative allo stato ante e post operam dell'area di intervento. Si tratta di un software che utilizza un metodo di calcolo deterministico di tipo S.V.A.T. (Soil, Vegetation, Atmosphere Transfer). Esso opera a un livello di micro-scala urbana e, attraverso equazioni di tipo termo-fluidodinamico, permette di simulare il comportamento di un modello climatico tridimensionale.L’analisi dei dati di output e l’incrocio dei risultati ottenuti in pianta e nelle sezioni – trasversali e verticali – su temperatura dell’aria, umidità relativa, direzione e intensità del vento e PMV forniscono un quadro complessivo su cui operare per formulare le strategie d’intervento. Questi dati vanno interpolati con il quadro esigenziale-prestazionale dello spazio aperto, al fine di considerare tutte le variabili di progetto.L’obiettivo è disporre di uno strumento semplificato in grado di interpretare le caratteristiche degli spazi aperti in modo dinamico e capire la tendenza che hanno i flussi termodinamici nel tempo e nello spazio. Per questo motivo si sceglie di operare tramite le sezioni (Fig. 3), sia trasversali che verticali, per indagare la variazione dei parametri climatici a quote differenti e verificare l’andamento del gradiente in verticale in tutti i punti necessari.

In questo modo si configura un rinnovato rapporto con la forma urbana, che spesso non risponde ai bisogni immediati, né alla gestione delle risorse disponibili. Con la nozione di sostenibilità e in risposta ai mutamenti climatici, soprattutto al fenomeno del surriscaldamento, si assiste al ritorno di una forma di necessità che implica la corretta gestione delle risorse ambientali in relazione alle caratteristiche climatiche, dove gli spazi aperti e gli edifici circostanti, i luoghi pubblici e quelli privati possono collaborare e mettere in campo strategie che apportino mutui benefici.Il progetto potrà affinare la sua ricerca di codici con cui interpretare le esigenze e le possibili prestazioni degli spazi aperti, tentando di ottenere la migliore configurazione possibile. Questo implica di dover considerare simultaneamente i diversi dati ambientali e quelli espressi dal progetto urbano.La metodologia proposta TENS è indicata come uno degli strumenti utili per simulare scenari dinamici che indichino la tendenza con cui i parametri ambientali considerati variano nel tempo e nello spazio. Al progettista spetta il ruolo di interpolare queste informazioni con gli altri dati sensibili desunti dal contesto e dal progetto, per prefigurare la condizione urbana che più si avvicina ai valori di comfort ideali.Diverse sono le pubblicazioni prodotte dal gruppo di ricerca e le tesi di dottorato1 riguardanti quest’ambito e la metodologia sopra indicata.

Dalla metodologia al progetto (A. Bonvini)
La metodologia e l’approccio al processo progettuale sono inoltre applicati a ricerche di carattere operativo condotte in collaborazione con aziende e associazioni. In particolare, con il progetto QuHabit2, concluso nel 2014, si intende offrire un contributo significativo per concretizzare e rendere fattibili le riflessioni progettuali sugli spazi aperti realizzando nuovi dispositivi temporanei di arredo outdoor che stabiliscano una relazione tra costruito e non costruito. È approfondita la dimensione “temporanea” degli spazi urbani come risposta alle esigenze economiche e sociali contemporanee che sollecitano attività convertibili. Inoltre si osserva come oggi anche gli ambienti outdoor abbiano bisogno di un approfondimento delle caratteristiche fisiche e formali. Si tratta, infatti, di vere e proprie estensioni degli spazi interni per i quali i fruitori esigono un elevato livello qualitativo e un approccio multisensoriale (Fig. 4).

Impostando i corretti parametri climatici e quelli legati alle caratteristiche fisiche del contesto e dell’individuo il progetto prevede che vengano fornite molteplici configurazioni in grado di garantire un determinato grado di comfort outdoor attraverso la creazione di scenari differenti tenendo conto delle variabili soggettive e ambientali(Figg. 5/6).

Con l’obiettivo di sviluppare dei prototipi (Fig. 7), sono stati approfonditi elementi multifunzionali in grado di fornire un elevato livello di comfort, attraverso un approccio estetico intenso, mettendo in gioco le specificità produttive delle singole aziende partecipanti al progetto, avvalendosi del proprio know-how e sfruttando le competenze tecnico scientifiche universitarie.

Outdoor vs indoor: la frontiera come elemento di mediazione climatica (A. G. Leuzzi)
Lo studio del “comportamento climatico” degli spazi aperti costruiti, porta chiaramente a una riflessione obbligata sulla relazione tra esterno e interno, tra ambienti aperti e spazi confinati, delineando un ulteriore campo di ricerca: la relazione edificio-ambiente per la mitigazione climatica e la riqualificazione urbana.

È indubbio il ruolo dell’involucro edilizio come elemento di protezione degli spazi interni rispetto alle condizioni climatiche esterne e numerosissimi sono gli studi svolti su tale argomento. Non di meno, però, l’involucro edilizio ricopre un ruolo fondamentale nella determinazione del comfort outdoor degli spazi di pertinenza degli edifici e della determinazione estetica della qualità urbana.Secondo i report del NOAA e della NASA, il 2014 detiene la temperatura media globale più alta a oggi dal 1880, in linea con le previsioni del modello dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale in atto nel nostro pianeta. Nella Regione Marche, secondo i dati rilevati dalle stazioni agrometeorologiche locali dell’ASSAM, il periodo gennaio-ottobre del 2014 ha fatto registrare una temperatura media di 15,5°C corrispondente a un incremento del +1,1°C rispetto al 1961-2000.La ripercussione del fenomeno di surriscaldamento locale sul bilancio energetico degli edifici è rappresentata dal maggiore consumo di energia primaria legato alla climatizzazione dell’edificio stesso. È noto che il raffrescamento degli edifici costituisce un processo più “energivoro” del riscaldamento e che negli ultimi anni i consumi e le potenze richieste per il raffrescamento sono più che raddoppiate. Ne consegue la necessità di ridurre tali carichi estivi andando ad agire sugli elementi che modificano il campo radiante, mediante un attento processo di riqualificazione urbana. Oggi gli architetti hanno la possibilità di realizzare superfici complesse, ispirandosi anche all’epidermide umana. La pelle degli edifici può funzionare come un sensore altamente ricettivo per intercettare i flussi di energia in esso passanti. L’architettura “epidermide” (Romano, 2011) deve essere adattiva e flessibile come la nostra pelle o come quella dei tessuti che la proteggono e capace di scambiare “informazioni energetiche” con il mondo esterno.

È ormai evidente, che stiamo assistendo a un progressivo surriscaldamento del pianeta e che il tema della risposta energetica degli edifici nel periodo estivo assume sempre più importanza. Da diversi anni si sono studiate soluzioni tecnologiche indirizzate allo sviluppo dei cosiddetti cool roof; ricerche cha hanno dimostrato come l’utilizzo di materiali freddi in copertura possano abbassare notevolmente il dispendio energetico degli edifici per la climatizzazione.
Per analogia, all’interno del gruppo di ricerca, si stanno approfondendo le tematiche legate all’uso di facciate fredde, individuando, nel tema della riqualificazione dei fronti urbani, non solo un’occasione di miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici, ma anche l’occasione per l’incremento del comfort outdoor.L’impatto delle tecnologie utilizzate dei materiali a elevata riflessione solare caratterizzanti le Cool Facades permette di ottimizzare le prestazioni energetiche per il raffrescamento estivo degli edifici e, contemporaneamente, di conseguire migliori condizioni di comfort termo igrometrico degli edifici esistenti e degli spazi outdoor di loro pertinenza.Infatti, un contributo importante che l’utilizzo di facciate fredde può portare è quello di diminuire sensibilmente il valore dei calori di scarto antropici, tra cui predomina quello rilasciato dalle unità esterne dei condizionatori, che tende ad aumentare la temperatura dell’aria esterna di circa 1-2 °C durante i giorni feriali (D. Sailor et al., 2004). È stato dimostrato, inoltre, che per ogni grado di temperatura dell’aria che aumenta, corrisponde un aumento dei consumi elettrici tra lo 0,45% e l’8,5%, (Santamouris et al., 2014). Inoltre, molteplici studi sull’uso dei materiali freddi (Cool Materials) mostrano l’effetto di tali materiali sull’albedo (coefficiente di riflessione) dei tetti delle città, generando un suo sensibile aumento e registrando, al contempo, una diminuzione significativa della temperatura interna delle abitazioni durante le ore giornaliere (Santamouris e Akbari, 2012).

Da tali considerazioni prende il via una ricerca, in fase iniziale di sviluppo, in collaborazione con alcune aziende del territorio marchigiano e oggetto di richiesta di finanziamento a valere sul programma POR – FESR Marche 2013/2020. L’idea progettuale nasce dall’utilizzo di materiali specializzati come le fibre minerali (fibra di vetro, basalto, carbonio) e resine di varia natura – da tempo ben noti in molti campi dell’ingegneria e in particolare di quella aerospaziale – per sfruttarne le caratteristiche utili alla realizzazione di dispositivi solari altamente efficienti, durevoli e volti al comfort ambientale. Le prestazioni fornite dai materiali utilizzati contribuiscono a determinare le applicazioni in cui il dispositivo di facciata studiato può essere sfruttato: dalla schermatura solare, all’elemento accumulatore di energia termica, al dispositivo riflettente la radiazione termica.Il progetto prevede l’utilizzo di materiali ad alta riflettanza e alta emissività termica che permetterà di ottenere facciate fredde (cool) grazie al basso assorbimento della radiazione solare e all’alta emissione infrarossa, minimizzando in tal modo la temperatura superficiale dei materiali e diminuendo la quantità di calore rilasciato nell’atmosfera. Il sistema potrà confrontarsi con differenti classi di materiali riflettenti e con i rivestimenti “intelligenti” miscelati con additivi nano-tecnologici come pigmenti (cool colors) e/o resine termo cromiche o anche materiali a cambiamento di fase (PCM) che migliorano le proprietà termiche e ottiche del rivestimento delle fibre. L’automazione del movimento dei Layer permetterà di gestire al meglio la trasmissione luminosa all’interno dell’edificio ma anche quella di accumulo di energia termica nelle stagioni invernali, permettendo in tal modo anche l’utilizzo della facciata come buffer termico.Tali caratteristiche permettono di definire la facciata studiata come elemento dinamico e interattivo del sistema che regola il funzionamento dell’edificio e ne caratterizza l’immagine, anche grazie al supporto di sistemi di home automation in grado di modificare facciata in relazione alle condizioni climatiche, attraverso lo sviluppo di un’apposita piattaforma in grado di monitorare le condizioni al contorno e stabilire, con modelli predittivi, la conformazione ottimale della geometria della facciata in relazioni ai fattori climatici reali.

 

 

Note

1. Anna Bonvini, “Rigenerare la città: una proposta metodologica per il miglioramento del comfort outdoor”, Tesi di dottorato in Architettura (SSD ICAR/12) Università degli studi di Camerino, XXV ciclo, Tutor: Prof. Arch. Maria Federica Ottone, co-tutor: Roberta Cocci grifoni. “Development and implementation of the TENS (Tomographic Environmental Section) methodology to support the environmental design of urban spaces” dottorato Eureka Università degli studi di Camerino, XXX ciclo, dottorando: Dott. Enrico Prenna, Tutor: Dott. Roberta Cocci Grifoni, co-tutor: Angela G. Leuzzi.

2. Progetto QuHabit: progetto finanziato dalla regione Marche “Por Marche Fesr 2007-2013 – Intervento 1.2.1.05.08 “Sostegno alle pmi al fine di favorire i processi di aggregazione in filiere e le produzioni made in italy”.

 

Gli autori

Anna Bonvini, dottore di ricerca (ICAR/12), svolge attività di tutoraggio presso il Laboratorio di Progettazione Ambientale della SAD UNICAM e attività di ricerca su qualità degli spazi aperti e comfort outdoor. Anna.bonvini@unicam.it

Angela Giovanna Leuzzi, dottore di ricerca (ICAR/12), è docente a contratto presso la SAD UNICAM e socio fondatore e Presidente dello Spin Off PEnSY. Svolge attività di ricerca su innovazione tecnologica nel progetto di elementi costruttivi, risparmio energetico, qualità degli spazi costruiti e comfort indoor e outdoor. Angela.leuzzi@unicam.it

 

Riferimenti bibliografici

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Santamouris M., Akbari H. (2012), “Special section: Cool Roofs, Cool Pavements, Cool Cities, and Cool World”, Special Issue Papers, Energy and Buildings 55.

   

 

Fig. 1. Caso studio: spazi aperti nei centri storici. Roma, Piazza Navona. Fig. 2. Sezioni a diverse quote altimetriche su Piazza Navona. Andamento verticale del gradiente delle temperature. Fig. 3. Sezioni trasversali in diversi punti di Piazza Navona. Andamento orizzontale del gradiente delle temperature.. Fig. 4. Il concept del progetto e lo studio di inserimento urbano. Fig. 5/6. Il progetto, valorizzato da aspetti tecnologici mirati all’efficienza energetica ed allo sviluppo sostenibile, include sistemi sensibili ai cambiamenti dei parametri ambientali finalizzati all’ottimizzazione del comfort dell’ambiente progettato.
Fig. 5/6. Il progetto, valorizzato da aspetti tecnologici mirati all’efficienza energetica ed allo sviluppo sostenibile, include sistemi sensibili ai cambiamenti dei parametri ambientali finalizzati all’ottimizzazione del comfort dell’ambiente progettato. Fig. 7. Il progetto è finalizzato allo sviluppo e realizzazione del prototipo dei singoli componenti.